La scomparsa dei fatti. Come ti trasformo una normale serata sul Libano in ‘antisemitismo’.

Ha ragione Marco Travaglio quando dice, nel suo nuovo libro, che i fatti nel giornalismo italiano sono scomparsi. Ecco dunque che, non essendoci più, li si costruisce ad arte, “artatamente” appunto. Li si crea ad hoc. Un esempio, anzi due esempi, li abbiamo avuti in questi giorni a Torino e provincia. In uno dei due casi che racconterò, addirittura si ha un qualche cosa di incredibile: un fatto costruito ancora prima che la cosa accadesse (preveggenza?), quasi a dire preventivamente: “attenzione, non andate a quella conferenza perché lì sono antisemiti, lì assisterete ad un processo contro Israele senza possibilità di difesa”. Come dire: non si può parlare della politica di Tel Aviv, soprattutto a pochi giorni dalla Giornata della Memoria.

E’ successo appunto il 1° febbraio scorso a Caselle Torinese, a pochi minuti dall’aeroporto di Torino. Un Circolo cultural-politico intitolato a Enrico Berlinguer ha invitato il giornalista Fulvio Grimaldi a proiettare il video “Delitto e castigo” “sull’aggressione israeliana al Libano – recitava la locandina-invito – sui connessi crimini e conseguenze, sull’intervento detto di “pacificazione” dell’Onu, sul futuro del paese tra movimento di massa, oligarchia borghese e nuovo colonialismo euro-israelo-statunitense”.

Qualche giorno prima dell’evento, appunto preventivamente, solo quattro o cinque copie del volantino-locandina, per un equivoco, avevano stampigliato il logo dell’amministrazione comunale di Caselle Torinese. Mentre gli altri, in distribuzione ovunque, anche via mail, non l’avevano. Chiarito subito l’equivoco con l’amministrazione e gli organizzatori (“un mero errore materiale fatto in assoluta buona fede” hanno sottolineato con un comunicato dall’amministrazione casellese, guidata da una coalizione de La Margherita), ciò non è bastato.

Un consigliere e capogruppo DS alla Provincia ha avuto il volantino e ha chiamato il sindaco della piccola cittadina “per amicizia – come lui stesso ha dichiarato ai giornali- per fargli presente che la cosa non era particolarmente gradita in certi ambienti della comunità ebraica torinese”.

Tanto che lo stesso presidente della suddetta comunità ebraica (preventivamente e senza ancora aver né visto il video, né tantomeno parlato con Grimaldi), dichiarava alla cronaca torinese del quotidiano La Repubblica (che ha “costruito artatamente” ben una pagina “preventiva” sulla questione il 30 gennaio scorso): “Protesto come cittadino, prima ancora che come responsabile della comunità perché la serata è chiaramente orientata a sostenere una tesi e un’amministrazione comunale non può schierarsi in questo modo”. Dunque non si può parlare della politica di aggressione del governo israeliano senza rischiare di essere accusati di antisemitismo? Molto spesso, infatti, si confondono volutamente i due piani: nessuno ha mai negato la Shoah, però non è possibile giustificare la politica neocolonialista di Israele e degli americani che ci stanno dietro.

Lo stesso Grimaldi, in una sua lettera fatta avere ai giornali prima della serata, scriveva che “criticare la politica del governo di Israele, e di quella ad esso alleata degli Usa, non può quindi in alcun modo essere classificato come parti di antisemitismo. Se lo si fa, si ricorre a atteggiamenti strumentali di dubbia fondatezza. Personalmente non ho mai ricevuto rilievi da parte della comunità ebraica italiana, né da singoli esponenti di tale comunità, all’interno della quale, del resto, si possono individuare voci anche più critiche della mia”.

Dopo 1 ora e dieci minuti di questo video (che dice la realtà così come sta, nuda e cruda, con immagini tragiche di morti, donne e bambini, sterminati spesso – come dicono i medici che hanno esaminato i corpi e operato i feriti che avevano bruciature e ferite senza nessun tipo di scheggia nel corpo, intatti fuori ma dilaniati dentro – con armi non convenzionali come il fosforo, l’uranio, laser ed ogni altro tipo di diavoleria bellica), ebbene lo stesso presidente della comunità ebraica, intervenendo, non ha fatto altro che ribadire che per tre ore ha assistito ad un processo a Israele, senza possibilità di difesa. Che Israele da oltre sessant’anni sta cercando una terra e che gli è stata data nel 1948 e che si sentono assediati. Nel suo intervento Levi non ha fatto alcun riferimento su ciò che è stato visto, a dimostrazione che il suo intervento era stato preparato.

Con pieno rispetto per gli ebrei e la Shoah che nessuno nega, il presidente della comunità ebraica non ha saputo argomentare e confrontarsi sul video e sui fatti.

Dalla serata si è usciti amareggiati da questa polemica ed attacco che molti hanno letto come strumentale e costruito. La possibilità del confronto c’era. Spiace però constatare che, dietro a questo gran can can mediatico preventivo, la notizia non c’era. La vera notizia è quella che il presidente del Circolo “E. Berlinguer” ha definito a Repubblica come una polemica “fomentata ad arte da esponenti politici locali per meri calcoli di bottega”. Tra qualche mese, infatti, a Caselle Torinese si avranno le elezioni comunali. E ciò la dice lunga sull’episodio!

 

Davide Pelanda

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