‘La nostra scelta strategica deve essere la resistenza’

 

“La nostra scelta strategica deve essere la resistenza”

Intervista di Enrico Bartolomei a Nassar Ibrahim (co-direttore dell’Alternative Information Center), Gerusalemme, 14 gennaio 2009 

Che sta succendendo in Cisgiordania in relazione alla Guerra a Gaza? Perché non c’è una reazione più forte in Cisgiordania?

La reazione in Cisgiordania è fortemente influenzata dalla spaccatura interna palestinese: il potere in Cisgiordania è attualmente detenuto da Fatah e dall’Autorità palestinese. Subito dopo le elezioni del 2006 nelle quali Hamas uscì vittorioso, divenne manifesto l’antagonismo tra l’ex Autorità palestinese a guida Fatah e il nuovo governo di Hamas. Questa opposizione può esser vista come la differenza tra due scelte strategiche: quella rappresentata dalla leadership di Fatah e supportata da molti regimi arabi fedeli alla potenza statunitense, che vede nei negoziati di pace e nel coinvolgimento di istituzioni internazionali l’unica via per risolvere il conflitto israelo-palestinese. L’altra strategia è il movimento di resistenza, attualmente guidato da Hamas con la partecipazione dei gruppi di sinistra (FPLP, DPLP), le Brigate dei Martiri di Al Aqsa, la Jihad islamica e così via. Quando l’attacco israeliano a gaza è cominciato 20 giorni fa, la posizione politica dell’Autorità palestinese in Cisgiordania è chiara: “non siamo parte dell’attacco”. Di conseguenza sta utilizzando tutto il suo potere per tenere la Cisgiordania il più possibile calma, sta impiegando la polizia palestinese nel tentativo di impedire qualsiasi scontro tra i dimostranti palestinesi e i soldati israeliani: l’esito di questa politica è la mancata incisività delle reazioni in Cisgiordania.

Come la stessa Livni ha più volte annunciato, l’attacco a Gaza, che in realtà è un massacro, un genocidio, non viene compiuto per rovesciare Hamas o fermare il lancio di missili: Israele sta attaccando Gaza per distruggere qualsiasi gruppo o movimento di resistenza palestinese che vede nella resistenza la via principale per fronteggiare l’occupazione israeliana. Solamente liberandosi della resistenza palestinese Israele potrebbe imporre le proprie condizione sul tavolo negoziale. La leadership di Fatah in Cisgiordania dovrebbe agire concretamente contro l’occupazione e non dovrebbe fornire nessun tipo di copertura politica all’aggressione israeliana di Gaza. Al contrario, l’Autorità palestinese sta agendo come mediatrice, come l’Egitto ed alti paesi arabi, invece di far pressione su Israele mentre i guerriglieri combattono per impedire ad Israele una vera vittoria. Mantenendo la calma in Cisgiordania l’Autorità palestinese sta facendo un vero e proprio regalo ad Israele: stessa cosa vale per gli altri paesi arabi che non prendono una dura posizione contro l’attacco dando ad Israele il tempo per volgere la situazione a Gaza a suo favore, prima dal punto di vista militare e poi da quello politico. 

In questa luce, la posizione dell’Autorità palestinese non è più di “moderazione” ma di “connivenza” con l’attacco israeliano…

Certamente non è una posizione moderata, questa è una scelta politica e pagheranno il prezzo più tardi: per i palestinesi la Guerra su Gaza è contro la scelta di resistenza all’occupazione. La guerra mostra chiaramente che siamo in due fronti: il fronte della resistenza e il fronte che supporta l’attacco israeliano. Quale è la posizione dell’Autorità palestinese, in che fronte si trovano? E i paesi arabi? Come per l’ultima guerra in Libano nella quale alcuni Stati arabi condannarono Hezbollah, nell’attuale guerra essi hanno ugualmente ritenuto Hamas la causa dell’attacco israeliano. Hanno biasimato il partito islamico per il lancio di missili nel confine meridionale di Israele ma ciò non corrisponde al vero: nei sei mesi di tregua Hamas ha cessato tutti i lanci di missili ma l’assedio su gaza è continuato, e un embargo è parte integrante di un’azione militare. Israele dovrebbe essere autorizzato ad ucciderci lentamente senza nessun tipo di reazione?

Sembrerebbe un altro passo nella politica israeliana di vecchia data di pulizia etnica dei palestinesi…

Lo è, Israele affermano di avere il diritto di difendere i propri civili dal lancio dei missili, ma la vera domanda è “perché mai state occupando questo popolo?”. Il problema originario, il più importante è l’occupazione. Perfino la comunità internazionale aiuta Israele nella misura in cui non risolve la questione dell’occupazione. Con l’attuale attacco Israele sta cercando di dimenticare la sua sconfitta in Libano mostrando al mondo le proprie armi ad alta tecnologia utilizzate contro città e persone senza possibilità di fuga. Per prima cosa Israele vuole sconfiggere Hamas; in secondo luogo vuole impedire il flusso di armi verso Gaza; il terzo obiettivo è imporre un cambiamento radicale nello scenario politico. Israel sta usando tutto il sistema propagandistico per presentare questo conflitto come uno scontro tra due normali eserciti, ma in realtà si tratta di uno scontro tra la resistenza palestinese pressoché disarmata e la superpotenza israeliana. Israele sostiene che i combattenti si nascondono tra i civili utilizzandoli come scudi umani, ma in realtà non c’è nessuna distinzione tra i combattenti e la popolazione palestinese in quanto i primi sono i figli, i fratelli, i mariti della stessa gente che sta soffrendo le conseguenza di questo attacco. La loro resistenza eroica è il riflesso dell’eroica resistenza della gente di Gaza; Israel sa perfettamente ciò e per questa ragione sta uccidendo i civili senza nessuna distinzione: combattendo i civili combatte la resistenza stessa. Di conseguenza non c’è altra scelta per i palestinesi che resistere o arrendersi. Guarda alle conseguenze del cosiddetto processo di pace di Oslo: Gaza è sotto assedio e la Cisgiordania quasi lo stesso (il Muro, i check points, gli arresti, gli assassinii) anche se non vengono lanciati missili da lì. La leadership palestinese deve fermarsi e considerare i risultati del processo di pace: 15 anni di negoziato e la situazione è sicuramente peggiorata. Solamente la scelta della resistenza può mettere fine all’occupazione. Non c’è nessun esempio nella storia di un popolo sotto occupazione che abbia fermato qualsiasi forma di resistenza per affidarsi solamente ai negoziati. I palestinesi devono combattere e negoziare allo stesso tempo, per poter ottenere un risultato: al contrario comincerebbero i negoziati sconfitti in partenza e potrebbero solamente accettare passivamente le condizioni imposte da Israele. 

Torniamo all’attuale frattura tra l’Autorità palestinese in Cisgiordania ed Hamas nella Striscia di Gaza. Pensi che, a questo punto, sarà impossibile qualsiasi futura riconciliazione tra le parti?

In seguito a questa guerra la spaccatura non sarà più tra Fatah e Hamas, ma assumerà un altro significato: sarà la divisione tra la scelta della resistenza contro l’occupazione e la scelta dell’accettazione delle condizioni politiche di Israele e degli USA, ovvero i palestinesi devono desistere. Dopo questa guerra la mappa politica sarà diversa: la gente sceglierà la resistenza. Guarda Gaza, guarda il supporto popolare per Hamas: i palestinesi stanno supportando la resistenza a Gaza perché Hamas è ora visto come l’attore più potente che cerca di difendere i diritti nazionali del popolo palestinese. Dall’altra parte le posizioni dell’Autorità palestinese sono viste come una sorta di condivisione dell’attacco israeliano a Gaza. Ricordo persino dei discorsi dei membri dell’Autorità palestinese che facevano appello alla pazienza della gente a Gaza perché la legittimità sarebbe presto tornata anche lì. Ma come torneranno a Gaza, a bordo dei carri armati israeliani? Chi li accetterà mai a Gaza dopo questo spargimento di sangue, dopo più di 1000 martiri e oltre 5000 feriti, dopo tutta questa distruzione. La legittimità verrà dalla lotta e non dalla collaborazione con l’occupante. Se mai i palestinesi dovessero affidarsi nuovamente all’attuale leadership in Cisgiordania allora commetterebbe un grande errore storico. 

Quale sarà il ruolo della sinistra palestinese nel futuro prossimo? Potrebbe essere un’alternativa sia alla leadership di Fatah sia a quella di Hamas?

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica il movimento politico islamico ha preso le redini del potere nel mondo arabo e musulmano. La vittoria dell’Islam politico è il risultato del sistema propagandistico e delle politiche neoconservatrici del governo statunitense: sono riusciti a dividere il mondo e il dibattito politico tra Oriente ed Occidente. Di conseguenza molta gente si è mobilitata attorno ai movimenti islamici, visti come l’alternativa più forte in questo periodo storico. Questo non significa che non c’è più la sinistra: la leadership dell’Islam politico sarà mantenuta solamente fino a quando i movimenti islamici combatteranno l’imperialismo statunitense. Il supporto di massa per tali movimenti non implica che la gente accetta la loro agenda ideologica e sociale: per ora il livello dello scontro si è limitato all’ottenimento dei diritti basilari dei popoli arabi. Le masse che si radunano oggi per le strade dimostrano contro l’egemonia statunitense in Medio Oriente, e in questo movimento è l’Islam politico a portare la bandiera della protesta. Di nuovo, ci troviamo allo stesso bivio: la scelta della resistenza contro l’imperialismo israeliano e statunitense o la scelta della sconfitta che molti stati arabi alleati o seguaci delle politiche statunitensi stanno facendo. Quando guardo alle dimostrazioni in tutto il mondo, mi chiedo “perché stanno supportando Gaza? Solo perché si tratta di esseri umani proprio come gli altri?”No, stiamo combattendo la stessa battaglia, stiamo affrontando le stesse disastrose conseguenze delle politiche statunitensi nel mondo: la situazione a gaza è solamente il risultato di queste politiche che stanno fallendo in tutto il mondo. Gli Stati Uniti hanno fallito militarmente sia in Iraq sia in Afghanistan, e visto il recente collasso del sistema finanziario sono persino collassati economicamente. Anche Israele ha fallito in Libano nel 2006 e fallirà a Gaza. Sia gli Stati Uniti che Israele stanno pagando il prezzo delle loro politiche folli. Sono sprofondati moralmente. Saremo noi ad insegnare loro cosa significa difendere i diritti umani.

Enrico Bartolomei

 

 

 

 

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