La municipalità di Gaza costretta a ridurre i servizi a causa del deficit di bilancio

Palestine Chronicle. La municipalità di Gaza ha annunciato il 27 aprile che inizierà a ridurre gradualmente i servizi per evitare un crollo totale a causa del deficit del bilancio, risultato dallo scoppio del coronavirus.

“Un passo intrapreso per permettere di continuare a offrire servizi il più a lungo possibile, utilizzando le risorse disponibili”, ha affermato il comune in una nota.

Il comune ha affermato che tale decisione arriva 52 giorni dopo la dichiarazione da parte del presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, dello stato di emergenza nei Territori palestinesi per la lotta alla diffusione del coronavirus.

“Molti partiti hanno abbandonato le loro responsabilità nei confronti della Striscia di Gaza assediata nel momento del deterioramento economico e della diminuzione del numero di abitanti che pagano le bollette per i servizi del comune”, ha affermato nella nota.

Secondo la dichiarazione, il comune ha affermato che la raccolta dei rifiuti dalle strade sarebbe coinvolta in questa decisione, e ha chiesto quindi agli abitanti di ridurre la produzione di rifiuti.

La sterilizzazione degli spazi pubblici ha “esaurito il bilancio”, affermano i funzionari municipali.

“La verità è che nessuna “preparazione” a Gaza – o, comunque, ovunque nella Palestina occupata – può fermare la diffusione del coronavirus”, ha scritto il giornalista palestinese e direttore di Palestine Chronicle, Ramzy Baroud.

“Quello che serve è un cambiamento fondamentale e strutturale al fine di emancipare il sistema sanitario palestinese dal terribile impatto dell’occupazione israeliana e dalle politiche di assedio perpetuo del governo israeliano e dalle “quarantene imposte politicamente – note anche come apartheid”, ha aggiunto Baroud.

Con 13 casi di coronavirus già confermati nella Striscia di Gaza, gli ospedali che un tempo erano stati travolti dai feriti dai proiettili israeliani e dalle amputazioni, oggi si stanno preparando a una sfida molto diversa in un’enclave costiera densamente popolata da due milioni di palestinesi, molti dei quali vivono nei campi profughi.

Traduzione per InfoPal di Chiara Parisi