La furia di Furio: israeliani ed ebrei vittime dell'apartheid.

Da www.ilmanifesto.it del 20 aprile

La terra promessa
La furia di Furio: israeliani ed ebrei vittime dell’apartheid

«Nessuno può parlare in nome del popolo ebraico»
Maurizio Matteuzzi
Non poteva mancare Furio Colombo. Il giorno dopo l’appello della National Union of Journalists, il sindacato della stampa britannica, che a maggioranza ha votato un coraggioso (e impopolare) appello per il «boicottaggio delle merci israeliane sul modello di quello imposto al Sudafrica dell’apartheid», il nostro Furio, furibondo e generoso talebano della causa israeliana, ha pubblicato l’attesa articolessa su L’Unità per difendere Israele. «Attacco a Israele», alle solite. Non attacco alla politica del governo israeliano. Ma a Israele. Come dire che attaccare la politica dei governi israeliani rispetto ai palestinesi è lo stesso che attaccare l’esistenza stessa dello Stato ebraico. Che ha sì, e nella più completà impunità – unico, finora, in Medio Oriente – dalle 200 alle 400 atomiche pronte all’uso, ma che – se non fosse per gli Stati uniti – è sotto il rischio costante di essere spazzato via dalle orde arabo-islamiche e, ora, da quell’islamo-nazista di Ahmadinejad, l’iraniano che dice di volerlo cancellare dalla faccia della terra e che sta all’uopo costruendosi un potenziale nucleare.
E non sono solo i giornalisti inglesi. Prima erano stati gli architetti e i docenti universitari inglesi a chiedere che Israele – sempre con la copertura automatica degli Usa e usando della cattiva coscienza dell’Europa responsabile dell’olocausto – la smetta di fare il Rambo con i palestinesi, con gli arabi e con il resto del mondo. Guarda caso, bastonando giornalisti, architetti e professori inglesi, il furioso Furio omette di citare quei numerosi ebrei inglesi, le Independent Jewish Voices di cui parla qui sotto il professor Brian Klug, che contestano l’identificazione fra ebrei e Stato di Israele ma soprattutto le politiche – si può dire imperialiste e/o colonialiste? – dei governi di Israele verso i palestinesi.
Colombo si lascia andare e (stra)parla di un Israele «per quasi 40 anni assediato», di un Israele «eletto a unico agente negativo in un mondo travolto dalle guerre».
In realtà Colombo, che è uomo di cultura e d’onore, sa benissimo che nessuno – nemmeno il forsennato Ahmadinejad – mette in pericolo l’esistenza dello Stato d’Israele, comunque sia nato, né il suo diritto acquisito ad esistere (perché – giustamente – il mondo non l’accetterebbe mai). E – vecchia pratica – usa il frusto stereotipo del pericolo della «cancellazione» di Israele per spezzare le sue lance a copertura delle oscene politiche dei governi israeliani rispetto ai palestinesi. Ormai è sempre più difficile, per chiunque non sia obnubilato, non associare la strategia israeliana con l’apartheid sudafricana. L’associa il mite Jimmy Carter, l’associa il relatore Onu per i diritti umani John Dugard (che essendo sudafricano forse sa di cosa parla). Non lo sa, o finge di non saperlo, il talebano Furio che si prova a sostenere che le vittime dell’apartheid non sono i palestinesi ma i poveri israeliani e, per estensione, gli ebrei del mondo.

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