Palestine Chronicle. 20 settembre 2024. Le risposte a queste e ad altre domande determineranno il prossimo capitolo della guerra e il futuro del Medio Oriente.
(…) La distruzione a Beirut ha fatto seguito a una serie di giorni drammatici in Libano, durante i quali migliaia di dispositivi di comunicazione – principalmente cercapersone e ricetrasmittenti – sono esplosi per due giorni consecutivi, allo stesso tempo, in tutto il Paese.
In un discorso tenutosi giovedì 19 settembre, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva dichiarato che la risposta della Resistenza libanese sarebbe stata “in ciò che vedrete, non in ciò che sentirete” e che la Resistenza avrebbe preso di mira la “cerchia più stretta” di Israele.
Quel discorso, tuttavia, è stato una risposta all’uccisione di decine di libanesi e al ferimento di altre migliaia, a seguito della detonazione da parte dell’intelligence israeliana dei dispositivi di comunicazione nei due giorni precedenti.
Israele non ha atteso la risposta di Hezbollah e, ancora una volta, ha preso l’iniziativa attaccando Beirut. L’esercito israeliano sostiene di aver ucciso Ibrahim Aqil, comandante operativo di Hezbollah, e molti altri leader di alto rango delle forze di combattimento Radwan.
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Il messaggio di Israele è chiaro, poiché il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha essenzialmente presentato a Hezbollah solo due opzioni: abbassare il proprio profilo politico prendendo le distanze da Gaza, o prepararsi a una guerra totale.
Ma perché Netanyahu ha deciso di inasprire i toni dopo quasi un anno di conflitto militare al confine tra Libano e Israele? La risposta si trova a Gaza.
È evidente che Netanyahu sia giunto alla conclusione che non possa esserci una vittoria militare nella Striscia. Per distogliere l’attenzione dai suoi fallimenti sul fronte meridionale, ha deciso di imbarcarsi in un’impresa ancora più ambiziosa: una guerra in Libano.
È anche possibile che Netanyahu sia dell’idea che l’Iran, il principale sostenitore di Hezbollah, sia politicamente vulnerabile, nel senso che sta cercando di evitare a tutti i costi un conflitto regionale. Infatti, Netanyahu ha cercato di attirare l’Iran in una guerra che coinvolgerebbe naturalmente il suo più grande sostenitore, gli Stati Uniti, assassinando il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran, il 31 luglio.
L’assassinio di Haniyeh è stato seguito da un grande dispiegamento militare di Washington nella regione, in previsione di una risposta iraniana. Tale riscontro non è ancora arrivato, e diverse portaerei e cacciatorpediniere della marina statunitense hanno già lasciato la regione.
Netanyahu ha poi rivolto lo sguardo al Libano. Il massacro dei cercapersone del 17 e 18 settembre doveva essere l’inizio della guerra. In effetti, potrebbe esserlo stato. Tuttavia, non aspettando una risposta di Hezbollah, come avvenuto dopo l’assassinio da parte di Israele del comandante in capo del gruppo, Fouad Shukr, il 30 luglio scorso, Israele ha voluto inviare il messaggio che le vecchie “regole di ingaggio” sono state irreversibilmente superate.
Hezbollah, naturalmente, risponderà. Eppure, rimangono importanti interrogativi:
Dal momento che Israele ha oltrepassato i limiti nella sua guerra contro Hezbollah, come reagirà il gruppo alla sanguinosa escalation di Israele? Non reagendo rapidamente, Israele sarà incoraggiata a colpire il Libano ancora più duramente.
Inoltre, l’”asse della Resistenza” sarà coinvolto in una risposta coordinata, o la ritorsione sarà lasciata solo a Hezbollah? Una risposta coordinata presenterebbe a Israele una sfida molto più grande e disorienterebbe l’esercito israeliano su tutti i fronti.
E infine, come procederà l’Iran ora che Israele ha deciso di andare in guerra con il Libano? Se l’Iran non prenderà un’iniziativa più incisiva, il suo status e il suo potere nella regione saranno certamente compromessi.
Le risposte a queste e ad altre domande determineranno il prossimo capitolo della guerra e il futuro del Medio Oriente.
Traduzione per InfoPal di Rachele Manna