La “primavera” egiziana si è fermata a Piazza Tahrir.

Riceviamo da Agostino Spataro un articolo nell’ambito della complessa riflessione sulle “Primavere arabe”.

Di Agostino Spataro.

La “primavera” egiziana si è fermata a Piazza Tahrir.

Dicembre, 2012

Come previsto, la rivoluzione degli “internauti” si è fermata a Piazza Tahrir. In Egitto, il potere è nelle mani di Morsi e dei Fratelli musulmani, con la compiacenza delle Forze armate del vecchio regime. E’ successo quel che si temeva: in Egitto come in Libia, in Tunisia. Domani, il copione potrebbe ripetersi in Siria. Insomma, è stata aperta la porta per cacciare il tiranno ed è entrato il dragone!

L’opinione pubblica, italiana ed europea, è sconcertata, preoccupata per le pretese di predominio, anche ideologico, che intende attribuirsi il presidente egiziano Morsi per conto della sua organizzazione “I fratelli musulmani”. Molti, fra governanti, analisti e inviati di grido, che hanno appoggiato, senza riserve, le “rivolte” dello scorso anno, ora fingono di strapparsi le vesti per le tradite promesse di libertà e laicità, di benessere economico e civile. Evidentemente, la gran parte di tali soggetti continua a fingere, a ingannare le opinioni pubbliche che, in buona fede, hanno incoraggiato le “rivoluzioni”, le “primavere” arabe. Giacché intuivano, sapevano, o avrebbero dovuto, quel che si stava apparecchiando.

E dire che lo intuimmo perfino noi che viviamo, appartati, in uno sperduto borgo siciliano, come si può verificare da questo articolo (in: www.infomedi.it/rivolta-egitto.htm) scritto agli inizi delle manifestazioni di piazza Tahrir, quando ancora Mubarak non aveva abbandonato il potere.

Ora, il problema non è di chi l’ha detto prima (anche se chi lo ha detto dopo non ha titoli per rivendicare granché), ma di capire perché tali ”soggetti”, che sapevano quello che stava accadendo, e sarebbe accaduto dopo “piazza Tahrir”, non l’hanno detto e/o scritto.
Probabilmente, per accompagnare la “rivoluzione” nella braccia dei Fratelli musulmani. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Non solo in Egitto, ma anche in Tunisia, in Libia. Ora, sia chiaro, nessuno desidera difendere l’operato dei “rais” destituiti e/o eliminati (per altro tutti “amici” e soci di vari governanti occidentali), ma solo tentare di ristabilire la verità dei fatti e delle intenzioni che vi stanno dietro.

Lo scriviamo da decenni: i diversi regimi arabi sono tutti, più o meno, autoritari, assolutisti. Più che “Stati canaglia” sono “Stati-caserma”. E’ giusto quindi che i giovani, le donne, i cittadini si ribellino a tali sistemi e pratiche illiberali ed è altrettanto giusto che la comunità internazionale (non solo alcuni paesi NATO) li aiuti a liberarsi dal giogo opprimente. Ma senza nuove guerre e, soprattutto, con l’obiettivo di andare avanti, nel segno della democrazia, del pluralismo, della libertà, della laicità e non per andare indietro, come sta avvenendo in tutti i Paesi “liberati”.

Insomma, appare evidente che in questi Paesi è in atto una drammatica regressione politica e culturale (anche rispetto ai vecchi regimi) che nessuno dei grandi media illumina, forse perché troppo concentrati sulla Siria a… spianare la strada del potere ai Fratelli musulmani, amici dell’Arabia Saudita e degli americani. Sappiamo che in Siria c’è una dittatura, ma deve essere quel popolo a liberarsene con le proprie forze e con i propri mezzi e non con armi e forze straniere come quelle provenienti dalla Francia e da altri paesi della Nato che sembra sia stata trasformata in un nuovo gendarme del mondo.

Tutto ciò è inaccettabile, anche perché si interviene soltanto contro i dittatori “disubbidienti” e si lasciano indisturbati i dittatori “amici”, in Medio Oriente e in altre regioni del Pianeta. E’, forse, questo il “nuovo ordine mondiale”?

In realtà, si tratta di pericolose ingerenze e di guerre costosissime per i bilanci dei Paesi partecipanti, fra cui l’Italia, nel bel mezzo di una crisi economica e finanziaria che sta seriamente intaccando i livelli di occupazione e di reddito e il sistema di protezione sociale. Invece di fare guerre in casa d’altri, i governi della Nato dovrebbero prima guardare in casa propria ed occuparsi delle condizioni di vita della (nostra) gente, della (non più) libera informazione, dei diritti civili e sociali (al lavoro, allo studio, alla salute, ecc).

Per altro, agiscono in nome della Nato che dovrebbe essere sciolta giacché, dopo il crollo e la dissoluzione del Patto di Varsavia, non ha più alcun motivo di esistere. Infatti, fu creata (nel 1949) per difendere l’Europa occidentale dal presunto pericolo “comunista” dell’Unione Sovietica. Pericolo inesistente – come abbiamo visto – poiché quei regimi, statalisti e autoritari, si sono autodistrutti da soli. Un nuovo ordine mondiale è necessario, perfino urgente, ma deve essere progettato e approvato nel segno della pace e della cooperazione fra i popoli, all’interno di una nuova Organizzazione delle Nazioni Unite e sulla base dei nuovi equilibri maturati e di nuove regole rispettose della libertà e sovranità degli Stati.

Per intanto, tornando alle “rivoluzioni” arabe, sarebbe il caso che qualcuno risponda ad alcuni, inquietanti interrogativi che l’opinione pubblica si pone.

Perché le potenze occidentali della Nato (Usa, Gran Bretagna, Francia e la povera Italia) le hanno appoggiate, anche militarmente, pur conoscendo la realtà delle cose e le conseguenze politiche cui si andava incontro?

Dove si vuole andare a parare? Qual è la (nuova) dottrina politica e militare? Forse, si è deciso di cambiare cavallo: dal dittatore logoro, ormai “scomodo”, alla potente organizzazione dei Fratelli musulmani che, per sua natura e statuto, è contraria alle legittime e laiche rivendicazioni degli internauti e dei progressisti in genere?

In ballo ci sono, come sempre, non le libertà dei popoli arabi, ma il loro petrolio e i grandi flussi di petrodollari che approdano comodamente in Europa e negli Usa. Petrolio e petrodollari ossia due elementi molto appetibili che hanno fatto la fortuna di petrolieri e banchieri d’Occidente e di principi regnanti d’Oriente.

Vedremo. Ma se così dovesse essere non si sta facendo un buon servizio per la pace e per la libertà del mondo arabo, per la cooperazione e il progresso pacifico dell’area mediterranea, per la stabilità dei Paesi del Sud Europa, e in generale per i buoni rapporti fra Europa e mondo arabo.