La madre e il prigioniero: pochi minuti per colmare una separazione di 13 anni

Khan Younis-QudsPress. “Non esiste una sensazione più bella di quella avuta durante questo incontro, se avessi potuto, avrei tolto mio figlio da dietro al vetro che ci separava per poterlo abbracciare”.

Con queste parole, la madre del  prigioniero Hassan Salameh ha descritto le proprie emozioni quando ha fatto visita al suo figlio nel carcere di Nafha. La donna ha potuto incontrarlo per la prima volta dopo tredici anni di lontananza: l’uomo è al 18° anno di prigionia.

Salameh, che ha 43 anni, è nato nel campo profughi di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Era un leader delle brigate al-Qassam, l’ala militare di Hamas, è stato arrestato il 15 maggio 1996, dopo una serie di operazioni di guerriglia condotte all’interno dei territori palestinesi occupati nel 1948, per vendicare l’assassinio di Yahya Ayyash, l’esperto delle operazioni suicide di Hamas.

Le operazioni condotte da Salameh hanno provocato la morte e il ferimento di decine di israeliani. Israele lo ha condannato a 48 ergastoli consecutivi, rifiutando con insistenza di includerlo nell’accordo di scambio siglato con Hamas nell’ottobre 2011.

Lunedi 24 settembre alcune famiglie dei prigionieri palestinesi hanno potuto finalmente visitare i loro cari detenuti nel carcere di Nafha, in seguito al ripristino dei permessi bloccati da cinque anni.

Le tombe dei vivi

La madre di Salameh racconta: “Mio figlio ha passato 13 anni nelle celle sotterrane di isolamento, senza parlare con nessuno, e nemmeno vedere la luce. Egli ha definito tali luoghi, le tombe dei vivi”.

“Hassan è stato arrestato quando aveva 24 anni, ora è ultra-quarantenne; sono rimasta molto sorpresa quando l’ho visto dopo 18 anni di detenzione: i suoi lineamenti sono cambiati, si vedono i segni della vecchiaia sul suo volto, la sua barba è ormai bianca, è diventato magro e malato.

“I momenti di privazione, di isolamento e di solitudine vissuti da Hassan sono stati sufficienti a trasformare quel giovane promettente in un anziano malato”.

La madre ha riferito che suo figlio è stato trasferito dalla cella di isolamento in seguito allo sciopero della fame intrapreso assieme ai suoi compagni nelle carceri israeliane: “Mio figlio soffre ancora le conseguenze del suo isolamento, ha trascorso 13 anni di fila in una cella vecchia e ammuffita, le sue condizioni di salute sono molto deteriorate”.

Quaranta minuti

La madre di Hassan ha raccontato i dettagli dell’incontro:  “Dopo 13 anni ho ottenuto una visita di soli 40 minuti. Ho potuto vederlo dietro a una parete di vetro e parlargli con un telefono. Nonostante il breve tempo, rispetto ai lunghi anni di separazione sono stata felice di vedere mio figlio, la mia felicità non può essere descritta”.

“Grazie a Dio ho visto mio figlio prima di morire”, ha affermato la donna, che ha 70 anni.

Ella ha descritto il momento in cui ha ricevuto la buona notizia: “La Croce Rossa mi ha chiamato nella notte di lunedì, informandomi che il giorno successivo avrei avuto un appuntamento con Hassan. Sentendo questa notizia, il mondo intero non era in grado di contenere la mia felicità”.

Morale alto

Descrivendo lo stato psicologico di suo figlio, la madre ha raccontato: “Nonostante il peggioramento delle sue condizioni fisiche sia ben visibile, il morale era molto alto. Mio figlio è una roccia.

“Hassan era ansioso di conoscere le notizie di Gaza e dei suoi abitanti, chiedeva dei suoi fratelli, degli amici e dei vicini di casa, mi ha raccomandato di portare i suoi saluti a tutti”.

La madre di Salameh ha espresso il desiderio di vedere “azioni concrete da parte degli Arabi, rivolte alla liberazione di tutti i prigionieri, che passano i migliori anni della loro vita dietro alle sbarre.

“Spero di vedere mio figlio e tutti gli altri prigionieri nelle loro case e con le loro famiglie, al più presto”.

La madre di Hassan Salameh ha rivolto un appello a tutte le organizzazioni per i diritti umani, chiedendo che la causa dei detenuti diventi la loro priorità.