La testimonianza di un detenuto minorenne arrestato e picchiato dai soldati israeliani

Ramallah-InfoPal. Il centro al-Ahrar per gli studi sui detenuti e i diritti umani ha raccolto la testimonianza dell’adolescente palestinese Saddam al-Ja’abari, 14 anni, arrestato nei pressi della moschea di Ibrahim, a Hebron, il 7 dicembre scorso, e rilasciato su cauzione dopo cinque giorni, nei quali è stato sottoposto a trattamenti crudeli. 

Raccontando le circostanze del suo arresto, al-Ja’abari ha dichiarato: ”Mi ero recato nella moschea di Ibrahim, dove vado di tanto in tanto, e mi ero seduto senza rendermi conto della presenza di un coltello accanto a me, che in realtà non era mio, quando un soldato israeliano l’ha notato pensando che fosse mio. Allora, è cominciato un duro interrogatorio, nel quale lui ha cercato di ottenere la mia confessione, con la forza e le percosse. 

“Altri due soldati hanno raggiunto il loro collega, e hanno iniziato picchiarmi, urlando e minacciando di arrestarmi, poi mi hanno ammanettato, bendato gli occhi e caricato su un veicolo militare, mentre continuavano a menarmi, il tutto senza che i miei sapessero dell’accaduto.

”Mi hanno portato all’insediamento di Kiryat Arba, vicino a Hebron, dove sono stato interrogato e picchiato duramente, poi sono stato lasciato, legato e con gli occhi bendati, dalle otto di sera fino all’una del mattino, senza mangiare né bere”. 

Il giorno successivo, racconta al-Ja’abari, “mi hanno caricato di nuovo su un veicolo militare, dicendomi che mi avrebbero portato ad Etzion; arrivati lì, mi hanno rinchiuso in cella per tutto il giorno, e da mangiare mi hanno dato un po’ di pane raffermo, farcito con poco formaggio. 

”Non sapevo che ore fossero, ma aspettavo con ansia che tutto finisse, quei momenti vissuti nella cella sono stati i più difficili della mia vita. E dopo un po’ di tempo, che mi è sembrato lunghissimo, un soldato mi ha legato le mani e bendato gli occhi ancora, e mi ha detto che sarei stati trasferito a ‘Ofer, e processato. In tribunale hanno cercato di costringermi ad ammettere che il coltello era mio, ma io ho rifiutato, e le seduta è stata rinviata”. 

Saddam al-Ja’abari ha rivelato di essere stato in cella con altri detenuti: “Erano tutti giovanissimi, ma io ero il più più piccolo, e sono rimasto sconvolto dal dolore che ho visto, alcuni erano malati, altri non ricevevano le visite dei genitori e altri non potevano nemmeno ricevere il denaro inviato dalle proprie famiglie. Ho visto casi molto drammatici, a tal punto che le mie condizioni sembravano le più sopportabili”. 

L’ultimo processo nei confronti di al-Ja’abari si è svolto il 12 dicembre scorso: la Corte ha decretato il suo rilascio, ed egli ha potuto riabbracciare la propria famiglia e tornare alla sua vita di tutti i giorni, lasciandosi dietro migliaia di storie e testimonianze di detenuti, soprattutto minorenni, che soffrono nelle carceri israeliane.