L’assurdo Trump: volere pace in Palestina regalando Gerusalemme a Netanyahu

mcc43. Risoluzione ONU 181, 29 Novembre 1947 “Gli Stati indipendenti arabo ed ebraico e il regime internazionale speciale per la città di Gerusalemme, esposti nella parte III di questo piano, entreranno in vigore in Palestina due mesi dopo che l’evacuazione delle forze armate della Potenza mandataria sarà stata completata, ma in qualsiasi caso non posteriore al 1 ° ottobre 1948. I confini dello Stato arabo, dello Stato ebraico e la città di Gerusalemme saranno descritti nelle parti II e III di seguito.”

Molto sangue da allora è passato sotto i ponti in Palestina. Il 5 dicembre 2017 fonti dell’Amministrazione Usa dichiarano “L’Ambasciata americana in Israele non sarà spostata a Gerusalemme prima di sei mesi. Il presidente Trump firmerà una proroga che lascerà la rappresentanza diplomatica almeno per un altro semestre a Tel Aviv.” 
Trump compiace Netanyhau, con una dilazione che nelle intenzioni dovrebbe consentirgli il tempo di far ingoiare il rospo al resto del mondo.
Mossa di geopolitica avventata, localmente dirompente, palesemente rivolta alla politica interna di entrambi i paesi. Per motivi diversi, Trump per il Russiagate, Netanyahu per  frode e corruzione, sono dei leader sotto investigazione. 

In una lettera firmata da 25 ex ambasciatori di Israele, cattedratici e attivisti israeliani era stata inviata a Jason Greenblatt, l’incaricato di americano per  la pace esprimevano, la loro seria preoccupazione “Una dichiarazione del presidente che riconosce Gerusalemme come la capitale di Israele, ignorando le aspirazioni palestinesi a tale riguardo, approfondirebbe ulteriormente l’asimmetria tra le due parti, danneggerebbe gravemente le prospettive di pace e potrebbe incendiare l’intera regione. ”
gerusalemme-jerusalemAltrettanta preoccupazione è espressa da Francia, Arabia Saudita,  Egitto. Il re di Giordania – che ha come “priorità” la protezione dei luoghi santi cristiani e musulmani in Gerusalemme – aveva nei giorni scorsi lanciato a Trump numerosi avvertimenti. Il re del Marocco, che si considera discendente del Profeta  e già nei mesi scorsi si era detto pronto a “difendere” lo stato giuridico di Gerusalemme Est, si è dichiarato profondamente preoccupato.
In questi giorni Putin non ha esternato; resta la sua precedente dichiarazione di una Gerusalemme  divisa e doppia capitale.

Come ovvio, Mahmoud Abbas ha discusso con vari capi di stato: “Qualsiasi passo degli americani relativo al riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele, o anche lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, rappresenta una minaccia per il futuro del processo di pace e sarebbe inaccettabile per i palestinesi, gli arabi e per il mondo».

Dall’Europa “Ci sono segnali del fatto che l’America stia per riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele, senza avere raggiunto un accordo con l’Europa e sappiamo tutti quali sarebbero le ripercussioni” e dalla Turchia Erdogan “L’eventuale riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele potrebbe portare alla rottura delle relazioni diplomatiche della Turchia con Israele. Tale riconoscimento rappresenta “una linea rossa per i musulmani”.

A Erdogan ribatte un titolo di Haaretz “Gerusalemme è stata capitale ebrea per 3000 anni”. L’artificio è spostare dalla politica espansionistica del governo israeliano l’emotività collettiva verso l’Ebraismo; astuzia, altresì, intesa a tenere vivi sensi di colpa per il genocidio ebraico del secolo scorso. 

Il Doomsday Clock, bollettino degli Scienziati atomici, segna 3 minuti prima dell’Apocalisse, lo stato di Israele sposta il calendario indietro di tremila anni, quando in Europa iniziava la civiltà Minoica, si costruiva Stonehenge, la Mesopotamia era all’Età del Bronzo e in Palestina vivevano i Cananei. Rushalinum, colonia egizia, entra nella storia mille anni dopo e ancora non aveva nome Gerusalemme. 

Giustapporre Religione e Storia, Testo Sacro e Archeologia è una trappola che non richiede di essere laici per evitarla. E’ sufficiente vivere realmente nel 2017 e occuparsi degli esseri umani che abitano  in Palestina, qualunque sia il modo con cui pregano, o non pregano, siano Semiti autoctoni o immigrati, parlino arabo o ebraico.