La lotta dei pescatori di Gaza per sfamare le loro famiglie

MEMO. Di Wafa Aludaini. Con l’avvicinarsi della Giornata Internazionale dei Lavoratori nella Striscia di Gaza assediata (l’articolo è del 30/4, ndr), la precarietà dell’industria della pesca evoca un senso di persistenza e insistenza fra evidenti angosce e difficoltà.

La pesca lungo l’enclave costiera assediata è una delle professioni più pericolose al mondo, poiché i pescatori possono finire sotto il fuoco delle cannoniere israeliane in qualsiasi momento. Ai pescatori non è consentito superare le tre miglia nautiche dalla costa, nemmeno per sfamare le famiglie. La marina di occupazione israeliana pattuglia attivamente le zone di pesca lungo le rotte marittime al confine con la Palestina, mantenendo il blocco via mare e via terra.

Una delle tattiche più comuni che il regime israeliano impiega contro i pescatori è la continua manipolazione della distanza consentita per pescare, con grande impatto sulla pesca, abbassando la loro capacità di provvedere anche solo a quantità di sussistenza. I pescatori sono regolarmente aggrediti e sottoposti a omicidi deliberati da parte della marina dell’occupazione israeliana per aver violato i confini navali arbitrari e in continuo cambiamento.

Secondo il Al Mezan Center for Human Rights, dal 2021 al 2022, tre pescatori – Mohammad Hijazi Lahham, 27 anni, suo fratello Zakariya Hijazi Lahham, 24 anni, e Yahia Mustafa Lahham, 29 anni, tutti membri della stessa famiglia -, sono stati assassinati da un grande ordigno esplosivo lanciato in mare da un drone israeliano che ha distrutto anche la loro barca.

Dal 2006 al 2020, dieci pescatori sono stati uccisi, 183 sono stati feriti, 650 sono stati arrestati e almeno 167 barche sono state distrutte e sequestrate.

Secondo il ministero dell’Agricoltura, meno di 2.000 persone sono registrate per il lavoro giornaliero consentito nel settore della pesca. Secondo le statistiche del ministero, altri pescatori oltre il numero di lavoratori giornalieri consentiti sono impiegati in modo discontinuo, circa una volta al mese, principalmente a causa dell’impossibilità di coprire i costi operativi dei pescherecci e della mancanza di dotazioni di sicurezza.

Nonostante la vulnerabilità dell’industria della pesca, la pesca continua a resistere, soprattutto perché è la professione scelta dai lavoratori. Muhammad Bakr, un pescatore, condivide: “Amo il mare e il suo odore. È una cosa indescrivibile. Passo lunghe ore in mare senza annoiarmi”.

Accanto a lui siede l’anziano Majdy Al-Amoudi, che lavora da 60 anni come pescatore.

Raccoglie le lenze spiegando: “Sono cresciuto tra le barche e il pesce è ancora il mio pasto preferito. Lo mangio tutti i giorni al mattino, ecco perché godo di buona salute e denti forti”. Ride e poi resta in silenzio per un attimo, sospirando, poi riprende le lenze e racconta alcune delle sfide che affronta in mare: “La mia barca è stata colpita dalle cannoniere dell’occupazione ed è stata danneggiata. È un miracolo che io sia sopravvissuto.”

Il settore della pesca a Gaza ha bisogno di sostegno per aumentare la sua produzione. Il direttore generale del ministero dell’Agricoltura, Walid Thabet, ha stimato che il volume della produzione ittica nella Striscia di Gaza, nel 2021, di circa 3.500 tonnellate, riferendo che le sardine costituivano la percentuale più alta della produzione totale, pari a quasi il 60%. Nel suo rapporto annuale, Thabet ha confermato che la quota pro capite annua di produzione ittica a Gaza è stimata in due chilogrammi, che è una piccola quantità rispetto ad altri paesi, a causa della limitata distanza di pesca consentita a Gaza. L’altro 40% del pesce varia tra capesante, gamberetti e calamari, ha confermato Thabet.

Alla luce di ciò, i Palestinesi sono alla ricerca di alternative per migliorare e salvare l’industria in difficoltà. Thabet ha rivelato che stanno cercando di creare un nuovo mercato del pesce, aumentare i progetti di piscicoltura, cooperare con le istituzioni internazionali per riparare le barche danneggiate e aumentare il numero di pescatori. Questi passaggi contribuirebbero a rivitalizzare il movimento della pesca almeno nell’area permessa per pescare fino a quando non si raggiungerà una soluzione con l’occupazione israeliana per risolvere la crisi profondamente radicata dal 2006.

Quanto alla ricerca di alternative per compensare la diminuzione della produzione ittica, molti pescatori sono ricorsi a progetti di piscicoltura, che dipendono dall’allevamento di avannotti in grandi vasche profonde fino a tre metri, riempite di acqua di mare attraverso appositi pozzi.

Il proprietario di uno di questi progetti è Nabih El-Sayed di Gaza, che afferma di aver iniziato a realizzare il suo progetto tre anni fa. Ora ha sei vasche e fornisce con successo il 20% della produzione al mercato locale. È specializzato nell’allevamento di orate, che sono diventate popolari nella Striscia di Gaza impoverita.

Nizar Ayyash, capo dell’Unione dei Pescatori Palestinesi di Gaza, ha sottolineato l’importanza dei progetti di piscicoltura nella lotta alla disoccupazione tra i pescatori. Da un lato, stanno affrontando la crisi del blocco navale con poche possibilità di riscatto e, dall’altro, le vasche richiedono un grande budget, che può contare su fondi di donatori internazionali.

La continuità dei progetti di piscicoltura incontra molti ostacoli, compresa la crisi attuale causata da interruzioni di corrente per lunghi periodi di tempo, dalla mancanza di materiali e attrezzature necessari e dagli alti prezzi del mangime. Queste sfide aumentano l’onere finanziario per le aziende portando a costi di produzione elevati.

Le depressioni atmosferiche sono considerate eccellenti opportunità per i pescatori, perché le onde liberano abbondanti quantità di pesce. Pertanto, la stagione invernale è la stagione migliore per i pescatori, e i tipi di pesce più comuni pescati in questa stagione sono le acciughe e le sardine.

Di recente, l’Unione dei Comitati di Lavoro Agricolo e la Fondazione internazionale hanno annunciato progetti per il ripristino e la manutenzione dei pescherecci. Finora è stato avviato il restauro di 100 pescherecci, portandoli alla capacità operativa per l’uso in mare. Queste iniziative umanitarie sono considerate un’ottima opportunità per i pescatori, poiché alcune barche sono ferme da decenni. Da qui, le barche contribuiranno a fornire opportunità di lavoro ai pescatori e un sostentamento alle loro famiglie.

Dal 2012 i pescatori non hanno potuto costruire nuove barche, mancando parti e materiali necessari a causa del blocco illegale dell’occupazione.

Secondo recenti statistiche, ci sono 4.000 pescatori nella Striscia di Gaza e circa 1.800 imbarcazioni che operano in spazi sempre più ristretti. Il novanta per cento dei motori da pesca disponibili non funziona perché è stato colpito e distrutto dalla marina di occupazione. Ciò è dovuto a fattori meteorologici e marini, collisioni con scogli e altri pericoli, inclusi gli attacchi della marina israeliana.

Quaranta barche hanno avuto incidenti o si sono capovolte nel mare di Gaza, dall’inizio del 2022, principalmente a causa di un guasto al motore dovuto alla mancanza di manutenzione, che ha provocato la morte di due pescatori e a decine di feriti. Nizar Ayyash ha anche affermato che Gaza ha 100 grandi barche mosse da motori di camion, che sono stati usati come alternativa ai motori dei pescherecci, provocando spesso ribaltamenti in mare, e rappresentano un grave pericolo per la vita dei pescatori.

Nonostante il pericolo, la pesca rimane un’industria vitale nell’economia di Gaza, quindi ripristinare la sicurezza e ampliare l’accesso per i pescatori è fondamentale per rivitalizzare la Striscia di Gaza assediata.

Traduzione per InfoPal di Edy Meroli