La triplice Nakba di una famiglia palestinese: iniziata a Jaffa nel ’48 e proseguita a Gaza

YarmoukGaza-Quds Press. Abdul Hadi al-Shantaf sta vivendo la sua ennesima Nakba: è appena giunto nella Striscia di Gaza, sfuggito dall’inferno del conflitto siriano, che ha definito “una nuova tragedia” che ha travolto la sua famiglia, “divisa tra la Siria, Beirut e Gaza”.

Il 65° anniversario della Nakba ha riaperto le ferite di al-Shantaf (48 anni), scappato dalla città di Duma, (governatorato di Rif-Dimashq) pochi mesi fa, quando l’esercito siriano ha distrutto la sua casa e messo a serio rischio la vita dell’intera famiglia.

La fuga da Jaffa e Duma. La famiglia di quest’uomo sfuggì dai massacri commessi a Jaffa, per mano delle bande sioniste nel 1948, l’anno in cui ebbe inizio la tragedia del popolo palestinese.

Il 15 di maggio di ogni anno, i palestinesi commemorano l’anniversario della Nakba, durante la quale centinaia di migliaia di palestinesi furono deportati, e migliaia uccisi, per far posto allo Stato di Israele, sorto sulle rovine dei villaggi e le città palestinesi, e i cui abitanti festeggiano la cosiddetta “Festa dell’Indipendenza, nello stesso giorno.

Raccontando a Quds Press ciò che ha subito, al-Shantaf afferma: “Il popolo palestinese vive una tragedia continua, ovunque si trova, cambia il luogo e il tempo, ma la sofferenza e lo strazio sono sempre gli stessi”.

Ha aggiunto: “Di quale Nakba vi devo parlare, quella della Siria, Jaffa o Gaza? Abbiamo subito molte ingiustizie in questa vita, ma non ci arrenderemo”.

Ha proseguito: “Mia madre mi ha raccontato dei massacri commessi dai sionisti a Jaffa, io ho visto l’eccidio di Sabra e Shatila, a Beirut, e ho vissuto i massacri susseguitisi in Siria, dove le strade di Damasco e le sue campagne hanno straripato di sangue di innocenti”.

Una vita miserabile. Al-Shantaf vive ora nel quartiere densamente popolato di Sheikh Radwan, nel nord della città di Gaza, e paga un affitto mensile di circa 700 shekel, equivalenti a 190 dollari.

La crisi della Siria ha causato lo sfollamento di circa 250.000 palestinesi, nel giro di due anni, dalle loro case nei campi profughi, soprattutto quello di Yarmouk, dove, per decenni, avevano condotto una vita migliore rispetto ai campi vicini, in Libano e Giordania.

120 mila sfollati hanno abbandonato la Siria, rifugiandosi nelle aree vicine ai loro campi di origine, trovando rifugio in strutture temporanee, ai confini del Libano, Turchia e Giordania, in cui, secondo l’Onu, le condizioni sono misere.

Al-Shantaf vive la stessa miseria dei suoi connazionali, egli è l’unico sostenitore di una famiglia di cinque persone. Circa 150 famiglie palestinesi provenienti dalla Siria hanno trovato rifugio a Gaza.

Secondo quanto raccontato da al-Shantaf, la sua famiglia possedeva settanta dunum di terreni a Jaffa, coltivati ad agrumi.

La chiave di casa. Manur, la madre di al-Shantaf, residente nel campo profughi di Shatila, a Beirut, raccontò a suo figlio molti dettagli sulla sofferenza, vissuta durante la Nakba. Dettagli che il figlio racconterà, a sua volta, ai nipoti.

Al-Shantaf ha dichiarato: “Mia padre mi ha consegnato la chiave della casa di Jaffa, io l’ho consegnata a mio figlio, insieme a quella di Duma, in Siria”.

E aggiunge: “Ho un altro figlio che vive con mia madre, che ha compiuto il suo ottantacinquesimo anno questo mese, e sta raccontando a suo nipote di Jaffa, del suo mare, della sabbia e degli alberi”.

Anche lui ascoltava i racconti di sua madre, prima che sua famiglia si dividesse, e continua a ripetere: “O Jaffa, terra degli avi, dei cari. O Jaffa, mia patria”.

Al-Shantaf ha spiegato che i crimini e i massacri, vissuti negli ultimi due anni in Siria, hanno provocato una nuova Nakba, per lui e per sua famiglia. Aggiunge di aver trovato rifugio a Gaza, mentre sua madre, suo fratello e altre cinque sorelle vivono in Libano, e un terzo fratello è rimasto con la sua famiglia a Damasco, dalla quale non riesce ad uscire.

Ora al-Shantaf si trova senza soldi né prestigio, come la maggior parte delle famiglie palestinesi fuggite nei paesi vicini, dall’inferno della guerra in Siria.

La sua fuga è iniziata in Libano, da lì, l’uomo si è fatto prestare del denaro per acquistare biglietti aerei per il Cairo, per raggiungere Gaza, alla fine, attraverso i tunnel sotterranei con l’Egitto. 

La terza immigrazione. Ha raccontato: “I miei genitori camminarono per qualche giorno quando fuggirono da Jaffa, nel 1948, scappando dalle gang sioniste, finché giunsero ai confini del Libano, dove trovarono rifugio nel campo di Shatila. Nel 2013, io e mia famiglia abbiamo fatto lo stesso percorso”.

E aggiunge: “In passato, osavo biasimarli per aver abbandonato la loro casa, ma dopo i crimini che ho visto, e lo spargimento di sangue innocente per mano del regime di Bashar al-Assad, mi sono pentito di questa sensazione, e ho baciato i piedi di mia madre per chiedere perdono”.

Tutto ciò che quest’uomo, che dipinge sui vetri, desidera in questi giorni, è trovare un sostegno per iniziare una nuova vita a Gaza, e riunire la famiglia di nuovo, o tornare in Siria.

Tre settimane fa, al-Shantaf ha ottenuto un lavoro, per due mesi, tramite il programma d’impiego temporaneo promosso dal governo, con uno stipendio di circa 800 Shekel al mese, e ha ricevuto un sostegno finanziario di 500 dollari, quando è giunto a Gaza.