Lavoratori palestinesi sempre più poveri dopo il blocco del versamento delle entrate fiscali imposto da Israele

gazaboyafpImemc. L’insegnante palestinese Abdelhakim Abu Jamus ha appena speso fino all’ultimo shekel per pagare la retta scolastica di sua figlia e ora non sa come provvedere al sostentamento della sua famiglia di otto persone.

Stando a quanto riportato dall’agenzia AFP/Ma’an, Abdelhakim, come decine di migliaia di lavoratori del pubblico impiego palestinesi, non viene pagato dal mese di dicembre, dopo che Israele ha sospeso il versamento di milioni di dollari di entrate fiscali che sarebbero dovute finire nelle casse dell’Autorità nazionale palestinese, come punizione per l’adesione alla Corte Penale Internazionale (ICC).

“Ho dato a mia figlia gli ultimi soldi che avevo, non so come andremo avanti domani”, dichiara Abu Jamus, insegnante che dirige una scuola a Ramallah, nella Cisgiordania occupata.

Il 2 gennaio, la Palestina ha presentato formalmente la domanda di adesione alla Corte dell’Aja, passo propedeutico a un’eventuale richiesta di incriminazione per crimini di guerra a carico di Israele.

Secondo il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, la Palestina accederà alla Corte Penale Internazionale il 1° aprile.

La reazione di Israele non si è fatta attendere: ha bloccato 127 milioni di dollari in entrate fiscali che, per legge, devono essere trasferite all’Autorità palestinese (Anp), gesto più volte usato come misura punitiva in occasione di dispute diplomatiche.

Inoltre, ai sensi di un accordo economico bilaterale, siglato nel 1994, Israele trasferisce all’Anp decine di milioni di dollari ogni mese in dazi doganali, per i beni destinati al mercato palestinese che transitano nei porti israeliani.

La sanzione è stata imposta più volte, ma mai per più di uno o due mesi, tranne che nel 2006, quando Hamas ha riportato una vittoria schiacciante alle elezioni legislative palestinesi.

In quell’occasione, Israele ha bloccato il versamento delle imposte per sei mesi.

Tale misura priva l’Anp di oltre due terzi del suo budget mensile, ad esclusione degli aiuti internazionali, e impedisce il pagamento dei salari di 180 mila lavoratori, per un totale di circa 200 milioni di dollari al mese.

“Sappiamo bene che Israele blocca il versamento delle imposte per ragioni politiche, per fare pressione sull’Autorità palestinese, ma come impiegato statale, mi auguro che la situazione si risolva in fretta”, ha continuato Abu Jamus.

Anche Dalal Yassin, che lavora per la televisione palestinese, ha subito una decurtazione dello stipendio da quando Israele ha imposto il blocco delle imposte. Ma può ritenersi fortunata, in quanto suo marito lavora nel settore privato.

“Vedo che i miei colleghi fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e stanno attraversando un periodo orribile”, ha raccontato all’AFP.

Sembra che il governo palestinese riuscirà ad ottenere le risorse necessarie a pagare il 60% degli stipendi di dicembre attraverso prestiti, aiuti di altri paesi arabi e risorse proprie.

Yasser Mussa, commerciante di Ramallah, spera che in seguito al pagamento parziale dei salari, i suoi clienti salderanno i debiti che hanno contratto per acquistare le merci.

“Facciamo credito ai clienti tutti i mesi, ma stavolta i salari non sono stati versati; nel frattempo una terribile tempesta si è abbattuta sulla regione e abbiamo venduto molti prodotti a credito”, ha dichiarato.

Prima di questa precipitazione, all’inizio del mese, molti palestinesi avevano acquistato caloriferi per combattere un’ondata di gelo che solo ora sta iniziando a scemare.

Gli altri governi arabi hanno promesso di aiutare i Palestinesi con una “rete di protezione” di 100 milioni di dollari, ma l’impegno non si è ancora concretizzato.

Secondo l’economista Nasser Abdelkarim, questi fondi sono vitali per l’Anp.

“Dopo la Seconda Intifada (rivolta palestinese durata dal 2000 al 2005), l’economia è in forte recessione,” ha dichiarato, e circa 140.000 palestinesi che lavoravano in Israele hanno perso il posto di lavoro.

Per contrastare la crescente disoccupazione, il settore pubblico ha assunto molte persone, e questo ha comportato un aumento della spesa mensile in salari.

Relativamente alle politiche di occupazione, il Governo Palestinese deve affrontare un problema persino più grave del blocco degli stipendi.

Nel 2007, quando Hamas ha assunto il controllo di Gaza, espellendo esponenti fedeli al movimento di Fatah, del presidente Mahmoud Abbas, circa 70 mila impiegati governativi sono rimasti disoccupati. L’Anp continua a versare loro i salari, sebbene, di fatto, non lavorino.

Hamas, dal canto suo, ha assunto 50 mila dipendenti che sono entrati a far parte dell’amministrazione di Gaza sette anni fa.

Dopo l’istituzione del governo di unità nazionale a giugno, che ha messo fine a sette ani di gestione separata tra Cisgiordania e Gaza, gli impiegati assunti da Hamas non sono più stati pagati.

Le notizie che si sono diffuse, secondo cui il governo pensava di riassumere i 70 mila lavoratori impiegati prima del 2007 sostituendo quelli assunti da Hamas, hanno generato un’ondata di violente proteste e scioperi.

Una disputa che mina il già fragile tentativo di riconciliazione tra Fateh e Hamas, che si è avviato ad aprile e ha portato all’istituzione del governo di unità nazionale.

Traduzione di Romana Rubeo