Ramla – MEMO e Wafa. Il prigioniero palestinese Ahmad Manasra non è riuscito a comunicare con il suo avvocato che lo ha visitato venerdì per esaminare le sue condizioni di salute mentale all’Ospedale della prigione di Ramla.
L’avvocato Khaled Zabarka ha affermato che il 21enne Manasra non comunicava visivamente o verbalmente e mostrava gravi segni di malattia e esaurimento generale.
Inoltre, sono apparse tracce di ferite lungo il lato sinistro del braccio, fino al polso, oltre che sul braccio destro.
Il gruppo psicologico che segue il caso di Manasra con la squadra di difesa ha espresso preoccupazione per il suo stato psicologico a causa della violenza, dell’isolamento e dell’oppressione a cui è sottoposto nelle carceri israeliane.
Di conseguenza, la squadra di difesa ha presentato una richiesta urgente all’Autorità penitenziaria israeliana per il rilascio immediato di Manasra, sottolineando che il giovane – detenuto da quando era minorenne – richiede una diagnosi professionale, un trattamento con farmaci adeguati e la fine del suo isolamento.
Il gruppo ha affermato di ritenere l’occupazione israeliana responsabile per “il deterioramento delle condizioni fisiologiche di Ahmad, in particolare, e della sua salute, in generale”, aggiungendo che “il mancato rispetto delle condizioni di salute di Ahmad potrebbe portare ad un grave problema psicologico”.
Manasra è detenuto illegalmente da sette anni dall’occupazione israeliana, in circostanze orribili, e attualmente soffre di gravi problemi di salute mentale. Fu arrestato a soli 13 anni e interrogato violentemente senza la presenza di un avvocato o dei suoi genitori.
Ha ricevuto una pena detentiva di 12 anni – poi ridotta a nove – per il tentato omicidio di un ragazzo di 20 e di uno di 12 anni in una colonia nella Gerusalemme Est occupata, nonostante non avesse preso parte all’attacco. Suo cugino fu ucciso a colpi d’arma da fuoco da un israeliano nel 2015, mentre Manasra fu brutalmente picchiato da una folla ed investito da un autista israeliano, e lasciato con ferite alla testa. Al momento del suo arresto, la legge israeliana stabiliva che i bambini di età inferiore ai 14 anni non potevano essere ritenuti penalmente responsabili.
Il mese scorso, il Servizio carcerario israeliano (IPS) ha presentato una richiesta al tribunale distrettuale di Beersheba chiedendo l’estensione del suo isolamento.
Traduzione per InfoPal di F.H.L.