‘La sorveglianza della polizia segreta d’Israele sui leader musulmani’.


Jonathan Cook

The Electronic Intifada – 4 maggio 2010

Un tribunale del lavoro ha svelato che, i colloqui di assunzione per la posizione di Imam nelle moschee in Israele non vengono condotte da leader religiosi (musulmani) bensì dallo Shin Bet – la polizia segreta di Israele.

Lo Sheikh Ahmed Abu Ajwa, 36 anni, sta conducendo una lotta contro il rifiuto dello Shin Bet di approvare la sua nomina ad Imam. Il suo caso ha fatto luce sull'intero sistema con cui Israele esercita una sorveglianza segreta sui leader musulmani nel paese.

Nel corso di un'udienza, lo scorso mese, un ufficiale superiore del governo israeliano ha ammesso che ci sono 60 ispettori in borghese in circolazione i quali lavorano come spie per raccogliere informazioni sui leader spirituali musulmani. Raccolgono informazioni sulle opinioni politiche rilasciate durante i sermoni e ricercano gossip sulle vite private dei religiosi.

Dopo che tre anni fa, lo Shin Bet aveva rifiutato, la sua nomina ad Imam (nonostante fosse l'unico candidato) della moschea di Giaffa, vicino Tel Aviv, lo Sheikh Abu Ajwa ha deciso di portare il suo caso in tribunale.

Sebbene la figura di Imam non rientri tra le categorie che ufficialmente vengono relazionate a questioni di sicurezza, nel suo caso gli fu detto che le sue posizioni erano troppo “estremiste” ed eccessivamente critiche nei confronti dello Stato di Israele.

“A colloquio con lo Shin Bet, mi e' stato detto che, si stavano raccogliendo informazioni su di me sin da quando avevo 15 anni” ha riferito lo Sheikh Abu Ajwa.

“Sono il primo Imam ad aver sfidato cosi' apertamente il ruolo dello Shin Bet nelle nomine e pertanto è importante vincere una questione legale senza precedenti nel tentativo di porre fine a simili interferenze”.

Michael Sfard, avvocato per i diritti umani e difensore dello Sheikh Abu Ajwa, afferma che, nel caso delle nomine dei rabbini, non si incontrano simili intromissioni.

“Questo tipo di sorveglianza su posizioni che nulla hanno a che vedere con la sicurezza fanno balenare (dalla Germania dell'est al periodo McCarthy negli USA)”.

Alla nascita dello Stato di Israele, la tradizionale indipendenza delle autorità islamiche locali fu rimossa con la contestuale rimozione di tutte le proprietà' waqf – redditi ricavati dalla terra e proprietà ad uso della comunità' musulmana della Palestina. In quel modo si rimosse la principale fonte di rendita per cariche religiose, tribunali sciaraitici e servizi caritatevoli.

In base agli storici, prima del 1948, ben 1/5 della terra coltivabile della Palestina era proprietà' waqf. Israele ne trasferì' la maggioranza alle organizzazioni sioniste come il Fondo Nazionale Ebraico oppure le vendette ad imprenditori.

A partire da quegli anni, centinaia di moschee, cimiteri e siti religiosi furono gestiti dal Ministero per gli Affari Religiosi o dal Consiglio Islamico nominato dal governo.

Prima di essere nominati, e per poter percepire un salario pubblico oggi, Imam e giudici sciaraitici devono sottoporsi a colloqui di sicurezza.

La minoranza araba palestinese all'interno di Israele, ovvero 1/5 della popolazione, ha denunciato a lungo il fatto che, i propri leader musulmani non fossero altro che uomini sottoposti al governo ed il cui percorso di studi religiosi avviene in stretta collaborazione con le autorità.

Sabri Jiryis, storico di Israele, nota come il consiglio di amministrazione raggiri le decisioni di governo al fine di liquidare le proprietà islamiche ad imprenditori. Tra i casi più celebri, nel 1971, il consiglio di Giaffa approvò la vendita di un cimitero musulmano, sito a Tel Aviv, sul quale poi è stato costruito un hotel Hilton.

Lo Sheikh Abu Ajwa dichiara: “A Giaffa, il governo ha nominato numerosi leader religiosi che hanno dimostrato ed accordato la propria fedeltà al governo anziché al resto della comunità musulmana e, sebbene non si possa vendere quanto appartiene a Dio, questi lo hanno fatto ed hanno svenduto la nostra proprietà”.

Giaffa era una capitale commerciale della Palestina, oggi ha circa 50.000 residenti di cui 1/3 sono ebrei ed il resto musulmani.

Lo Sheikh ha predicato nella moschea di Jabaliya da quando aveva 19 anni ed è stato l'Imam più giovane nella storia di Israele. Nel 1998, ha conseguito la qualifica religiosa presso il Collegio islamico di Umm Al-Fahm – città all'interno di Israele.

Da quando il suo predecessore è andato in pensione, tre anni fa, l'intera comunità riconosce il giovane Imam senza però che questo abbia mai ricevuto il riconoscimento ufficiale dal Ministero e senza alcun diritto a percepire uno stipendio.

Durante il processo di reclutamento, lo Sheikh fu interrogato da un ufficiale dello Shin Bet chiamato “Dror” il quale, in quell'occasione, sfoggiò una serie di cartelle contenenti informazioni private su di lui e raccolte proprio da ispettori in borghese. Dror, gli disse: “Siamo noi a decidere chi sarà il prossimo Imam” e l'interrogatorio riguardò principalmente domande di carattere politico.

Le basi dello Shin Bet contro la sua nomina, presentate in tribunale sostenevano che “la nomina dello Sheikh Abu Ajwa avrebbe potuto mettere a rischio sicurezza e pace a Giaffa”. In seguito, lo Shin Bet fece sapere al quotidiano israeliano Haaretz che lo stesso Sheikh aveva partecipato a lungo in attività ostili e d'incitamento contro lo stato ed i suoi cittadini ebrei”.

Lo Sheikh Abu Ajwa afferma invece che, queste accuse, sono collegate alla sua relazione con il leader del Movimento Islamico a Giaffa, lo Sheikh Raed Salah, il quale provoca l'ira degli ufficiali ebrei per mezzo delle sue campagne contro le minacce di Israele sulla Moschea di Al-Aqsa e attraverso il suo dichiarato sostegno al boicottaggio delle elezioni parlamentari.

Nel 2007, il capo dello Shin Bet, Yuval Diskin, ammonì e ricordò quali fossero i compiti della sua agenzia; prevenire qualunque attività – tra cui anche quelle di carattere democratico – che fossero considerate andare contro gli interessi dello Stato di Israele.

Lo scorso mese, Yaakov Salameh, capo del dipartimento per le minoranze religiose presso il Ministero degli Interni, ha riferito in tribunale che gli ispettori raccolgono informazioni sui leader religiosi, tra cui fatti di carattere strettamente privato, come se ad esempio il rapporto che hanno con la propria prole – se hanno mai rimproverato i propri figli. Tali informazioni vengono poi utilizzate dallo Shin Bet per arguire sull'eventuale nomina.

Sfard afferma che si è trattato di un'ammissione “straordinaria” dal momento che, in base alla legge israeliana, i fatti che riguardano le nomine di cariche religiose, possono essere prese in considerazione solo nel caso in cui il candidato accetti che tali informazioni vengano trasmesse.

David Baker, portavoce dell'ufficio del Primo Ministro e responsabile per gli affari dello Shin Bet, si è invece rifiutato di commentare se la nomina dei rabbini segua o meno le medesime procedure di quelle per gli Imam.

Lo Sheikh Abu Ajwa ha fatto notare che, molti rabbini, soprattutto coloro che abitano e predicano nelle colonie, rilasciano dichiarazioni “decisamente estremiste e nessuno fa la spia. Di fatti, essi godono del pieno sostegno governativo”.

Certo, lo Sheikh ammette di essere stato schietto durante i suoi sermoni, ma ammette pure di non aver mai contraddetto la legge – israeliana – o di aver mai incitato alla violenza.

“Ho parlato della nostra identità – quella palestinese – ed ho criticato le politiche statali di maltrattamento contro di noi, che siamo la minoranza. Ci sono questioni particolarmente sensibili sulle quali 'loro' stanno cercando di azzittirci”.

“Sappiamo tutto sul tuo conto e ti osserviamo in continuazione” gli è stato detto dallo Shin Bet in uno degli interrogatori.

“Spesso, l'obiettivo di simile approccio è proprio quello di reclutare informatori tra i leader religiosi musulmani”, aggiunge lo Sheikh Abu Ajwa.

Traduzione di Elisa Gennaro

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