L’analisi: non è una questione di tre coloni rapiti

Maan. Di Rachelle Friesen. Dallo scorso giovedì più di 300 (529, a lunedì 24 giugno) palestinesi sono stati arrestati e detenuti dai militari israeliani; oltre 50 dei quali erano stati rilasciati nella trattativa Gilad Shalit e quindi ora arrestati in chiara violazione del contratto.

Oltre 750 case nella zona di Hebron sono state “perquisite” e invase. Nella notte di giovedì, l’Università di Birzeit è stata perquisita.

Le strade della Cisgiordania brulicano di giovani israeliani di 18-20 anni armati di mitra, e tutti i diritti sono stati sospesi mentre i soldati entrano, perquisiscono, arrestano e picchiano a loro piacimento.

Inoltre, pochi giorni fa un 21enne è stato ucciso dai militari, mentre venerdì due giovani sono stati uccisi nelle proprie case durante delle incursioni. Domenica, altri due palestinesi sono stati uccisi. Nel frattempo, Gaza, sotto assedio dal 2007, sta vivendo attacchi aerei giornalieri.

Israele sostiene che tutto questo sia una risposta ai tre giovani israeliani scomparsi la scorsa settimana, apparentemente rapiti. Anche se si sceglie di credere che questa sia la ragione, si tratta di una risposta estrema, una punizione collettiva di tutto il popolo palestinese.

Inoltre, ci si potrebbe chiedere perché nei media i giovani, coloni israeliani “illegali”, sono chiamati “rapiti”, mentre i palestinesi che sono presi sono indicati come “arrestati” – ma questa è una discussione per un’altra occasione .
In realtà non si tratta dei tre giovani dispersi, ma piuttosto di potere, controllo, propaganda e colonizzazione. Scegliendo di guardare solo ai tre dispersi giovani, diventiamo ciechi rispetto al quadro generale di quanto sta accadendo in Palestina. Quindi esaminiamo gli eventi che hanno portato alla scorsa settimana.

Lo scorso anno i negoziati di pace sono falliti in quanto Israele si è allontanato dal tavolo quando Hamas e Fatah hanno firmato un accordo di unità. Anche se Israele sostiene che il problema fosse che non potevano “negoziare” con un’organizzazione terroristica, la continua costruzione di insediamenti illegali in Cisgiordania rivela il loro reale “impegno” per la pace e il diritto internazionale. L’espansione degli insediamenti ha raggiunto nuovi record nel 2013 e nel marzo 2014 il tasso di espansione ha già superato l’anno precedente.

Hamas e Fatah hanno firmato l’accordo di unità e formato un nuovo governo, Mahmoud Abbas ha ribadito che l’Anp è ancora impegnata nella nonviolenza e sempre pronta a riconoscere lo Stato di Israele.

Sostenendo l’accordo, Hamas non è più un gruppo “militante” al di fuori dell’Anp, in cerca della distruzione di Israele. L’assedio a Gaza era stato precedentemente “giustificato” da Israele a causa del governo di Hamas a Gaza, ma con questo nuovo governo impegnato nella nonviolenza e in controllo su tutto il territorio palestinese, l’assedio non può più essere giustificato di fronte alla comunità internazionale.

Improvvisamente, il motivo dietro l’assedio è stato rivelato. Non si trattava di fermare il terrorismo o ferire Hamas, piuttosto di esercitare potere e controllo. Con l’accordo di unità, Israele appare come un criminale di guerra.

Oltre 125 prigionieri palestinesi sono in sciopero della fame nelle carceri israeliane. Stanno protestando per essere detenuti senza accusa né processo. Lo sciopero sta continuando da quasi 60 giorni e sta guadagnando l’attenzione dei media internazionali. Essere trattenuti senza processo né accusa è in chiara contraddizione con il diritto internazionale.
I prigionieri mediante la loro azione nonviolenta di massa e il loro sacrificio stanno attirando l’attenzione sulle realtà quotidiane della vita palestinese. Con le incursioni attuali in Cisgiordania, tuttavia, solo pochi media internazionali stanno parlando dello sciopero della fame.

Il 15 maggio, due giovani palestinesi sono stati uccisi con proiettili veri. Le telecamere di sicurezza locali hanno ripreso le immagini dei giovani colpiti alla schiena: non presentavano alcun rischio per la vita di alcun israeliano. La CNN ha ripreso il soldato che ha sparato. La Human Rights Watch dice le uccisioni potrebbero contare come crimini di guerra.

In primo luogo, questa azione potrebbe essere un tentativo di forzare il divario tra le fila del governo appena formato. Attraverso le incursioni in Cisgiordania, Israele ha ripetutamente preso di mira le case e le strutture di Hamas, accusando quest’ultima di essere dietro i rapimenti, anche se non ci sono prove su chi sia in realtà dietro le sparizioni. Con i membri di Hamas nel mirino, potrebbe indebolire il governo di recente formazione, causando così un divario che potrebbe ancora una volta delegittimare l’Anp a livello internazionale e “giustificare” l’assedio di Gaza.

In secondo luogo, questo potrebbe essere un tentativo o la preparazione di ri-occupare completamente la Cisgiordania: un’opportunità per ri-esplorare l’Area A e ri-affermare il proprio controllo. Tale risposta militare di massa comincia a sembrare una missione di investigazione in cui i soldati cominciano a sondare il terreno e valutare quale sia la risposta locale a un’invasione.

Infine, si invia un forte messaggio: nonostante il diritto internazionale e l’accordo firmato in passato, Israele è in controllo e continuerà ad esercitare il suo dominio su tutta la Palestina. Si ricorda che dalla Galilea a Eilat, la Palestina è tutta sotto il controllo israeliano e che Israele sperimenta la piena impunità da parte della comunità internazionale.

Il futuro della Palestina è incerto. Tuttavia, ciò che è chiaro è che non si tratta dei tre coloni scomparsi. Piuttosto questa è la continuazione di una realtà di colonizzazione che è attuata tramite un brutale impiego militare e tramite la piena impunità offerta dalla comunità internazionale.

La settimana scorsa ha reso pubblico sia il potere che la brutalità di Israele, e anche come la comunità internazionale sia completamente silenziosa al riguardo. Non si tratta dei tre coloni scomparsi, ma piuttosto di continuo razzismo e della colonizzazione della Palestina con il sostegno della comunità internazionale.

Nonostante il tacito o meno supporto di Israele, spetta a noi, le masse, esprimere la nostra condanna e ritenere Israele responsabile. Spetta al popolo dire la verità su quanto sta accadendo e rivelare il quadro più ampio di oppressione.

La vittoria della campagna di disinvestimento nella Chiesa Presbiteriana (USA) venerdì ci mostra che questo è possibile.

Spetta a noi, comunque, portare avanti il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni di Israele a tutti i livelli in ogni paese, e mostrare al pubblico israeliano che ci rifiutiamo di tollerare i crimini perpetrati contro il popolo palestinese.