La politicizzazione della Corte penale internazionale

MEMO. Di Muhammad Jamil. È stato un duro lavoro per la Corte penale internazionale (CPI, ICC), nata nel luglio 1998. Dopo la Prima e la Seconda guerra mondiale, diversi progetti sono stati avviati per istituire un tribunale penale permanente che eliminasse lo stato di impunità diffusa. Tuttavia, alcuni Paesi che temevano l’incriminazione dei propri funzionari si sono opposti a tale organismo, e la lotta è andata avanti fino alla sua definitiva fondazione.

Le missioni diplomatiche a Roma, tra cui quelle degli Stati Uniti d’America e della Russia, hanno firmato la Convenzione di Roma che istituisce la CPI. In totale, 123 Paesi sono diventati Stati membri dell’organismo. Tuttavia, gli Stati Uniti hanno ritirato il loro sostegno all’organismo, seguiti dalla Russia, e hanno scatenato una guerra contro la Corte penale internazionale che ha raggiunto il suo apice durante l’era Trump. Il presidente statunitense ha imposto sanzioni all’ex procuratore Fatou Bensouda e ad alcuni membri dello staff della CPI dopo la sua decisione di aprire un’indagine ufficiale sui crimini israeliani commessi in Palestina.

La Corte penale internazionale ha giurisdizione sui reati gravi compiuti dall’entrata in vigore dello Statuto di Roma il 1° luglio 2002, ma non su quelli avvenuti prima di tale data. La sua istituzione è stata sostenuta anche da organizzazioni non governative che sperano di porre fine all’impunità.

Queste speranze hanno cominciato a ridursi rapidamente dopo che una coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti ha invaso l’Afghanistan nell’ottobre del 2001 e l’Iraq nel marzo del 2002, commettendo i crimini più efferati che, fino ad oggi, non sono stati perseguiti e non sono stati chiamati a risponderne. Il Regno Unito, membro della CPI, è stato un partner chiave nella coalizione.

È emerso che la Corte era stata politicizzata a causa della sua incapacità di indagare sui crimini commessi dalle superpotenze, mentre analizzava i crimini commessi in Africa. Questo pregiudizio ha creato uno stato di rabbia e inquietudine tra i Paesi africani, che ha portato al ritiro del Burundi e del Sudafrica, mentre altri minacciano di seguirne l’esempio.

I crimini commessi in Palestina sono stati al centro dell’attenzione del mondo umanitario dall’epoca del Mandato britannico fino alle due catastrofi e fino ad oggi. Tuttavia, nessuno è mai stato chiamato a rispondere dei gravi reati compiuti in Palestina. La CPI ha dichiarato di non poter indagare su questi crimini perché la Palestina non è parte della Convenzione di Roma. Nel 2012, la Palestina ha acquisito lo status di Stato non membro e ha deferito alla Corte i crimini commessi in Palestina dal 14 giugno 2014. La Palestina ha poi aderito allo Statuto di Roma, entrato in vigore il 1° aprile 2015, tuttavia, a otto anni di distanza, non sono stati fatti progressi nelle indagini e la Procura non ha emesso alcun mandato di arresto.

L’Ucraina e la Russia non sono parti della Convenzione di Roma, pertanto il tribunale non è in grado di indagare sui crimini in quei Paesi, ma l’Ucraina ha accettato la giurisdizione del tribunale per i reati commessi sul suo territorio. Immediatamente, il Procuratore Generale, Karim Khan, ha annunciato che il suo ufficio aveva aperto un’indagine dopo che 39 Paesi avevano segnalato al suo ufficio i crimini commessi nel Paese.

Dov’erano questi Paesi durante l’invasione statunitense di Iraq e Afghanistan? Che dire dei crimini in Yemen, Libia e Siria, in cui Putin ha distrutto città, avvelenato persone, sfollato e versato il sangue di bambini, donne e anziani? Da dove nasce questa improvvisa volontà internazionale che ha spinto Karim Khan ad accettare con disinvoltura di aprire un’inchiesta?

Perché questa volontà non c’è stata nel caso della Palestina? Durante la Seconda Intifada, iniziata nel 2000 e terminata nel 2005, sono state uccise più di 5.000 persone e ferite più di 50.000, tra cui donne e bambini, e le case sono state distrutte. Durante la guerra a Gaza del 2008 (Operazione Piombo Fuso), Israele ha usato armi proibite a livello internazionale, uccidendo più di 1.400 persone e ferendone migliaia. Durante la guerra del 2012 (operazione chiamata Pilastro di difesa), 180 persone sono state uccise e centinaia ferite.

Diversi sono stati i tentativi da parte delle organizzazioni della società civile per spingere il Pubblico Ministero a indagare sui crimini commessi, ma l’Ufficio del Pubblico Ministero ha risposto che la Palestina non è parte della Convenzione di Roma. Il caso della Palestina non necessita di rinvii e l’ex Procuratore ha deciso di aprire un’indagine sui crimini commessi nel febbraio 2021. Nonostante ciò, Karim Khan non ha preso provvedimenti, nonostante le pratiche fossero pronte e complete, lasciando che i crimini continuassero e che gli autori fossero liberi.

Khan sta aspettando crimini ancora più orribili? Non ha sentito Bezalel Smotrich, che ha negato l’esistenza del popolo palestinese e ha invitato i coloni illegali a “spazzare via” una città palestinese?

Non ha visto i rapporti che descrivono quest’anno come l’anno più sanguinoso, in cui più di 90 palestinesi, tra cui 15 bambini, sono stati uccisi finora.

Khan è pienamente consapevole di tutto ciò che accade, ma ignora deliberatamente le denunce che gli arrivano. Inoltre, non ha continuato le indagini né rilasciato alcuna dichiarazione sui crimini in corso in Palestina e, quando un anno fa gli è stato chiesto del dossier Palestina in un’intervista con Al Jazeera, ha detto: “Non è appropriato parlare di un caso specifico”, rifiutandosi di entrare nei dettagli. Tuttavia, quando gli è stato chiesto dell’ex presidente sudanese Omar Al-Bashir e del caso contro di lui, ha parlato a lungo.

Nel dicembre 2022, la Procura ha pubblicato un rapporto sui casi di cui si sta occupando; la Palestina è stata menzionata solo tre volte, a margine. Forse questo spiega perché tutti gli attacchi alla Procura sono cessati dopo la sua nomina.

Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina nel febbraio 2022, sotto la pressione politica di vari Paesi, tra cui gli Stati Uniti, che non sono parte del tribunale, il Procuratore si è impegnato in attività e conferenze sui crimini commessi in Ucraina, chiedendo di perseguire i sospetti e di istituire un tribunale speciale per perseguirli. Ha anche visitato l’Ucraina quattro volte e ha incontrato i funzionari del Paese per preparare i dossier sui crimini commessi.

Khan si concentra solo sui crimini commessi dai russi in Ucraina e non ha mai parlato dei reati compiuti dalle forze di sicurezza e militari ucraine, il che rappresenta una flagrante violazione dell’imparzialità del tribunale e una chiara indicazione della cieca sottomissione di Khan all’Occidente.

Tuttavia, per quanto riguarda la Palestina, è stato sempre sottolineato che tutte le parti sarebbero state ritenute responsabili, come se le parti del conflitto in Palestina fossero uguali in numero e armi a quelle dello Stato di occupazione.

La sottomissione di Khan alle agende dei poteri politici ha definitivamente politicizzato la Corte, e questo ora ne minaccia l’esistenza. Se la decisione di arrestare Putin fosse stata presa in base alla giustizia naturale, l’umanità sarebbe stata soddisfatta, poiché si tratta di un criminale che ha commesso i crimini più orribili non solo in Ucraina ma anche in altri Paesi.

Putin avrebbe dovuto essere arrestato per i suoi crimini in Siria, dove ha distrutto intere città, sfollato persone e commesso efferati massacri.

Sebbene la Russia e la Siria non siano parti della Convenzione di Roma, se ci fosse stata la volontà politica, i loro crimini sarebbero stati deferiti alla Corte penale internazionale o sarebbe stato istituito un tribunale speciale per occuparsene.

Khan si è lasciato andare a un gioco politico che ha danneggiato gravemente la reputazione e l’imparzialità della Corte. Ha trasformato la CPI in uno strumento per i poteri che erano già contrari e la combattevano ferocemente. La CPI potrebbe aver avuto difficoltà a entrare in questo mondo, ma Khan si sta assicurando che venga soffocata, politicizzata e resa incapace di adempiere al suo mandato.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor (o quella di InfoPal).

(Nella foto: il logo della Corte penale internazionale/CPI visualizzato sullo schermo di uno smartphone. [Foto di Rafael Henrique/SOPA Images/LightRocket via Getty Images]).

Traduzione per InfoPal di Rachele Manna