La diaspora di Hajj at-Titi: 64 anni in un campo profughi

Al-Khalil (Hebron) – InfoPal. Hajj Ahmed Jaber at-Titi, palestinese di 82 anni, originario del villaggio di ‘Iraq Manshiya, a nord di Gaza, ricorda bene i massacri delle bande ebraiche di soldati egiziani e sudanesi che dormivano. I militari egiziani erano lì per fornire protezione alla popolazione palestinese come da tregua pattuita.

In questi 64 anni Hajj at-Titi ha sempre vissuto nel campo profughi di al-Fawar, a sud di al-Khalil (Hebron) e Israele non gli ha mai permesso di aprire un’attività come avrebbe voluto.

Giura Hajj at-Titi: “il campo non è la mia terra, descrivo spesso ai miei nipoti l’agrumeto di casa a ‘Iraq Manshiya”.

A ‘Iraq Manshiya, alle bande ebraiche era stato dato l’ordine di sparare a freddo a chiunque, donne e uomini indistintamente. Fu allora che l’Egitto decise l’invio in Palestina di propri militari, tra i quali Hajj at-Titi ricorda in particolare il nome di uno di loro, si chiamava Jamal ‘Abdel Nasser.

Nel 1948, Hajj at-Titi aveva appena 18 anni, e visse personalmente la battaglia combattuta nel suo villaggio, l’assedio degli oltre 500 soldati israeliani che consumarono un massacro di altrettanti militari egiziani. Solo pochi egiziani riuscirono a fuggire.

“Per sei mesi, abbiamo convissuto con i soldati egiziani di stanza nel villaggio, davamo loro da mangiare. ‘Iraq Manshiya fu il primo villaggio a cadere sotto il fuoco ebraico nel mezzo della tregua. Poi fu la volta del villaggio di Falluja e tutti fummo costretti a fuggire in direzione di Tarqumiya, al-Khader, al-‘Arrub e al-Fawar.

“Non accetterei nessun prezzo a titolo di compensazione per le mie proprietà a ‘Iraq Manshiya, darei tutto ciò che ho per farvi ritorno”.