Tel Aviv – The Palestine Chronicle. Dopo l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, il 24 febbraio del 2022, un gran numero di ebrei ha deciso di immigrare in Israele in base alla cosiddetta “Legge del ritorno” israeliana, che consente loro, da qualsiasi parte del mondo, di trasferirsi in Israele e acquisire la cittadinanza.
Alla fine del 2022, l’Agenzia Ebraica ha pubblicato i dati relativi al numero di nuovi immigrati arrivati in Israele, vantandosi che il Paese ne aveva accolti circa 70 mila nuovi, il numero più alto degli ultimi 23 anni.
Prevedibilmente, la maggior parte di questi nuovi arrivati proveniva dall’Ucraina e dalla Russia.
Il problema per Israele, tuttavia, non è con i nuovi immigrati, ma piuttosto con il fenomeno noto in ebraico come ‘Yordim’ – ‘Yerida’ significa ‘discendenza’ – un termine usato per descrivere gli ebrei che lasciano lo stato ebraico.
Secondo le statistiche israeliane, due mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina, circa 1.800 ebrei russi – sui 5.600 che si erano beneficiati della “Legge del ritorno” – sono effettivamente tornati a Mosca con i loro passaporti israeliani. Ciò significa che un terzo degli ebrei russi arrivati in Israele si è precipitato a lasciare il Paese.
Dopo le elezioni di novembre, che hanno portato alla formazione del governo più estremista nella storia di Israele, il numero di cittadini israeliani che hanno chiesto la cittadinanza europea è aumentato notevolmente.
Ad esempio, gli israeliani che richiedono la cittadinanza francese sono aumentati del 13%; le autorità portoghesi hanno registrato un aumento del 68% delle domande di cittadinanza da parte di israeliani; e le autorità polacche e tedesche hanno registrato un aumento del 10% delle stesse domande negli ultimi due mesi.
La partenza degli immigrati ebrei da Israele non è un fenomeno nuovo.
Tra il 1948 e il 1950, il 10% degli immigrati ebrei lasciò il nuovo stato.
Per rallentare l’emigrazione, il governo israeliano ha adottato misure severe, spesso negando i visti di uscita ai richiedenti israeliani. Nonostante le restrizioni, nel 1967 erano emigrati più di 180 mila israeliani.
Durante gli anni ’70, con timori di guerra, stagnazione economica e resistenza palestinese, si registrò un forte calo dell’immigrazione verso Israele, costringendo l’Agenzia ebraica a chiudere tre centri di immigrazione solo negli Stati Uniti.
Negli ultimi decenni, il deterioramento della situazione della sicurezza è stata una delle ragioni principali dell’emigrazione, specialmente durante le intifada palestinesi – le rivolte del 1987 e del 2000 – che hanno spinto alcuni immigrati dall’ex-Unione Sovietica a lasciare Israele per altri paesi.
Secondo il quotidiano ebraico israeliano Maariv, fino al 2020, più di 756 mila ebrei hanno lasciato Israele per vivere in altri paesi. Le ragioni addotte includono il deterioramento della situazione economica, la disuguaglianza e la delusione a causa del vacillante accordo di pace con i palestinesi, oltre all’escalation delle operazioni della Resistenza palestinese.
Non è un caso che il numero di emigrati da Israele abbia superato il numero di immigrati in più di un’occasione durante gli anni tra la Prima Intifada del 1987 e l’Intifada di al-Aqsa del 2000.
Traduzione per InfoPal di F.H.L.