La proposta di Trump sulla “proprietà” di Gaza non funzionerà: ecco perché

Palestine Chronicle. Di Ramzy Baroud e Romana Rubeo. La proposta di Trump di “prendere possesso” di Gaza è una mossa sconsiderata che incoraggia Israele e minaccia la stabilità regionale.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rincarato la dose, proponendo ancora una volta che gli Stati Uniti prendano “possesso” di Gaza e la riqualifichino.

Queste nuove dichiarazioni sono giunte martedì 4 febbraio durante una conferenza stampa congiunta alla Casa Bianca con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

“Penso che le persone non dovrebbero ritornare”, ha detto Trump, riferendosi a Gaza. “Non si può vivere a Gaza in questo momento. Penso che abbiano bisogno di un altro luogo. Penso che dovrebbe essere un luogo che renda felici le persone”.

Sfruttando la dichiarazione provocatoria, Netanyahu ha subito risposto, definendo Trump “il migliore amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca” e lodandolo per “aver pensato fuori dagli schemi con nuove idee”.

I sostenitori di Netanyahu in Israele hanno celebrato quello che considerano come un momento storico. Il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich ha definito il piano di Trump “la vera risposta al 7 ottobre”. Ben-Gvir ha esortato Netanyahu ad adottare “immediatamente” il suggerimento, affermando: “È tempo di implementarlo e promuoverlo”.

I paesi arabi hanno respinto fermamente qualsiasi tentativo di pulizia etnica dei palestinesi. Il ministero degli esteri saudita ha prontamente rilasciato una dichiarazione riaffermando la propria posizione “ferma e incondizionata” sulla creazione di uno stato palestinese e respingendo “qualsiasi violazione dei diritti legittimi del popolo palestinese, le politiche israeliane di insediamento, l’annessione di terre o i tentativi di sfollare il popolo palestinese dalla sua terra”.

I commenti di Trump hanno destato un’enorme attenzione mediatica e scatenato reazioni politiche, principalmente per due motivi.

In primo luogo, sono commenti fatti alla presenza di Netanyahu, il che potrebbe indicare un possibile cambiamento nella politica estera degli Stati Uniti verso una direzione ancora più distruttiva in Palestina e nel resto della regione. In secondo luogo, Trump non stava parlando a braccio, ma leggeva da alcune annotazioni preparate in precedenza, il che significa che questa proposta viene considerata come un vero e proprio principio della politica estera.

Nel tentativo di comprendere la tempistica e la natura delle osservazioni di Trump, molti analisti le hanno collegate alla crescente influenza degli evangelici e degli estremisti pro-Israele all’interno della sua amministrazione. Altri hanno suggerito che Trump sta preparando gli Stati Uniti per una guerra regionale, mentre alcuni hanno liquidato la proposta come un ulteriore elemento della sua strategia della “massima pressione”.

Noi del Palestine Chronicle riteniamo che la proposta di Trump non sia né realistica né seria. Tuttavia, le conseguenze di una politica estera così sconsiderata saranno pericolose, sia nel breve che nel lungo termine.

Ecco alcuni dei motivi per cui Trump ha fatto questa proposta, a cui fanno seguito le obiezioni per cui lo spostamento dei palestinesi da Gaza non avverrà.

Per quali motivi Trump ha fatto questa proposta.

Uno. Trump vuole mantenere il cessate il fuoco a Gaza. Per farlo, ha bisogno di offrire a Netanyahu un successo politico che riesca a pacificare gli israeliani dell’intero spettro politico e impedire quello che molti ritengono sia l’imminente crollo del suo governo, persino una guerra civile.

Due. La sconfitta militare israeliana a Gaza ha lasciato sia Tel Aviv che Washington senza alcun vantaggio reale che permetta di ridefinire l’esito della guerra o la politica nella regione. Spostando la conversazione sulla sua proposta stravagante, Trump crede di poter rivendicare il risultato a favore degli Stati Uniti e Israele.

Tre. Trump capisce che l’Arabia Saudita è riluttante a normalizzare i legami con Israele. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo, i sauditi hanno iniziato a considerare Israele un partner poco affidabile, mentre il sostegno degli Stati Uniti a Israele ha spinto la regione verso una guerra totale.

La sconfitta di Israele a Gaza ha anche distrutto la sua immagine di potenza egemone nella regione, consolidando il ruolo della Resistenza e dell’Iran. L’idea di Israele come protettore contro l’Iran è praticamente scomparsa, rendendo la normalizzazione meno urgente, o addirittura non necessaria. La proposta di Trump è un disperato tentativo di potenziare Israele e di avvertire la regione che, con il sostegno degli Stati Uniti, può ancora causare devastazione in qualsiasi momento.

Quattro. Intensificando la sua retorica su Gaza, Trump sta concedendo a Israele più tempo e spazio per portare avanti una pulizia etnica incrementale in Cisgiordania. Secondo il governatorato di Jenin, quasi 4.000 famiglie, che rappresentano la maggioranza della sua popolazione, sono già state sfollate dal campo profughi. Campagne simili sono in corso in tutta la Cisgiordania settentrionale.

Mentre i media e i politici internazionali si concentrano sulla proposta di Trump per Gaza, Israele sta eseguendo la sua più grande operazione di pulizia etnica nella Cisgiordania occupata dalla guerra del 1967.

Cinque. Trump spera inoltre di utilizzare il caos politico generato dalle sue dichiarazioni per ottenere concessioni dai governi palestinesi e arabi. Il suo obiettivo principale rimane la Cisgiordania, come ha ribadito lunedì affermando che “Israele è un piccolo paese in quanto a territorio”.

Il compromesso che Trump probabilmente ha in testa è: abbandonare la sua campagna per la pulizia etnica di Gaza in cambio di concessioni territoriali palestinesi e arabe in Cisgiordania; o garantire la normalizzazione saudita senza un impegno israeliano per uno stato palestinese; oppure entrambe le cose.

Perché lo spostamento dei palestinesi da Gaza non avverrà.

Uno. Trump si affida alle stesse tattiche che la sua amministrazione ha usato durante il primo mandato. Tuttavia, il genocidio di Israele a Gaza e la resistenza palestinese, nel corso di 471 giorni, hanno rimesso la Palestina al centro della politica mediorientale. L’era della marginalizzazione della causa palestinese è finita.

Due. La resilienza dei cittadini di Gaza, che hanno portato avanti 471 giorni di resistenza contro Israele, è più forte che mai. Quando Trump ha suggerito di sfollare i palestinesi, un milione di persone non si stava trasferendo al confine tra Gaza e l’Egitto, ma si stava spostando verso nord, tornando alle proprie città e ai campi profughi, dimostrazione senza precedenti della forza che ancora ha la popolazione. È difficile immaginare che questi stessi cittadini di Gaza lascino volontariamente la loro terra per lasciare la “proprietà” a Trump e ai suoi alleati immobiliari.

Tre. Forse il punto più importante è che Israele ha già provato, usando innumerevoli armamenti statunitensi, a sfollare i cittadini di Gaza nel Sinai per 471 giorni. Nel tentativo di riuscirci, ha distrutto gran parte di Gaza e tutte le sue infrastrutture, ha creato carestia e ha ucciso o ferito oltre 173.000 persone, un numero che si prevede aumenterà drasticamente nei prossimi mesi.

Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il supporto degli Stati Uniti, eppure tutto è fallito. Non c’è nient’altro che gli Stati Uniti possano fare che non abbiano già fatto, incluso il genocidio e lo sterminio.

Quattro. I governi arabi hanno collettivamente respinto la proposta di Trump, che è stata anche condannata, direttamente o indirettamente, dai governi di tutto il mondo.

Il vero pericolo, tuttavia, non sta nell’invasione militare statunitense di Gaza per sradicare i palestinesi, ma nel fatto che il governo estremista israeliano potrebbe interpretare le parole di Trump come un assegno in bianco per accelerare la pulizia etnica in Cisgiordania e, forse, per tornare in guerra a Gaza, sostenendo di agire in linea con i desideri del presidente americano.

Mentre l’amministrazione di Joe Biden ha già dimostrato di essere priva di integrità morale sostenendo ed aiutando il genocidio di Israele a Gaza, una futura amministrazione Trump comporterebbe un approccio ancor più sconsiderato e sprovveduto.

Armata di un’arrogante incomprensione del Medio Oriente, di un completo distacco dalle realtà storiche, assieme allo zelo religioso della profezia biblica, la politica estera di Trump è niente meno che una catastrofe.

Se si descrivesse la sua nuova dottrina politica nella regione, sarebbe come un elefante in un negozio di porcellane. Nonostante l’assurdità, l’unico risultato possibile sarebbe la distruzione totale.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi