La morte di Jihad al-Tawil, originario di Gerusalemme, è un nuovo crimine commesso dall’amministrazione penitenziaria

Gaza – Ma’an. Il Centro per la difesa delle libertà e dei diritti umani Hurriyàt ha attribuito al governo israeliano e all’amministrazione penitenziaria la totale responsabilità della morte di Jihad Abd al-Rahman al-Tawil, quarantasettenne prigioniero originario di Gerusalemme e residente a Ras al-Amud, deceduto alle due e mezza del mattino di martedì, 25 febbraio, nell’ospedale di Suruka due mesi dopo il suo arresto, avvenuto il 29 dicembre scorso.

In collegamento telefonico col centro Hurriyàt, la sua famiglia ha reso noto che Jihad, sette mesi prima di essere arrestato, aveva picchiato un colono israeliano, e che due settimane dopo l’accaduto i servizi segreti israeliani s’erano presentati a casa sua chiedendo di lui, senza però trovarlo.

In data 29 dicembre 2013 però, con l’accusa di guida senza patente, fu arrestato nella zona di Tel Buyut e trasferito al cercere di Be’er Sheva, nel reparto riservato ai civili.

Il 9 febbraio del 2013 -aggiunge la famiglia- sopraggiunsero alcuni problemi tra i prigionieri, e le forze dell’amministrazione penitenziaria si avventarono su di loro colpendoli, spruzzando gas e prendendo d’assalto il reparto.

Jihad allora tentò di mettersi al riparo dal gas, non riuscendo però a sfuggire alle guardie, le quali lo picchiarono e gli spruzzarono il gas, cosa che lo fece soffocare e cadere per terra. Allora gli fu fatta la respirazione artificiale e, mani e gambe legate, fu trasferito all’ospedale di Suruka.

Sharif al-Tawil, suo fratello, ha dichiarato: “Jihad entrò in coma totale sin dall’inizio del suo trasferimento a Suruka, e fu tenuto con mani e gambe legate per sei giorni.

Alle autorità carcerarie non solo non bastò averlo picchiato e aver causato quest’oggi la sua morte, ma, una volta entrato in ospedale, chiesero pure alla moglie di firmare le carte per il suo rilascio, ma lei vi si oppose. Noi procederemo legalmente contro le autorità penitenziarie e sottoporremo la questione al tribunale. Finora non abbiamo ricevuto la salma, mentre la sua carta d’identità è ancora in possesso del carcere.”

Traduzione di Salvatore Michele Di Carlo