La terra giusta per testare gli armamenti

Di James  M. Wall – The Palestine Chronicle

50 anni dopo la guerra dei Sei giorni (5-10 giugno 1967), l’occupazione israeliana del popolo palestinese offre opportunità di affari ad alcuni, e causa grande oppressione ad altri.
Iniziamo con le opportunità di affari, viste con gli occhi del governatore di New York Andrew Cuomo.
Alex Kane, sulla pubblicazione alternativa Indypendent, getta le basi: «Il 5 marzo il governatore Andrew Cuomo è volato in Israele per manifestare solidarietà con gli ebrei in seguito a un incremento dell’antisemitismo  a New York. Ma il viaggio è servito anche a lanciare un nuovo progetto che mira a unire di nuovo Israele e New York».
Furbo, Cuomo; fa affari che aiutano la sua città facendosi bello nei confronti dei propri votanti e finanziatori.
All’arrivo di Cuomo in Israele, egli è stato portato all’hotel King David attraverso un’autostrada ben tenuta e sicura, e lì egli ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha annunciato «la creazione di una nuova commissione tra New York e Israele, un’iniziativa volta a rafforzare i già forti legami tra Israele e lo stato con il maggior numero di ebrei negli Stati Uniti».
Tra i compiti della commissione, la connessione tra «l’applicazione del diritto di New York e le forze di sicurezza israeliane».
Un’ora più tardi «il governatore di New York si trovava fuori dal quartier generale della polizia della città vecchia di Gerusalemme con Gilad Erdan, ministro israeliano della sicurezza pubblica e degli affari strategici, a elogiare la capacità di Israele di mantenere sicura Gerusalemme».
Cuomo ha elogiato l’uso fatto dalle forze di sicurezza israeliane della tecnologia come «qualcosa da cui possiamo imparare qualcosa», e ha aggiunto che le forze dell’ordine di New York dovrebbero imparare da Israele a combattere la minaccia dei «lupi solitari».
Il New York Times ha offerto la sua analisi politica: «La comunità ebraica è sempre un elettorato politico molto importante a New York», ha scritto Gerald Bejamin, docente di scienze politiche presso l’università di Stato di New Platz, «anche per il finanziamento di elezioni e campagne nazionali». Il professor Benjamin si riferisce alla speculazione che circonda Cuomo, il cui nome è uscito tra i possibili candidati democratici per le presidenziali del 2020.
Da una finestra del King David hotel, dove Cuomo ha tenuto la sua conferenza stampa, guardando verso est si vede la valle di Hinnom, la Geenna del Nuovo Testamento, che gli antichi associavano al fuoco, al giudizio, al lago di fuoco, al fuoco eterno e alll’inferno. La valle è stato anche il luogo in cui i primi gruppi pagani praticavano i sacrifici di bambini.
Lì fuori ci sono anche Gerusalemme est e la Cisgiordania, territori conquistati da Israele nel giugno di 50 anni fa, ora terre occupate su cui le lodate forze di sicurezza israeliane testano le tecnologie che gli permettono di mantenere «la loro gente al sicuro».
Il dipartimento di polizia newyorkese di Cuomo è uno dei tanti dipartimenti americani i cui funzionari si sono recati in Israele, di solito, come scrive Alex Kane «per seguire i gruppi pro-israele in un tour del paese e per parlare con le forze di sicurezza israeliane sul modo di mantenere sicuro il loro paese».
Israele ha una reputazione di leader mondiale nell’uso di armamenti costruiti in patria, e nello sviluppo di compagnie di sorveglianza di successo. La sicurezza è «parte centrale dell’economia israeliana», e da Israele si esportano «miliardi di dollari in armamenti e congegni di spionaggio virtualmente in ogni parte del mondo».
Perché Israele è tanto stimato per le attrezzature e le tecniche sulla sicurezza?
Shir Hever, un ricercatore israeliano autore del libro The Political Economy of the Occupation, sa perché: «Tutte le compagnie israeliane risponderebbero immediatamente alla domanda. Noi abbiamo una reale esperienza, e abbiamo testato questi armamenti sugli esseri umani».
La scorsa settimana c’è stato il 50 esimo anniversario della guerra dei Sei giorni, il conflitto in cui Israele ha sconfitto gli eserciti arabi dei paesi confinanti e ha completato la conquista dei terreni palestinesi con la Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est, ora conosciuti come Territori palestinesi occupati.
La guerra del 1967 ha pure aggiunto la penisola del Sinai e le alture siriane del Golan al controllo israeliano. Da allora Israele si è ritirato dalla penisola egiziana del Sinai.
Israele ha preteso, negli ultimi 50 anni, di considerare temporanea l’occupazione, per mezzo della sua falsa narrativa. In questi 5 decenni Israele ha costruito una forza di occupazione del suo esercito (le forze di difesa israeliane), le guardie di confine e la propria polizia.
Ciò che interessa al governatore di New York Cuomo è la competenza sulla sicurezza di Israele. Egli non dimostra di essere consapevole del fatto che i bisogni di sicurezza israeliani sono fittizi. I palestinesi che vivono sotto occupazione sanno che la padronanza israeliana sulla sicurezza è finalizzata all’arresto del popolo palestinese.
Perché ciò cambi, deve cambiare Israele. I politici come il governatore Cuomo rispondono in gran parte a ciò che vogliono gli elettori, o a ciò che pensano essi vogliano. Se gli israeliani si rendessero conto di ciò che l’occupazione sta facendo ai palestinesi e a Israele, non avrebbero nessun problema a convincere i politici americani che i 50 anni di occupazione hanno causato un disastro per il popolo ebreo.
Una delle organizzazioni ebraiche in Israele, ben conscia di ciò e attiva in questo senso, è B’Tselem, il Centro d’informazioni israeliano per i diritti umani nei Territori occupati.
B’Tselem ha pubblicato una dichiarazione il 6 giugno scorso, nella quale descrive ciò che accadde 50 anni fa, quando, il 5 giugno 1967, iniziò la creazione di una realtà dal punto di vista israeliano. Questa dichiarazione riassume la vera occupazione che il governatore Cuomo ha fatto in modo di ignorare nel suo fervore pro-israeliano.
La dichiarazione di B’Tselem sull’attuale realtà palestinese è indirizzata al pubblico israeliano: «La realtà è che la terza e la quarta generazione di palestinesi non sanno cosa significhi vivere liberi, e che la terza e la quarta generazione di israeliani non sanno cosa voglia dire non essere occupanti.
Israele controlla 13 milioni di persone nella terra tra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano, ma solo 8 milioni di loro contano realmente e possono partecipare a costruire un futuro qui. E’ una realtà che, indipendentemente da come la si consideri, dimostra che Israele non può essere definito democratico.
Come ha fatto l’occupazione ad arrivare al 50 esimo anniversario?
Forse perché riusciamo ad autoconvincerci che si tratta di una cosa temporanea: è solo un altro ‘momento di lotta’, solo un’altra campagna elettorale, finché c’è un ‘partner palestinese’, e del resto la sottoscrizione di un accordo finale è sempre dietro l’angolo.
Ma i governi israeliani non hanno mai considerato l’occupazione temporanea. Per anni e anni, Israele si è comportato come se la terra – senza i palestinesi che ci vivono – fosse sua da sempre, ed è lì per sé, per essere usata a suo piacimento.
Forse è perché l’occupazione non tocca le nostre vite quotidiane in quanto cittadini israeliani: abbiamo creato un sistema di polizia che ci assicura che nessuno di coloro che sono responsabili dell’occupazione continua e delle relative violazioni dei diritti umani sia dichiarato responsabile.
Siamo anche riusciti a modificare la legge in modo da non dover quasi mai pagare per i danni che causiamo a qualsiasi palestinese. Così, sentendoci completamente nel giusto, otteniamo un timbro legale di approvazione, innanzi tutto dalla Corte suprema, che ci dà il permesso di fare tutte le cose collegate con l’occupazione: il furto di terreni, i blocchi stradali, le demolizioni di abitazioni, il blocco decennale della Striscia di Gaza, solo per nominarne alcune.
Oppure è perché nulla di tutto ciò ostacola il continuo, diffuso appoggio internazionale verso Israele. Tale contesto internazionale gioca un ruolo su di noi, che non abbiamo alcun costo da pagare per l’occupazione: il fatto che non ci sia un prezzo da pagare fa risaltare gli scorsi 50 anni».
B’Tselem è stato fondato nel  febbraio1989 da un gruppo di accademici, legali, giornalisti e membri del parlamento israeliano.
La sua dichiarazione d’intenti descrive il lavoro di B’Tselem in questo modo: «Vogliamo documentare ed istruire il pubblico israeliano e i decisori politici riguardo le violazioni sui diritti umani che avvengono nei Territori occupati, combattere il fenomeno di negazione che prevale nell’opinione pubblica israeliana e aiutare a costruire una cultura dei diritti umani in Israele».
Il «fenomeno di negazione» si applica altresì ai supporter di Israele negli Stati Uniti. Questa gravosa occupazione sta per entrare nel 51 esimo anno. I leader politici come il governatore di New York negano le sofferenze di un popolo recluso, mentre elogiano gli occupanti per le loro politiche efficienti e redditizie.

Traduzione di Stefano Di Felice