La Monarchia Saudita isolata e “rabbiosa” per il fallimento della sua politica

La Monarchia Saudita isolata e “rabbiosa” per il fallimento della sua politica

“I sauditi hanno utilizzato tutte le loro risorse per rovesciare il regime di al Assad e, come loro ultimo obiettivo, quello conclamato di isolare l’Iran”

Naturalmente in nome dei diritti umani, come solo una petrolmonarchia sa apprezzare e tutelare.

di Luciano Lago.

Negli avvenimenti verificatisi in Medio Oriente nell’arco degli ultimi mesi, se c’è un chiaro sconfitto, questo è il regime della monarchia saudita che ha visto il fallimento di tutti i suoi obiettivi di egemonia ed un rigetto da parte di altri paesi della regione della politica attuata dai sauditi per perseguire i propri interessi.

Il disegno dei sauditi è quello di promuovere i conflitti settari in Siria, in Iraq ed  in Libano con il fine di opporsi alle fazioni sciite e filo iraniane.

In particolare in Siria i sauditi hanno investito risorse enormi per appoggiare i gruppi integralisti salafiti collegati ad al-Qaeda, utilizzati nella guerra contro il regime di Damasco. Allo stesso tempo i sauditi si sono impadroniti della “coalizione nazionale della Siria” imponendo un loro uomo di fiducia, Ahmad Yarba, come suo presidente.

I sauditi hanno utilizzato tutte le loro risorse per rovesciare il regime di al-Assad e, come loro ultimo obiettivo, quello conclamato di isolare l’Iran.

L’artefice principale di questa strategia è stato il principe saudita  Bandar bin Sultan, capo dell’”intelligence” saudita, che ha tessuto la sua tela realizzando centri di spionaggio e di sobillazione in vari paesi del Medio Oriente, dalla linea del fronte in Siria, al Libano, fino in Francia, nel palazzo dell’Eliseo, dove è riuscito ad infiltrare suoi uomini, utilizzando grandi quantità di petroldollari per orientare e “convincere” molti diplomatici europei ed americani della necessità di un intervento militare degli USA, appoggiati da
Francia e Gran Bretagna per facilitare la conquista di Damasco da parte delle milizie ribelli foraggiate da Riad.

In questo suo piano ha provveduto a far arruolare volontari da vari paesi, dalla Tunisia all’Egitto, dalla Libia al Pakistan, ecc., e ha coinvolto anche la CIA che ha provveduto ad addestrare ed armare una parte delle milizie composte sia da siriani che da stranieri in una base americana in Giordania vicino alla frontiera con la Siria.

Gli agenti sauditi nella loro attività di “orientamento” dei media sono arrivati a minacciare fisicamente un giornalista della Mint Press News, Dale Gavlak, che aveva pubblicato le confidenze ricevute da militanti dell’”esercito libero” della Siria di essere stati gli autori dell’attacco con armi chimiche avvenuto il 29 di Agosto a Guta.

In effetti da varie prove emerse, risulta evidente che siano stati proprio i servizi sauditi diretti dal principe Bandar quelli che hanno creato la “provocazione” dell’attacco chimico per determinare il pretesto dell’intervento americano nella guerra e sono stati loro per primi a dare la notizia contando anche sui media controllati come Al Jazeera e Al Arabiya e le altre agenzie alle dipendenze saudite.

Da quel momento i sauditi hanno enormemente aumentato il rifornimento di armi alle milizie salafite per dare un vantaggio ai ribelli sul campo e poter determinare la svolta nell’andamento della guerra.

Le vicende successive, come ormai noto, hanno determinato una svolta diversa nel conflitto grazie alla ferma posizione della Russia di Putin che ha rifiutato di accettare l’intervento militare unilaterale degli USA e della Francia nella guerra, contestando anche la versione fornita dell’attacco con armi chimiche ed arrivando poi ad una decisione concordata di smantellamento dell’arsenale chimico siriano, grazie ad un accordo russo americano, appoggiato anche da altri paesi della regione come Egitto, Iraq e Algeria, che ha di fatto tagliato fuori l’Arabia Saudita, unico paese rimasto isolato nel sostenere la necessità di un intervento militare.

In pratica l’Arabia Saudita ha subito un rovescio diplomatico mentre le forze ribelli appoggiate e sostenute dai sauditi, subivano il loro rovescio militare sul campo  per effetto della controffensiva militare dell’Esercito nazionale siriano che ha ripreso il controllo di buona parte del territorio, appoggiato dagli Hezbollah libanesi.

Una grande “delusione” manifestata anche dal re saudita Abdulà bin Abdul Aziz che ha criticato duramente la politica degli USA, pur senza nominarli, per la sua  arrendevolezza con i regimi ostili ai sauditi come la Siria e l’Iran.

Lo stesso sovrano che vede come la peggiore delle prospettive quella di un dialogo di pace tra gli USA e l’Iran per disinnescare il pericolo di un  armamento nucleare da parte dell’Iran, come sembrerebbe possibile dai colloqui iniziati con la nuova dirigenza di Teheran.

Una situazione nuova mai verificatasi prima di isolamento per Riad ed un allentamento degli stretti rapporti di collaborazione militare fino ad ora intercorsi con gli USA da parte del suo principale alleato nel Golfo Persico e fornitore di petrolio.

D’altra parte l’attivismo di Riad ed il sostegno dei gruppi integralisti salafiti e wahhabiti in chiave antisciita non è più ben visto neppure in Egitto dopo il rovesciamento del regime confessionale dei Fratelli Musulmani di Morsi, con la nuova giunta militare che aborrisce le forze integraliste ed opera per evitare che si creino altre sacche di integralismo in Siria o altrove.

In aperta ostilità con i sauditi anche il Libano dove gli Hezbollah sciiti, alleati di Assad in Siria, stanno entrando in un governo di coalizione nel paese assieme alle altre forze e dove si è capito chi fosse l’ispiratore dei gruppi terroristici che hanno colpito a Beirut con gli ultimi attentati per tentare di destabilizzare il paese.

La  “longa manus” dei servizi sauditi è stata denunciata anche in Iraq come artefice della ripresa del terrorismo settario che anche in quel paese colpisce obiettivi sciiti seminando morte e distruzione (oltre 4.000 morti nelle ultime settimane) tanto che il leader della coalizione di governo, Kazim al Sharin ha minacciato di chiedere alle Nazioni Unite la condanna dell’Arabia Saudita come stato che fomenta il terrorismo, considerato che Arabia e Saudita e Qatar sono i paesi che hanno reclutato le milizie mercenarie che sono state infiltrate per combattere in Siria, in Libano ed in altri paesi del M.O. In pratica uno stato che minaccia la stabilità e la sicurezza della regione.

Assistiamo quindi al paradosso per cui gli Stati Uniti, partiti in pompa magna dall’epoca di Bush e dell’11 Settembre nella loro “crociata contro il terrorismo”, si trovino oggi, grazie alla vecchia alleanza con Riad, invischiati con le attività terroristiche dello Stato che più di ogni altro viene considerato oggi l’ispiratore e fomentatore del terrorismo internazionale su vasta scala in tutta la regione medio orientale. Proprio loro che predicavano sugli “stati canaglia” oggi devono ammettere di essere stati i principali complici dello stato canaglia saudita.

Si potrebbe considerare quindi un semplice paradosso della Storia se non fosse che di mezzo ci sono centinaia di migliaia di vittime sacrificate dalla “ragion di Stato” delle grandi potenze che hanno fatto il loro sporco gioco sulla pelle delle popolazioni inermi per acquistare l’egemonia ed imporre i propri interessi nella regione medio orientale.

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