La pace secondo Israele: la polizia recluta coloni da combattimento

Di Jonathan Cook.  Electronic Intifada.

Proprio nel momento in cui i negoziati israelo-palestinesi, mediati dagli Stati Uniti, si arrestano di fronte alla spinosa questione delle colonie, emerge la notizia secondo cui le forze di polizia israeliane starebbero guardando alle comunità illegali (gli insediamenti, ndr) per reclutare ufficiali tra i coloni.

Il corso di addestramento per ufficiali speciali mira a formare soldati da combattimento e prevede anche sette mesi di studi religiosi presso una colonia nella Cisgiordania occupata.

La notizia preoccupa molto i palestinesi cittadini d'Israele che rappresentano 1/5 della popolazione.

“Di frequente, la polizia ha dimostrato ostilità verso i cittadini palestinesi, ma l’ultima mossa dimostra come ora s’intenda inasprire ulteriormente l’oppressione”, afferma Jafar Farah, direttore di “Mossawa”, centro legale per la difesa della minoranza palestinese all’interno di Israele.

“E’ lecito pensare che questi fondamentalisti israeliani, educati a odiare i palestinesi che vivono in Cisgiordania, diventino ancora più ostili se solo potessero sfruttare l'occasione di perlustrare le nostre comunità in Israele?”

I 35 studenti del programma di addestramento – dal titolo “Credere nella polizia” – inizieranno le lezioni il mese prossimo, novembre 2010, e il numero dei coloni che avrebbe manifestato interesse per il corso si aggirerebbe intorno ai 300.

Il comando della polizia racconta di aver messo a punto il programma dietro proposta di alcuni gruppi della destra e anche per far fronte a periodi di carenza di ufficiali.

Il programma durerà tre anni e mezzo, si svolgerà quasi interamente presso l’Università di Haifa e alla fine del corso agli studenti sarà riconosciuto il grado di ufficiale.

Sette mesi sono dedicati a studi religiosi presso la colonia Elisha, nel cuore della Cisgiordania. E' interessante notare che la stessa colonia, illegale per la legge internazionale, non abbia ricevuto il riconoscimento nemmeno di quella israeliana.

Gershom Gorenberg, esperto sui coloni religiosi, afferma che “i futuri comandanti della polizia israeliana” si qualificheranno dopo una lezione introduttiva sulla violazione della legge.

Rivolgendosi a Olam Katan, rivista popolare tra le comunità di coloni, Yonatan Chetboun, capo del movimento Raananim, gruppo di destra alla supervisione del programma, dichiara che si tratta di una grande opportunità per i coloni di Israele di fare carriera in polizia.

“Pattugliando di notte nelle squadre di Ramle e Lod, città israeliane famose per il crimine tra i quartieri palestinesi, si riuscirà a produrre in essi una consapevolezza sulle “questioni nazionali più significative”.

Sul programma di addestramento, il portavoce della polizia non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione.

Un team di rabbini sarebbe stato nominato per mediare nella risoluzione di possibili dispute tra i coloni in materia di principi e dettami religiosi e doveri di polizia, (profanazione dello shabbath o rapporti con donne “indecenti”).

Nel corso delle passate evacuazioni di insediamenti illegali, Hor Nizri, colono attivista della destra, si era scontrato con la polizia ed era stato accusato di aver reclutato giovani coloni.

Quando gli viene chiesto un parere sul nuovo programma di addestramento rivolto ai coloni, al quotidiano Yedioth Aharonoth Nizri parla di “riconciliazione storica”, e aggiunge di vedere con favore l’opportunità concessa loro di occupare le fila della polizia così come è per l’esercito.

Tra le comunità palestinesi in Israele c’è molta apprensione e si teme che i coloni possano sostituire la polizia, ripetendo quel processo che ha riguardato l'esercito, dove sono la maggioranza.

Proprio nel mese scorso erano state rilasciate le ultime statistiche sulla presenza dei coloni nell’esercito israeliano: presenza di massa nelle unità di combattimento, mentre sono un terzo del totale degli ufficiali. Nel 1990 erano il 25%.

La polizia spera che dopo il congedo gran parte di essi opti per la carriera nelle forze dell’ordine.

Il ruolo dei rabbini in queste operazioni ci viene ribadito ancora da Farah, che ricorda come nel corso della scorsa estate, due rispettati rabbini della colonia di Yitzhar, vicino Nablus, erano stati sospettati di aver pubblicato un testo di incitamento “La Torah del Re”, dove si rendeva lecito l’assassinio dei non ebrei, tra cui anche i bambini. In un passaggio scrivevano gli autori: “Se risulta evidente che, crescendo, questi rappresenteranno una minaccia per noi, allora sarà giustificata anche l’uccisione di bambini”.

Furono in molti i rabbini a farne tesoro e, allo stesso modo, il testo aveva riscosso notevole successo tra i rabbini dell’esercito.

Proprio nella guerra su Gaza (Piombo Fuso) si diffusero i contenuti di appelli e prediche dei rabbini che incoraggiavano i soldati nella “guerra contro gli assassini” ammonendoli a “non cedere nemmeno un millimetro di territorio”.

Negli attacchi durati tre settimane, 1.400 palestinesi furono assassinati, tra cui centinaia di donne e bambini.

Dall’inizio della seconda Intifada sono venute meno fiducia e relazioni tra le comunità di palestinesi in Israele e la polizia israeliana; dal 2000, 13 manifestanti disarmati sono stati assassinati e centinaia feriti. Una commissione d’indagine aveva deciso che il comando della polizia avesse agito nei confronti dei palestinesi in Israele come se si fosse trattato di “nemici”.

Nell’ultimo decennio, 36 palestinesi di Israele sono stati uccisi dalla polizia in circostanze mai chiarite e sono solo due i casi di punizione degli ufficiali di polizia responsabili.

Alcuni opinionisti israeliani hanno ammesso che una crescente presenza e influenza dei coloni nella polizia renderà un futuro smantellamento delle illegali colonie in Cisgiordania tanto più improbabile.

Gorenberg ricorda che la medesima operazione dalla Striscia di Gaza (2005) fu possibile perché gran parte dei coloni erano impegnati nell’esercito e da quell’episodio, secondo l’esperto, la polizia potrebbe apprendere la lezione.

http://electronicintifada.net/v2/article11580.shtml

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Jonathan Cook, scrittore e giornalista residente a Nazareth. Tra i suoi ultimi libri Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East (Pluto Press) e Disappearing Palestine: Israel's Experiments in Human Despair (Zed Books).
Sito Web www.jkcook.net.

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