La decadenza morale di Israele

Palestinechronicle.com. Di Jeremy Salt. Abbiamo assistito a questo per sette decenni. Sette decenni di violenza inarrestabile e senza rimorsi. Un’ideologia velenosa ha fatto nascere uno Stato dalle radici velenose, le persone avvelenate dallo Stato, indottrinate, ammaestrate ad odiare e ad uccidere senza pentimento, senza coscienza. Israele è finora l’esperienza coloniale peggiore della storia, infinitamente peggiore che negli anni più duri per l’Algeria e di gran lunga peggiore che in Sudafrica. La sua violenza si estende dal mercato degli esplosivi durante gli anni ‘30 ai massacri e alla distruzione di circa 500 villaggi e borghi palestinesi negli anni ‘40. Per continuare con i massacri a Gaza, in Libano e in Giordania in ogni singolo decennio successivo, insieme con gli omicidi “mirati” e delitti individuali, di cui molti avvenuti lontano dai confini non dichiarati di Israele. Non ci sono eccezioni. Quasi tutte le vittime di Israele, fondamentalmente vittime di un’ideologia contorta, sono civili. Appartamenti, ambulanze e ospedali sono stati distrutti, i paramedici uccisi, i campi di rifugiati bombardati e i leader palestinesi uccisi. Il resoconto è atroce. Le uccisioni sono intenzionali, senza rimorsi e giustificate in ogni occasione dai politici e dalla popolazione ebraica.

Nelle uccisioni recenti lungo il confine con Gaza durante la “grande marcia per il ritorno”, i cecchini palestinesi stavano commettendo crimini di guerra, prima sparando a persone disarmate e poi utilizzando proiettili vietati dalle leggi internazionali, inclusi i “proiettili farfalla”, dotati di flange che si aprono una volta entrate dentro il corpo, con lo scopo di causare il massimo del danno ai tessuti e alle ossa. La ferita che recentemente ha ucciso Yasser Abu Naja, 13 anni, faceva rabbrividire. Un proiettile esplosivo sparato da un cecchino israeliano, ha aperto un buco enorme sul lato della testa di questo sventurato bambino. Questa uccisione sconvolgente di un ragazzo non ha avuto molta risonanza tra i media e non esitiamo a chiamarla omicidio. Il ragazzo non è stato ucciso in uno scontro, perché non c’era nessuno scontro lungo la rete di filo spinato tra Gaza e Israele. Inoltre, egli non aveva armi e non era di alcun danno plausibile per nessuno, eppure è stato ammazzato.

Razan al-Najjar indossava un grembiule bianco con lo stemma da paramedico, mentre stava assistendo una donna ferita. Lei e la sua famiglia pensavano che questo l’avrebbe protetta dagli attacchi, ma non è stato così. A breve distanza, soprattutto con mirini telescopici, il cecchino avrebbe potuto spararle a bruciapelo. Ha potuto vedere che il suo target era una donna, disarmata e con la divisa da soccorritrice, eppure le ha sparato ugualmente. Quale persona potrebbe fare una cosa del genere e quale tipologia di Stato e di ideologia sta producendo giovani persone che potrebbero fare queste cose? Che tipo di Stato ha dato esito ad una persona come Elor Azaria che ha calpestato un giovane palestinese in coma mentre giaceva a terra, a Hebron, sparandogli alla testa? Che tipo di Stato e ideologia può produrre una popolazione che tratta questo assassino come un eroe? Conosciamo la risposta: uno Stato malato. Uno Stato non basato sui valori di moralità, giustizia e legge ma sulla forza brutale. Uno Stato basato su un’ideologia che Moshe Menuhin, il padre del famoso violinista Yehudi Menuhin, descrisse come la “decadenza” del giudaismo nella nostra epoca. Uno Stato che non ha portato nulla se non violenza in Medio Oriente, uno Stato i cui costi umani includono la distruzione di antiche comunità ebraiche dallo Yemen al Nord Africa. Uno Stato che è uno dei più grandi pericoli alla storia ebraica.

Intanto, il campanello d’allarme suona per numerosi ebrei che sono inorriditi da ciò che Israele è diventato, che, in realtà, è sempre stato anche se quelle persone non potevano vederlo prima. Queste persone prendono le distanze dallo Stato e dalla sua ideologia, in nome dei diritti dei palestinesi, dei diritti umani comuni e del giudaismo, i cui simboli sono stati depredati da Israele. Fino alla Prima Guerra Mondiale, il Sionismo era visto come una sorta di eresia dalle comunità ebraiche in giro per il mondo e questo è come deve essere definito nuovamente. In nome dei diritti palestinesi, in nome dei diritti umani, in nome della legge e della moralità e in nome della loro religione, i cui simboli sono stati depredati da un brutale Stato occupante, l’onere di distanziarsi da Israele ricade sugli ebrei. Sono loro che devono dire che il giudaismo dei coloni non è lo stesso praticato da loro e che l’odio scritto sui libri sacri migliaia di anni fa, non ha posto nel mondo moderno. Questa è una battaglia per l’anima della loro religione, così come un sacrificio per i palestinesi e i diritti umani. Osservando questo rapporto di violenza inaudita, è possibile conservare le speranze che Israele possa cambiare per il meglio? Se fosse abbandonato dagli USA e privato del suo supporto diplomatico e di miliardi di dollari in aiuti economici e militari, sarebbe possibile aspettarsi un miglioramento, ma questo non rispecchia le aspettative, nonostante il crescente disincanto di molti americani, inclusi numerosi ebrei, nei confronti di Israele.

Nell’era di Trump, Israele sta cavalcando l’onda. Infine, l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme. Nikki Haley pronuncia le più detestabili bugie in supporto di Israele. Jared Kushner, il ragazzo-meraviglia, è pronto ad un nuovo patto di pace da cui persino Mahmud Abbas è escluso. La sua durata è scaduta. Israele non ha bisogno o non vuole più intermediari palestinesi. Sono già serviti a raggiungere il loro scopo. I palestinesi verranno informati che non otterranno quasi nulla. Prendere o lasciare. Israele non è mai stato più sicuro di se stesso e capace di imporre la sua versione di pace sulla tomba dei palestinesi, non una pace coraggiosa, l’insignificante retorica prosperità che copriva il racket chiamato il “processo di pace”. La campagna BDS sta producendo i suoi effetti ma non abbastanza da forzare Israele a cambiare rotta. Israele pensa di essere vicino alla fine della storia. Netanyahu andrà via, Naftali Bennett prenderà probabilmente il posto di Primo Ministro e gran parte della Cisgiordania sarà annessa e il resto, inattuabile in alcuna forma sociale, economica o politica, sarà annesso successivamente. È così che andrà a finire?  Oppure stiamo assistendo a delusioni tipiche dell’“arroganza del potere”, per utilizzare la frase di J. William Fulbright, presidente della Commissione del Senato statunitense per le Relazioni Estere, quando criticò la guerra in Vietnam? La storia è piena di esempi di tali delusioni, nella testa di coloro che hanno potere e sono incapaci di immaginare che arriverà il giorno in cui non ne avranno più. Le vulnerabilità di Israele cominciano dalla sua indipendenza dal supporto esterno. Esso ha accordi di “pace” con Giordania ed Egitto e ha cercato di accattivarsi il favore di Arabia Saudita e Stati del Golfo ma non ha un vero e proprio alleato regionale. È uno Stato che non sarebbe stato creato senza il supporto britannico. Quando la Gran Bretagna ha smesso di essere una potenza imperialistica, il supporto è arrivato dagli Stati Uniti, che i suoi leader hanno trattato con la medesima mancanza di rispetto e persino disprezzo, nella stessa maniera usata con tutti gli altri nei loro momenti privati.

Nel 1967 Israele uccise 34 soldati della marina militare americana a bordo della nave USS Liberty. Ha spiato gli Stati Uniti, rubato i suoi segreti e il materiale di cui aveva bisogno per costruire le armi nucleari, chiesto più aiuti in termini di armi e finanziamenti. Questo è lo Stato che l’amministrazione USA considera un alleato. È vero, la relazione è “speciale” ma per nessuna delle ragioni appena elencate. È una relazione insana e squilibrata che è costata molto agli USA, in termini di aiuti economici, di guerre in cui gli Stati Uniti sono stati spinti a partecipare da Israele e dalla perdita di prestigio acquisita in giro per il mondo, ogni volta che cerca di giustificare le atrocità commesse da Israele. Il disincanto nei confronti di Israele negli USA, parzialmente dovuto ai costi che pesano sui contribuenti americani per supportare uno Stato che vive permanentemente violando le leggi internazionali, sta crescendo nonostante l’oscuramento della verità che va avanti da lungo tempo, sia sui giornali che sui maggiori canali televisivi. La prima volta che i media sono andati contro questa linea è stato nel 1982, quando la tv via cavo aveva fornito la copertura live della distruzione di Beirut perpetrata da Israele e le uccisioni commesse con carri armati, aerei ed artiglieria pesante contro i civili libanesi. Sabra e Shatila, in cui i mercenari israeliani uccisero probabilmente migliaia di palestinesi, fu il culmine di quel particolare capitolo dell’orrore. Durante la prima Intifada, cinque anni più tardi, la tv mostrò i ragazzi palestinesi mentre combattevano contro i soldati e i carri armati palestinesi con pietre e fionde. Questi momenti di svolta furono seguiti, nel 2007, da un libro sulla lobby israeliana, scritto da John Mearsheimer e Stephen Walt, pubblicato da un prestigioso editore di New York. La “hasbara” israeliana – la diplomazia israeliana intenta a diffondere un’immagine positiva di Israele all’estero – non è stata in grado di recuperare il terreno perduto.

Israele gode di supporter duri a morire, soprattutto tra i “millennials” cristiani, ma altri cristiani rimangono fortemente critici. La lotta nei campus va avanti, ma con sempre più studenti ebrei che prendono posizione contro Israele nel tentativo di raggiungere la pace e la giustizia. Tra il corpo studentesco negli Stati Uniti, non c’è alcun dubbio che la gran parte sia a favore della causa palestinese. Gli Stati Uniti stanno entrando in una nuova fase della propria storia, caratterizzata dalla discordia interna e dal decollo esterno. Il recente incontro di Netanyahu con Vladimir Putin può essere visto come una sicurezza in un futuro in cui gli USA non vorranno o non potranno più fornire il supporto politico, economico e militare che ha permesso a Israele di stare a galla nel corso degli ultimi 70 anni. Insieme ai fattori che hanno bisogno di essere esaminati c’è la capacità di Israele di difendere se stesso e di difendere accuratamente ciò che ha preso dagli altri. Il suo esercito ha raggiunto l’apice nel 1967, quando ha distrutto le forze aeree egiziane. Da quel momento la situazione è andata sempre più in declino. Durante la prima settimana della guerra del 1973, le forze israeliane nel Sinai furono asfaltate. Se Israele non perse quella guerra fu solo perché Anwar Sadat non ebbe mai intenzione di vincerla e perché gli USA inviarono una massiva quantità di armi sul campo di battaglia. Gli attacchi in Libano nel 1978 e nel 1982 furono praticamente assalti sui civili, una forma di guerra in cui Israele eccelle. A livello logistico, l’invasione del Libano nel 1982 fu un massacro, con la forza inarrestabile di Israele che potè avanzare solo perché dovette fronteggiare una resistenza militare mal organizzata.

Nel 2006 Israele fu cacciato via dai territori occupati nel sud del Libano e quando cercò di distruggere Hezbollah, esso fu umiliato, i suoi indistruttibili carri armati Merkava distrutti e i suoi soldati fallirono nel proteggere il suolo e tenere terra. In molte occasioni, solo una potenza aerea li salvò dalla distruzione. Si tenga in mente che le truppe da cui furono umiliati erano quelle irregolari di Hezbollah, combattenti part-time convocati ad agire, e non soldati professionisti che aspettavano sulla riva settentrionale del fiume Litani in caso gli israeliani avessero provato ad oltrepassarlo, cosa che alla fine non avvenne.

Ciò che l’esercito israeliano ha fatto con notevole successo è stato uccidere i civili in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e altre migliaia durante uno dei sanguinosi genocidi nella Striscia di Gaza. Questi eventi sono descritti dai media come “guerre” ma non lo sono nella realtà. Una guerra implica un esercito tra due nemici grossomodo equivalenti in termini di armi, invece a Gaza Israele combatte contro i civili o combattenti per così dire armati. Naturalmente, in un ambiente urbano così compresso, la maggior parte delle vittime fatte da Israele, migliaia di morti e di feriti, erano civili, tra cui molti bambini, così come era stato anche in Libano. La codarda debolezza della comunità internazionale, che ha rifiutato di riconoscere i crimini di guerra e di punire Israele per quanto perpetrato, hanno solo avuto l’effetto di incoraggiare questo Stato a portare avanti le proprie tattiche.

Israele è uno Stato-presidio. Ha recintato se stesso lungo tutti i confini, peraltro non dichiarati. Ha un arsenale nucleare se dovesse succedergli il peggio. È una misura del suo estremismo che desidera rischiare di arrivare a questo punto anziché accordarsi su una pace ragionevole, ma per Israele niente è ragionevole eccetto che avere tutto per se stesso. Questo davvero prosciuga lo spazio tra la resa e la guerra. Israele conosce bene questo punto ma è sicuro di poter continuare a vincere guerre contro qualunque nemico. Come sempre, si sta preparando per la guerra, ma anche i suoi principali nemici lo stanno facendo. Dati il livello degli armamenti convenzionali da entrambe le parti, la nozione di vittoria deve essere definita per bene. Non c’è alcun dubbio che in una guerra futura con Hezbollah o con l’Iran, o addirittura con entrambi, dal momento che questa sembra essere la direzione che sta prendendo la situazione, Israele soffrirà un numero di perdite senza precedenti nella storia. Anche se dovesse vincere, sarà questa, quindi, la natura della sua vittoria.

Hasan Nasrallah ha di frequente messo in guardia che la prossima guerra sarà combattuta dentro i Territori Occupati, qualsiasi cosa Israele sia in grado di fare al di fuori di questi. Ci sono tutte le ragioni per prenderlo sulla parola. Non perde tempo in vuote retoriche. Hezbollah ha acquistato abbastanza missili per devastare i sionisti presenti nei Territori Occupati. Costantemente minacciato dagli attacchi militari degli Stati Uniti e di Israele, l’Iran ha sviluppato velocemente la sua base missilistica offensiva e difensiva. Il sistema di difesa missilistica di Israele non è infallibile. Questo può respingere alcuni missili ma non tutti. Se vi fosse una tempesta di missili, molti riuscirebbero a passare. Israele cercherà di trovare una vittoria veloce e per questo condurrebbe una guerra di distruzione totale già dall’inizio. Almeno finché i suoi nemici potranno, faranno lo stesso.

Il ministro degli Affari Esteri israeliano, Abba Eban, sudafricano nato con il nome di Aubrey, spostandosi da una comunità di coloni ad un’altra, aveva l’abitudine di dire che i palestinesi non perdono mai un’occasione per perdere l’occasione, quando in effetti è Israele che ha gettato via ogni opportunità e consumato ogni possibilità. Inesorabilmente, si sta muovendo verso il suo prossimo confronto con i suoi nemici.

Traduzione per InfoPal di Martina Di Febo