La visita dei ministri degli Esteri arabi sposta il discorso palestinese dall’isolamento all’unità

Memo. Con l’operazione “Colonna di nuvole” il linguaggio politico si è spostato dalle concessioni alla resistenza. Dopo venti anni di trattative conclusesi con la politica coloniale e di apartheid di Israele, non senza il favore di una comunità internazionale rimasta a guardare, Gaza è stata catapultata al centro delle attenzioni ottenendo una visibilità che contrasta fortemente con l’attenzione ricevuta durante l’operazione Piombo Fuso.

La visita dei ministri degli Esteri arabi a Gaza, arrivati martedì 20 novembre, rivela un sostegno politico a Gaza e a Hamas senza precedenti. La Primavera araba ha provocato un certo isolamento di Israele in Medio Oriente, per via della deposizione di quei leader favorevoli – se non d’accordo – con la politica estera statunitense nella regione. L’ascesa dei movimenti islamici ha trasformato il ruolo dei paesi della regione che da spettatori acquiescenti si sono trasformati in aperti sostenitori di Hamas e Gaza, con l’Egitto a condurre le trattative per raggiungere una tregua.

Con i Paesi arabi che promettono di finanziare la ricostruzione delle infrastrutture e delle case distrutte durante gli ultimi bombardamenti israeliani così come di migliorare il sistema sanitario, Hamas è ancor più motivata a ottenere un cessate il fuoco che preveda la fine di ogni attacco contro Gaza e la rimozione del blocco. Gli aiuti statunitensi ai palestinesi ammontano a meno di un decimo di quelli stanziati per Israele. Come ha spiegato Noam Chomsky nel suo libro 11 settembre (2011),  la violazione dei diritti umani e l’aiuto economico dato a sostegno di governi oppressivi sono fenomeni interconnessi. Gli aiuti che Israele riceve dagli Stati Uniti consentono di mantenere in piedi l’apartheid e rafforzare l’etnocrazia mascherata da democrazia di Israele, supportata dagli americani e, in modo meno eclatante, dalle Nazioni Unite.

Il sostegno arabo ha frantumato la rappresentazione erronea degli occidentali di Gaza e dei diritti umani. Diversamente dagli anni passi, il discorso corrente è passato dalla denuncia generica di violenza a una condanna diretta delle aggressioni israeliane contro la popolazione di Gaza.

La finta lealtà è saltata, tanto da far esprimere al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon la sua preoccupazione per la “situazione allarmante” e da spingere il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ad affermare che sia interesse degli Stati Uniti accrescere la “sicurezza di Israele e della regione”. Il consiglio dell’Unione Europea ha rilasciato una dichiarazione in merito a Gaza con la quale si esprimeva “rammarico” per i morti di entrambe le parti, si ribadiva la necessità di rispettare il diritto internazionale umanitario e il diritto di Israele a “proteggere i civili”.

Il discorso politico portato avanti dal presidente egiziano Mohammed Morsi vira verso l’internazionalismo e insiste sul fatto che l’invasione terrestre di Gaza è inaccettabile per l’Egitto così come  per il resto del “mondo libero”. Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan ha accusato Israele di pulizia etnica e l’ha definito Stato terrorista, esprimendo oltretutto la sua sfiducia nelle Nazioni Unite a causa dell’assenza di paesi islamici fra i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Il conflitto e la guerra hanno assunto un’identità internazionalista, sfuggendo così all’atteggiamento prevalente dell’eccezionalità impiegato per evitare una vera presa di responsabilità.

Il riconoscimento internazionale di Gaza è una rivendicazione di un tempo passato, quando l’infruttuosità dei negoziati ha portato solo ad acuire l’oppressione israeliana. Con i capi dei paesi arabi uniti nell’opporsi alla guerra e che continuano a mantenere le loro rappresentanze ufficiali a Gaza, l’isolamento diplomatico di Israele nella regione potrebbe rivelarsi fondamentale per Hamas, Gaza e la resistenza palestinese. Per la prima volta in decenni, l’unità attraverso l’internazionalismo ha radicalizzato la retorica grazie alla sua opposizione ai discorsi sui diritti umani precedentemente accettati dalla maggioranza.

Traduzione per InfoPal a cura di Valentina Iacoponi