La vittoria di Lula in Brasile tra conquiste sociali e politica estera – Parte I

InfoPal. Di Lorenzo Poli. Il 30 ottobre 2022, l’ex presidente socialista Luiz Ignacio Lula da Silva si è riconfermato presidente del Brasile con il 50,90%, ovvero 60.345.999 voti. L’estrema destra di Jair Bolsonaro invece si è aggiudicata il 49,10% con 58.206.354 voti. Per questa tornata elettorale sono stati convocati più di 156 milioni di brasiliani, che hanno potuto votare nei 472.075 centri aperti in 5.570 città del Paese, mentre all’estero si sono recati in 181 località. Lula vince il secondo turno dopo aver vinto il primo, tenutosi il 2 ottobre, con il 48,4% contro il 43,2% di Bolsonaro. Un risultato ottenuto nonostante il clima politico fortemente teso e una campagna elettorale attraversata da violenza da parte dell’estrema destra che è sfociata nell’omicidio politico di Reginaldo Camilo dos Santos, del PT, due giorni prima del secondo turno.

Lula, che assumerà il suo nuovo mandato il 1 gennaio 2023, ha vinto le elezioni presidenziali al secondo turno ed è diventato il candidato che ha ricevuto più voti nella storia del Brasile, ottenendo oltre 60.340.000 voti, a differenza delle elezioni presidenziali del 2002 quando vinse al secondo turno con 61,27% con 52.793.364 voti. La vittoria di Lula ha sferzato un colpo grosso al neoliberismo e all’egemonia di Washington in un’area strategica come quella dell’America Latina, aggiudicandosi come apice dell’ondata rossa che ha portato la sinistra al governo dei 10 maggiori Paesi dell’America Latina: Obrador Lopez in Messico, Gustavo Pedro in Colombia, Nicholas Maduro in Venezuela, Daniel Ortega in Nicaragua, Gabriel Boric in Cile, Pedro Castillo in Perù, Xiomara Castro in Honduras e Alberto Fernández in Argentina senza contare la Cuba guidata ora da Miguel Diaz-Chanel.

Perché ha vinto Lula? Le sue politiche sociali in Brasile e quelle promesse.

Durante la sua prima candidatura, nel 1989, Lula aveva contro tutto il sistema economico, oltre agli USA. I mercati temevano misure drastiche come le politiche socialiste di Hugo Chávez in Venezuela e così, quando lui saliva nei sondaggi, il Real (moneta brasiliana) crollava. Si candidò ancora senza successo nel 1994 e nel 1998. Poi finalmente nel 2002 fu eletto. Non fu esente da accuse soprattutto per aver dimostrato prima radicalità su certe questioni per poi al governo adottare una linea riformista cercando di accontentare un po’ tutti. Durante la sua presidenza, grazie a nuove politiche di welfare, milioni di brasiliani migliorarono sensibilmente la propria condizione di vita. È lo stesso Lula che ha salvato dalla fame più di 38 milioni di brasiliani durante la sua prima presidenza nel 2003, colui che ha offerto e dato lavoro, per permettere ai più poveri di iniziare l’essenziale atto di mangiare tre volte al giorno, oltre a installare elettricità e possibilità per comprare casa o andare in vacanza. Grazie a lui, il ceto medio, nel 2013, diventò il 54% della popolazione, stesso ceto che in seguito voltò le spalle e si affidò a Bolsonaro. Con il programma Fome Zero, il governo riformista di Lula aveva cercato di porre fine alla fame in Brasile, compresa la costruzione di cisterne per l’acqua nella regione semi-arida del sertão brasiliano, oltre ad azioni per contrastare la gravidanza adolescenziale, rafforzare l’agricoltura familiare, distribuire una quantità minima di denaro per i poveri e molte altre misure[1]. Il Programa Bolsa Família per la scolarizzazione dei bambini, l’allargamento del Sistema Unico di Salute (Sus) e il programma Brasil Sem Miseria (Brasile senza povertà), hanno erogato sussidi a milioni di famiglie, garantendo sostentamento e scolarità gratuita, hanno contribuito a sottrarre milioni di persone dalla fame e dall’indigenza. Con Lula, l’indice di sviluppo umano è così aumentato del 36% nel 2013 rispetto al 1980, mettendo in atto anche il programma ProUni fornendo sostegno agli studenti provenienti da famiglie a basso reddito. Con Lula, la durata media della scolarizzazione è aumentata da 6,1 anni (nel 1995) a 8,3 anni nel 2010. Durante il primo mandato di Lula, la malnutrizione infantile è diminuita del 46% e nel maggio 2010, il Programma Alimentare Mondiale (PAM) delle Nazioni Unite gli ha conferito il titolo di “campione del mondo nella lotta contro la fame”[2].

Tra il 2004 e il 2012, grazie alle sue politiche, anche se non tanto coraggiose nei confronti dell’estrattivismo minerario, la deforestazione amazzonica è diminuita da 27.700 km² all’anno a 4.500 km² all’anno[3]. Dal punto di vista economico, pur rifacendosi al socialismo bolivariano, alle istanze no-global e contro l’imperialismo, Lula ha seguito le posizioni dei precedenti governi, rinnovando tutti gli accordi con il FMI, anche se verso la fine del 2005, riuscì a ripagare il suo debito con il FMI per intero, due anni prima del previsto[4]. Per questo motivo è stato abbastanza apprezzato anche negli ambienti industriali ed economicamente avanzati, ma nel frattempo assolutamente odiato negli ambienti latifondisti.

Nel suo primo discorso da presidente neo – eletto, ha promesso di riprendere vari programmi sociali a beneficio di tutti i brasiliani. Ha sottolineato che la sua vittoria è un esempio delle politiche neoliberiste di Bolsonaro che ha generato carenze nei settori della democrazia, dell’alimentazione, della salute, dell’istruzione, dell’alloggio e dell’inclusione sociale. Ha affermato inoltre che i brasiliani hanno dimostrato attraverso il voto di volere più democrazia, inclusione sociale, uguaglianza, fratellanza e libertà.

Ha inoltre promesso che riprenderà il Programma Minha casa minha vida per l’edilizia popolare con priorità per le famiglie a basso reddito, riproponendo i programmi di inclusione che hanno sollevato milioni di famiglie dalla povertà durante il suo mandato. Lula ha dichiarato che creerà il ministero dei Popoli originari quando assumerà la Presidenza del Paese in modo che queste comunità “non saranno mai più trattate senza rispetto, come cittadini di seconda classe”; che recupererà il ministero della Cultura e che si impegnerà nella lotta ai cambiamenti climatici e nello sviluppo sostenibile soprattutto perché la maggior parte dell’Amazzonia si trova nel suo territorio, sottolineando il suo impegno nei confronti delle popolazioni indigene e degli ecosistemi. Lula si batterà anche contro la povertà e la fame, ridotte di molto durante i suoi mandati ed aumentate sotto Bolsonaro, un simpatizzante del nazismo ed espressione delle Forze Armate, dei massacratori dell’Amazzonia e dei suoi abitanti.

Inoltre, tenterà di rilanciare l’inclusione sociale ed una politica estera di pace e di dialogo con gli altri poli del Pianeta fondato sulla multipolarità e il multicentrismo piuttosto che il solo interesse dell’Occidente capitalista.

Al di là delle speranze di un popolo, i primi mesi del prossimo governo Lula non saranno affatto facili, condizionato da un’alleanza con diversi settori politici, tra cui un vicepresidente che rappresenta, oltre ai movimenti ecologisti, anche la destra imprenditoriale e partiti evangelici progressisti e altri che conteranno i loro voti in cambio di ingerenze nelle decisioni ufficiali[5]. È chiaro che per non tornare indietro e impedire qualsiasi avanzamento del neoliberismo, è necessaria anche:

  • una politica di formazione dei quadri all’interno del PT, che consenta a Lula un maggiore dialogo dal basso per non dipendere da decisioni unilaterali e formare in questo modo un vero cambiamento nei prossimi mesi.
  • Una politica di dialogo e di riavvicinamento del PT al Movimento Sem Terra, al Partito Comunista del Brasile e a posizioni di sinistra piuttosto che accontentarsi di seppur sincere politiche riformiste e impegolarsi in pericolose derive centriste.

Con Lula una politica estera in nome della multipolarità e del multicentrismo.

Una questione in sospeso, che richiede un’analisi più approfondita. Oltre all’unità con i relativi governi della Nostra America che ci permette di negoziare nei forum internazionali attraverso interessi comuni, come quelli che non molto tempo fa (vertice di Mar del Plata nel 2005), Lula stesso ha saputo, insieme a Néstor Kirchner, Evo Morales, Hugo Chávez, tra gli altri, via Mercosur, Una Sur e altri blocchi regionali.

Come ha dichiarato recentemente Pino Arlacchi in un post su Facebook: “I suoi margini di manovra, però, saranno ristretti dal peso di Bolsonaro dentro gli apparati dello Stato, il Congresso, il Senato ed i governatorati di vari Stati industrializzati. Non sarà facile per Lula eliminare il pericolo della fame per 33 milioni di brasiliani e ridurre l’insicurezza alimentare sofferta da 115 milioni di persone. Saranno perciò i rapporti internazionali il campo nel quale l’elezione di Lula avrà il maggiore impatto, soprattutto all’inizio della sua presidenza. Lula sarà la superstar dell’integrazione latinoamericana, della multipolarità dal lato del Global South, e dell’ulteriore crescita dei BRICS come organizzazione alternativa all’egemonia statunitense e al dominio della finanza e dell’economia occidentali. Integrazione latinoamericana significa politica estera indipendente dal Grande Fratello del nord, rilancio del MERCOSUR, il blocco politico ed economico costituito all’origine da Brasile, Argentina, Venezuela, Paraguay ed Uruguay, e rilancio anche del progetto di creazione del SUR, la moneta latinoamericana sognata dal maestro di Lula, Hugo Chávez. Integrazione latinoamericana significa anche eliminazione della pietra angolare della politica degli Stati Uniti in America Latina: l’isolamento del Venezuela. Lula porterà a termine il completo rientro – già in corso peraltro – del governo di Maduro nelle relazioni politiche e diplomatiche del continente. Il neopresidente brasiliano è stato uno dei padri fondatori dei BRICS, e ha già contribuito ad universalizzare e migliorare il loro profilo presso l’Occidente. È percepito in Europa e negli USA come un campione della democrazia, eletto democraticamente e dotato di un grande prestigio personale. Sarà più difficile, perciò, dipingere i BRICS come una congrega di autocrazie intente solo a contrapporsi agli USA. Lo stile politico di Lula è sereno, dimesso, marcatamente non fazioso. Tra i leader della sinistra terzomondista solo Nelson Mandela ha goduto di un rispetto e di una benevolenza da parte di Washington superiori a quelli di questo umile, affascinante ex-operaio di fabbrica divenuto leader mondiale. Il prestigio euroatlantico non gli è stato di ostacolo o di imbarazzo, e non gli ha impedito di perseguire, contemporaneamente, una costante strategia di amicizia e di cooperazione con la Russia e con la Cina”.


[1] https://www.coha.org/lula-brazils-lost-leader/

[2] https://mondiplo.com/cual-es-el-balance-social-de-lula

[3] https://reporterre.net/Le-Bresil-prend-un-tournant-negatif-sur-l-environnement-et-la-deforestation

[4] http://news.bbc.co.uk/2/hi/business/4527438.stm

[5] https://www.telesurtv.net/opinion/Brasil-El-regreso-de-un-pueblo-20221101-0012.html