La legge sulla Grande Gerusalemme: dentro i coloni, fuori i Palestinesi

PIC. Di Issam Aruri. Negli ultimi mesi la situazione umanitaria e della sicurezza in Palestina si è notevolmente deteriorata. Le associazioni palestinesi per i diritti umani hanno documentato una espansione coloniale che non ha precedenti, incoraggiata dalle pacche sulle spalle della comunità internazionale, nonostante le violazioni israeliane del diritto internazionale.

Solo durante la scorsa settimana, sono state annunciate 176 nuove unità coloniali che saranno costruite a Gerusalemme Est occupata. Le revoche delle residenze ai Palestinesi che vivono a Gerusalemme stanno aumentando, obbligando le persone ad allontanarsi dai luoghi in cui avevano vissuto tutta la vita.

Ed ora, il Knesset sta pensando di approvare una legge senza precedenti che annetterebbe a Gerusalemme alcune delle più grandi colonie illegali della Cisgiordania.

Cambiamento demografico.

La cosiddetta Legge sulla Grande Gerusalemme costituisce una annessione de facto delle colonie edificate su terreno occupato palestinese e considerate illegali dal diritto internazionale e dall’Unione Europea.

Tra le colonie citate nella legge vi sono Ma’aleh Adumim, la più vasta nella zona di Gerusalemme, e Gush Etzion. La legge è sponsorizzata da un membro del partito di destra del Likud, lo stesso partito del primo ministro Benjamin Netanyahu, e gode del sostegno di quest’ultimo.

Per essere più chiari, la Legge sulla Grande Gerusalemme è in pratica un cambiamento demografico compiuto attraverso le annessioni. Con questa legge, gli oltre 150.000 abitanti delle colonie sarebbero considerati residenti di Gerusalemme, permettendo pertanto loro di votare e, quindi, di influenzare le elezioni municipali.

Farà inoltre declassare lo status di tre quartieri palestinesi di Gerusalemme, degradando con esso anche lo status dei circa 100.000 Palestinesi che vi risiedono – essenzialmente creando il loro Bantustan di Gerusalemme.

L’intenzione di questa legge, secondo i suoi artefici che sono il deputato del Knesset israeliano Yoav Kish e il ministro dei trasporti Yisrael Katz, è duplice: aumentare la percentuale di Ebrei rispetto ai Palestinesi a Gerusalemme per assicurare una predominanza ebraica nella città, e l’espansione territoriale.

Katz ha espresso apertamente la sua intenzione dichiarando che la legge “dovrà assicurare una maggioranza ebraica nella città unificata e l’espansione dei suoi confini aggiungendo 150.000 residenti all’area della grande Gerusalemme”, e ha inoltre affermato che ciò servirebbe per mettere a tacere tutte le questioni sul diritto del popolo ebraico alla intera città di Gerusalemme come capitale di uno stato ebraico.

Netanyahu ha espresso il suo appoggio alla legge nel mese di ottobre, specificando che essa passerà velocemente e con la benedizione del governo.

Annessione de facto.

Questo progetto di ingegneria demografica è in chiaro disaccordo con le leggi internazionali, dato che utilizza la manipolazione della composizione della popolazione civile per realizzare obiettivi politici. Attualmente i Palestinesi costituiscono circa il 40% della popolazione di Gerusalemme.

Se la legge passasse, l’aggiunta della popolazione delle colonie nel censimento di Gerusalemme ridurrebbe questa percentuale al 32%. E’ un losco sotterfugio per garantire che l’identità palestinese, propria di Gerusalemme, venga cancellata e, di conseguenza, anche i diritti e gli interessi palestinesi, mentre Israele si auto-dichiara ancora un paese democratico.

L’adozione di leggi antidemocratiche o che violano il diritto internazionale, tuttavia, non è una rarità per Israele. A gennaio il Knesset ha approvato una legge che legalizza retroattivamente i posti di blocco israeliani costruiti su terreni privati palestinesi in Cisgiordania occupata.

Le richieste internazionali perché Israele abbandonasse questa “Legge di Regolarizzazione” dei posti di blocco si sono rivelate assolutamente inutili poiché il Knesset si è mosso rapidamente per approvarla.

Le associazioni palestinesi per i diritti umani, tra cui l’organizzazione della quale faccio parte, la Jerusalem Legal Aid and Human Rights Center (JLAC), sono preoccupate che la legge sulla Grande Gerusalemme sia destinata ad avere un esito simile, cioè che le proteste e le condanne pubbliche servano soltanto a ritardare l’inevitabile.

I Palestinesi hanno sempre visto calpestati i propri diritti umani, in modo sistematico, dalla lunga occupazione militare. Abbiamo perso grandi distese dei nostri terreni e abbiamo visto le nostre comunità frammentarsi. Abbiamo messo in guardia per anni sul fatto che le azioni di Israele potessero equivalere a delle annessioni de facto.

Con l’approvazione della legge sulla Grande Gerusalemme, i nostri avvertimenti diverrebbero una realtà codificata.

Azione autentica.

Questo potrebbe suonare come un campanello d’allarme per i funzionari europei. Non solo queste azioni minano le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e le conclusioni del Consiglio per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, ma sgretolano le potenzialità del diritto internazionale nel suo complesso. O ancora peggio, esse distruggono qualsiasi prospettiva di pace.

Nonostante le discussioni riguardanti la ripresa dei negoziati di pace e l’accordo di riconciliazione palestinese sottoscritto il mese scorso al Cairo, misure come la legge sulla Grande Gerusalemme annullano qualsiasi passo compiuto verso la risoluzione del conflitto.

Domenica scorsa, il Comitato ministeriale israeliano per la Legislazione ha ritardato il suo voto sulla legge per permettere, secondo quanto riferito, una “preparazione diplomatica”. I funzionari europei dovrebbero approfittare di questo ritardo utilizzandolo per condannare inequivocabilmente la legge sulla Grande Gerusalemme e per parlare chiaramente delle conseguenze diplomatiche della sua approvazione.

Questa volta abbiamo bisogno di qualcosa di più delle considerazioni moderate o di dichiarazioni pubbliche. Abbiamo necessità di una azione autentica.

Vi sono molti passi concreti che i funzionari potrebbero compiere per mettere sotto pressione Israele perché agisca in accordo con le leggi internazionali. Questi comprendono la fine dei contratti commerciali preferenziali, fino a quando continuano le attività coloniali, ed il sostegno per i meccanismi di responsabilizzazione.

Data la reale probabilità di annessione, la Commissione Europea dovrebbe immediatamente fermare qualsiasi discussione sul mantenere o meno in vita il Consiglio dell’Associazione UE-Israele.

Se la comunità internazionale continua a restare in silenzio di fronte alle violazioni israeliane, sarà molto difficile annullare il danno in corso alle prospettive di raggiungere la giustizia e la pace.

I funzionari europei devono innalzarsi e prendere il comando per fermare la legge sulla Grande Gerusalemme.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi