La madre del palestinese ucciso: “mio figlio era un bambino nel corpo di un uomo”

Imemc. La madre del palestinese che è stato colpito e ucciso da alcuni soldati israeliani nella Gerusalemme occupata ha affermato che le argomentazioni e le giustificazioni di Israele per il brutale omicidio non sono altro che menzogne, poiché l’uomo ucciso era autistico, era come “un bambino nel corpo di un uomo”.

Il palestinese, Eyad al-Hallaq, 32 anni, è stato ucciso dai soldati che gli hanno sparato otto colpi di arma da fuoco, mentre si trovava nelle vicinanze delle scale della moschea Al-Aqsa, nella Gerusalemme occupata, mentre stava camminando verso la scuola per persone diversamente abili di al-Bakriyyah.

Alcuni testimoni hanno riferito che Eyad stava camminando quando i soldati hanno iniziato a urlare contro di lui, le loro voci forti lo hanno spaventato e lui ha cercato di scappare.

Hanno aggiunto che i soldati avrebbero potuto arrestarlo facilmente  senza ricorrere all’uso delle armi, che si è rivelato eccessivo e letale.

La madre camminava senza una meta nei pressi della sua abitazione a Wadi al-Juz, a Gerusalemme, sembrava persa e incapace di cogliere la notizia della morte del suo unico figlio.

Pochi minuti dopo la diffusione della notizia della sua morte, è stata informata che il ragazzo era vivo e che lo avevano soltanto colpito a una gamba vicino a Bas al-Asbat, a Gerusalemme, ma poco dopo è diventato chiaro che era stato ucciso dai soldati.

Suo padre, Khairi al-Hallaq, scioccato e incredulo, era seduto nella sua casa, circondato da diversi giovani che conoscevano il palestinese ucciso e si erano precipitati da lui. L’uomo non riusciva pronunciare molte parole, tranne le preghiere e i borbottii che ripetevano “è stato ucciso a sangue freddo, è stato assassinato…”.

Il figlio autistico, ha detto, sarebbe potuto sembrare un uomo adulto, ma il suo cervello era quello di un bambino che non interagiva con nessuno e che usciva di casa solo per andare alla scuola per disabili.

“Perché lo hanno ucciso a sangue freddo in questo modo?”, ha chiesto, “sostengono di aver pensato che avesse un’arma! Perché non lo hanno perquisito, perché hanno dovuto ucciderlo senza nemmeno assicurarsi che stesse trasportando la presunta arma?”

Ha aggiunto che suo figlio aveva iniziato a frequentare la scuola per disabili circa sei anni fa, e che ci andava tutti i giorni dalla mattina alla sera, e quando tornava a casa restava da solo nella sua stanza.

Sua madre, in lacrime, sconvolta e incapace di riprendere fiato, si è chiesta: “Perché non lo hanno semplicemente catturato… perché non lo hanno perquisito… perché hanno dovuto sparare dei colpi mortali, uccidendolo a sangue freddo un questo modo?”

“È stato assassinato a sangue freddo, non aveva altro che il suo telefono cellulare e il suo portafoglio”, ha aggiunto, “non trasportava armi, voleva andare a scuola perché si annoiava a casa, mentre a scuola poteva essere più attivo e interagire con gli altri”.

“In questo momento, dopo che è stato assassinato in questo modo, il mio unico desiderio è di poter svolgere la cerimonia funebre nella moschea di Al-Aqsa, prima che sia sepolto nel suolo di Gerusalemme”, ha aggiunto. “Era una persona innocente, non odiava nessuno e ciò che gli hanno fatto è un crimine non solo contro di lui, ma anche contro ogni persona diversamente abile. Hanno ucciso il mio unico figlio, era un bambino nel corpo di un uomo. Hanno ucciso il mio unico figlio, hanno ucciso il mio unico figlio…”.

L’avvocato Eyad al-Qadamani, che rappresenta la famiglia, ha affermato che la polizia israeliana sta indagando sulla sparatoria fatale, ma finora non ha ammesso che il giovane è stato ucciso per errore e non è disposta a restituire la salma alla famiglia per la sepoltura.

L’avvocato ha aggiunto che la polizia israeliana ha imposto un obbligo di riservatezza, vietando il rilascio dei nomi degli ufficiali coinvolti nella sua morte o di qualsiasi informazione sulle unità a cui appartengono.

L’obbligo di riservatezza imposto rimarrà in vigore fino al 3 giugno e potrebbe essere prorogato per un periodo più lungo.

I media israeliani hanno affermato che il giovane ucciso non portava armi e che gli hanno sparato solo perché “non è riuscito a fermarsi quando gli è stato ordinato”.

La polizia ha dichiarato di aver notato che trasportava un “oggetto sospetto” e di aver pensato che fosse una pistola, aggiungendo che all’ordine di fermarsi ha iniziato a correre dando luogo a un inseguimento.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha dichiarato che il palestinese era disarmato e che l’ufficiale che gli ha sparato ha affermato che sospettava che al-Hallaq fosse “un terrorista perché indossava dei guanti”.

Haaretz ha citato una dichiarazione della polizia israeliana secondi la quale “i due ufficiali hanno notato che il palestinese trasportava un oggetto sospetto e pensando che fosse una pistola gli hanno ordinato di fermarsi. Dopo che l’uomo ha rifiutato e ha iniziato a fuggire, gli agenti hanno iniziato a inseguirlo a piedi e hanno aperto il fuoco, finendo per ucciderlo mentre cercava di nascondersi dietro un cassonetto”.

Ha aggiunto che la polizia ha quindi chiuso la Città Vecchia e che il Dipartimento investigazioni interne della polizia indagherà sull’incidente.

Haaretz ha anche affermato che i due ufficiali coinvolti nell’inseguimento e nella sparatoria fatale sono stati interrogati dalla polizia e che uno di loro è stato in seguito rilasciato “in condizioni restrittive”, mentre il secondo ufficiale è stato messo agli “arresti domiciliari”.

Il giornale israeliano ha anche citato una fonte che è stata descritta come “familiare con le indagini”: il giovane ufficiale è sospettato di aver “continuato a sparare nonostante il suo comandante gli avesse ordinato di fermarsi”.

Haaretz ha aggiunto che l’ufficiale “ha continuato a sparare perché ha visto che al-Hallaq si stava ancora muovendo” e che un tribunale di Gerusalemme ha emesso un ordine di riservatezza che proibisce il rilascio dei nomi degli ufficiali coinvolti nell’incidente fatale.

Traduzione per InfoPal di Giulia Deiana