La strumentalizzazione degli aiuti umanitari impoverisce i palestinesi

MEMO. La Banca mondiale ha rilasciato un comunicato stampa, nel mese di marzo, in cui si afferma che il peggioramento delle condizioni umanitarie a Gaza impedisce la crescita economica.
Tra i fattori di destabilizzazione si annoverano il mancato accesso ai servizi di base, la disoccupazione e il taglio dei fondi dell’UNRWA. La violenza coloniale d’Israele è stata completamente esclusa dall’analisi presentata nel comunicato stampa. E’ stato, inoltre, affermato che “l’efficace sistema di governo e il rafforzamento istituzionale sotto la leadership dell’Autorità palestinese sono la chiave per una ripresa sostenibile”; nonostante sia noto che l’Autorità palestinese sia marcia e corrotta e faccia gli interessi d’Israele e non quelli dei palestinesi.
Mercoledì 25 luglio, la Banca mondiale ha suggerito uno stanziamento di 90 milioni di dollari “azione necessaria per favorire il benessere economico del popolo palestinese”. Nella sua dichiarazione, il vice-presidente del gruppo della Banca Mondiale per la regione del Medio Oriente e del Nord Africa, Ferid Belhaj, ha chiarito il coinvolgimento dell’istituzione negli aiuti umanitari e allo sviluppo, mentre sembra escludere la politica dal quadro più ampio. Anche in questo caso, Israele è assolta dai crimini che hanno fatto precipitare i palestinesi in una terribile crisi umanitaria in primo luogo, mentre l’Autorità palestinese, che collabora con Israele per privare Gaza dei sevizi di base, occupa il centro della scena come strumento per la ripresa.

Per usare le parole di Marina Wes, Direttore regionale per la Cisgiordania e Gaza, “La Banca mondiale, rafforzando la cooperazione con l’Autorità palestinese, continua a offrire il proprio supporto per rafforzare le istituzioni, gestire con efficienza le finanze pubbliche e fornire servizi ai cittadini”.
La maggior parte dei palestinesi non sarebbe d’accordo con questa dichiarazione. Le istituzioni dell’ANP si stanno rafforzando per assicurarsi la sopravvivenza alle spese del popolo palestinese, sfruttato dal modello neo-liberale in atto. Mentre i palestinesi sono messi ai margini e la loro esclusione è normalizzata, la dipendenza dagli aiuti umanitari e economici è consolidata. Questo risulta in un approccio politico di convenienza che adotta il contesto umanitario e lo presenta come apolitico. Mentre il divario tra il governo e il popolo aumenta, con un’ulteriore emarginazione del secondo, gli attori rimasti, in questo caso la Banca mondiale e l’ANP, sono liberi di fare un discorso sullo sviluppo che faccia leva sulla solita formula dei benefattori e l’offuscamento della crescita economica parallelamente alla situazione umanitaria predominante.
Dal momento che i leader e le istituzioni si astengono dal considerare la crisi palestinese all’interno del contesto coloniale e collaborativo, l’azione della Banca mondiale è esente da un’ulteriore analisi. Bisogna notare che l’emarginazione dei palestinesi ha un’altra conseguenza pericolosa che viene ignorata, i crimini perpetrati da Israele non sono considerati e i colpevoli possono agire impuniti.

Non esiste un conferimento di poteri ai palestinesi nel contesto coloniale israeliano. Non riconoscere questo fatto così come non considerare il ruolo dell’Autorità palestinese come pura retorica, significa contribuire a una situazione in cui gli aiuti economici finanziano la perpetrazione di crimini contro i palestinesi, mentre il popolo è costretto a assumersi la responsabilità dei compromessi dei leader e delle istituzioni.

Leggendo la dichiarazione del Coordinatore speciale delle Nazioni Unite, Nickolay Mladenov, in merito alla comunicazione della Banca mondiale, si nota un’affermazione dissociata che, oltre a risultare ripetitiva, è anche un esempio di come le Nazioni Unite incoraggino il modello neo-liberale: “L’aumento significativo di fondi ha luogo in un momento cruciale in cui è necessario intervenire urgentemente per evitare un nuovo conflitto e incentivare le opportunità economiche e i mezzi di sostentamento per il popolo palestinese”.
Inoltre, il Coordinatore afferma che “collaborare con l’ANP è esattamente il tipo di risposta necessaria in questo momento”.
Se, come suggerito da Mladenov, le istituzioni stanno presentando le soluzioni necessarie alla crisi umanitaria in cui versano i palestinesi (questo, tenendo presente l’esistenza di un ciclo infinito di presunte soluzioni, che non hanno risolto niente), non è forse giunto il momento di smentire e respingere la diffusione dei discorsi delle istituzioni internazionali e, soprattutto, mostrare quanto la crisi palestinese sia fonte di guadagno per Israele, l’Autorità palestinese e la comunità internazionale? Gli aiuti umanitari e economici non dovrebbero essere strumentalizzati a vantaggio degli occupanti coloniali e a scapito delle loro vittime.

I pareri espressi in quest’articolo appartengono all’autore e non necessariamente riflettono la politica editoriale di Middle East Monitor.

Traduzione per InfoPal di Emanuela Turano