La triste storia di una famiglia palestino-ucraina separata e distrutta.

Betlemme – Pal-Info. Questa è la storia di una famiglia separata e devastata: Irina Sarahne, di nazionalità ucraina, è sposata con un palestinese ed è detenuta nella prigione israeliana di Hasharon.

Pochi giorni fa la donna è riuscita ad incontrare la madre giunta dall'Ucraina e, per la prima volta in dieci anni, la figlia Ghazali.

L'anziana donna non vedeva la figlia da 18 anni, da quando si era trasferita in Palestina, e per farla arrivare è stato necessario richiedere un permesso speciale alle autorità d'occupazione israeliane.

L'incontro, durato solo 45 minuti, è il risultato degli sforzi di ad-Damir [La Coscienza, ndr], organizzazione palestinese per i diritti umani, e della Croce Rossa Internazionale (ICRC).

La piccola Ghazali abita nel campo profughi di Deheisheh (Betlemme) con i nonni perché anche il padre, il marito di Irina, è nelle prigioni israeliane da 9 anni.

L'uomo è stato condannato a sei ergastoli con l'accusa di concorso in alcuni attacchi a danno di israeliani.

Con lui, i due fratelli Musa e Khalil [ovvero gli zii di Ghazali, ndr] stanno scontando rispettivamente l'ergastolo e venti anni in prigioni israeliane.

Irina invece deve scontare 23 anni di prigione per essersi rifiutata di consegnare il marito ai soldati israeliani.

Quando è stata arrestata, racconta la nonna giunta dall'Ucraina, Ghazali aveva solo 8 giorni di vita. Ma la sua storia non si esaurisce con il dramma di vivere come se fosse 'orfana'.

Ghazali è nata in un ospedale palestinese e il padre è titolare di un documento d'identità gerosolimitano.

Per mezzo della madre Irina, Ghazali ha la cittadinanza ucraina, ma ad oggi Israele rifiuta di riconoscere a lei e alla madre qualsiasi “identità”.

Il caso è complesso: il suo certificato di nascita non riporta alcun numero identificativo e molte organizzazioni si preoccupano affinché Ghazali possa avere un documento d'identità e non dover più affrontare le umiliazioni dei soldati israeliani: “non sei israeliana, né palestinese o ucraina”.

Dopo aver scontato tre anni e mezzo di carcere, la corte israeliana aveva disposto la deportazione di Irina in Ucraina, ma la donna l'aveva rifiutata, preferendo il carcere per altri 20 anni.

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