“La ricostruzione di Gaza è una missione lunga e piena di ostacoli, ma non ci fermeremo”

10352946_10203695740127605_534095739994617308_nInfoPal. La ricostruzione di Gaza è una missione lunga e irta di ostacoli. In 51 giorni di bombardamenti di cielo, terra e mare, lo stato sionista ha distrutto decine di migliaia di abitazioni, scuole, ospedali, moschee, edifici amministrativi, centrale elettrica, e altro ancora, per quasi 8 miliardi di dollari.

Ne abbiamo parlato con il presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, Mohammad Hannoun.

 

 

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Mohammad Hannoun, lei ha partecipato di recente a un convegno internazionale a Istanbul, “Gaza, vittoria e speranza”, sulla ricostruzione a Gaza. Quali sono i progetti e le politiche che verranno intraprese?

M.H. Si è trattato di un convegno importante, a cui hanno partecipato 250 tra ong palestinesi e arabe, e realtà associative da Europa, America, Africa e Asia. Si è discusso della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, dopo la feroce operazione israeliana di luglio e agosto.

E’ stato stimato un intervento di 100 milioni di dollari solo per l’emergenza, mentre i costi per una ricostruzione totale si aggirano intorno ai 9 miliardi di dollari. Sono infatti oltre 50 mila gli edifici da ricostruire, tra unità residenziali, scuole, università, ospedali, moschee…

Questa guerra israeliana ha distrutto interi quartieri, grattacieli da 15 piani. Un disastro umanitario e materiale.

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Quanti anni ci andranno per ricostruire? E dove troveranno i fondi?

M.H. Fondi e materiali edili sono le due principali questioni. 100 milioni di dollari sono pronti per fine anno, ma come sarà possibile far entrare i soldi? Le banche boicottano Gaza. E anche se riuscissero ad arrivare i capitali, come si fa a far entrare i materiali da costruzione, con tutti i valichi chiusi e i tunnel distrutti? Israele non lascia passare niente. Con l’accordo di tregua, ad agosto, Israele aveva promesso che avrebbe aperto i valichi, ma fino ad ora non ha fatto nulla. I “garanti” dei Palestinesi sono deboli – Turchia e Qatar -, mentre l‘Egitto sta pienamente contribuendo all’assedio di Gaza.

Il valico di Rafah, che collega l’Egitto con la Striscia, andrebbe aperto subito, ma non succede… Da Rafah potrebbero entrare delegazioni, che sarebbero importanti testimoni della situazione a Gaza. Potrebbero poi raccogliere fondi, in giro per il mondo, per sostenere la ricostruzione, ma il Cairo è complice e non sente ragioni. Non dice che il valico è chiuso, ovviamente, ma ha complicato così tanto il passaggio, chiedendo documenti e lettere di autorizzazione delle Ambasciate dei Paesi di provenienza di ogni visitatore, che è praticamente impossibile entrare.

E i tunnel?

M.H. I tunnel sono quasi tutti distrutti, in particolare quelli da cui passavano cemento e altri materiali edili.

I gazawi si adattano a tutto, inventano, non si danno per vinti, come successe dopo l’altra brutale operazione israeliana, Piombo Fuso, nell’inverno 2008-2009, ma qui si tratta di ricostruire 50 mila edifici…

Si è parlato di costruire fabbriche per caravan… In Giordania ne verranno prodotti 1000 e altri 1000 in Turchia, il problema è farli entrare a Gaza…

Come pensate di affrontare questi ostacoli?

M.H. Prenderemo contatti con politici europei, perché incontrino i loro omologhi egiziani e li convincano a fare pressioni sul governo del Cairo per aprire il valico di Rafah…

Viviamo in tempi difficili. Il sistema mondiale, l’Onu, i Paesi islamici, l’Europa sono silenti, mentre gli Usa e altri Stati forniscono armi e sostegno a Israele, lasciando i Palestinesi da soli. Nessuno ha il coraggio di denunciare i crimini israeliani. Addirittura, la recente guerra israeliana contro Gaza è stata finanziata anche da Paesi arabi, passando da amici di Israele a complici…Ma tutto ciò non può fermare la solidarietà dei popoli liberi della Terra e di alcuni governi, in particolare dell’America Latina, nei confronti dei Palestinesi.

Aspettiamo anche il risveglio delle coscienze dei politici italiani, perché si schierino a favore delle vittime e non dei carnefici.

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