Le donne palestinesi e la lotta per porre fine alla violenza

Raseef22.net. Di Mohamad Abu Doun. (Da InvictaPalestina). La violenza contro le donne dovrebbe finire e il rifiuto di etichettare le uccisioni di donne come “delitti d’onore” sarebbe  un passo importante verso la fine di questa grave ingiustizia.

I social media sono in subbuglio per la misteriosa morte della giovane palestinese Esra Ghareeb, che potrebbe essere morta dopo essere stata picchiata da membri della sua famiglia.

Esra, residente a Beit Sahour, è morta a Betlemme,in Cisgiordania, il 22 agosto. Il portavoce della polizia palestinese, Louay Arzaiqat, ha  dichiarato in un comunicato pubblicato lo stesso giorno che la polizia e il Pubblico Ministero hanno avviato un’indagine sulle circostanze della morte della giovane donna di 21 anni, che all’arrivo all’ospedale governativo di Beit Jala era già morta. Ha quindi aggiunto che il corpo era stato trasferito al Medical Institute del Ministero della Giustizia per un’autopsia, al fine di determinare la causa della morte.

Otto giorni dopo la sua morte, una delle sue amiche ha pubblicato alcuni dettagli della vita di Esra, tra cui foto e video in cui chiede aiuto, e in cui  parla degli abusi subiti dopo che sul suo account Instagram aveva pubblicato una sua foto insieme a un ragazzo che le aveva fatto una proposta di matrimonio.

Il caso ha riscosso una notevole attenzione sia a livello locale che nel mondo arabo, il che ha spinto il Pubblico Ministero a rilasciare un’altra dichiarazione il 30 agosto, informando che l’ufficio stava ancora indagando sul caso e che era in procinto di rivedere le dichiarazioni dei testimoni e di raccogliere prove, sottolineando che il rapporto forense non era ancora stato pubblicato.

Il ritardo nel mettere al corrente il pubblico dei risultati, ha alimentato ulteriormente le speculazioni sui social media, con alcuni dubbi sul fatto che potesse essere un occultamento deliberato da parte della procura. Raseef22 ha parlato con una fonte di polizia palestinese che ha negato questa ipotesi e ha insistito sul fatto che il ritardo nei risultati dell’autopsia non era insolito e non aveva nulla a che fare con la natura del caso.

La fonte ha affermato che non è ancora stato possibile confermare la veridicità dei video che circolano online; aggiungendo che la famiglia di Esra ha riferito di sentirsi “sfidata mentalmente”.

Non è il primo caso.

La morte di Esra a seguito di un’aggressione familiare, ricorda una lunga storia di casi simili in Palestina. In particolare, il caso di SH.H, 26 anni, di al-Nasr a Rafah, che  fu uccisa all’alba del 17 giugno 2019. Un altro incidente  verificò nella Striscia di Gaza a Khan Yunis, dove  S.A.E . fu  uccisa l’8 luglio 2017. I due fratelli della vittima  furono arrestati e condotti in giudizio per essere interrogati sulle circostanze e sui motivi del crimine.

L’attivista femminista Shirin Khalifeh ha detto a Raseef22 che la legge palestinese non riesce ancora a proteggere le donne e i loro diritti. E senza un chiaro deterrente legale, i crimini contro le donne continuano e mentre in passato gli omicidi ascrivibili ai “delitti d’onore” avvenivano più frequentemente nelle aree rurali piuttosto che nelle aree urbane, perché le prime erano in gran parte più conservatrici e patriarcali, ora “la posizione è irrilevante”, afferma Khalifeh.

Khalifeh fa luce su un altro aspetto di questo fenomeno, vale a dire che molte donne sottoposte a violenza sono spesso inconsapevoli dei loro diritti. Scelgono di tacere “semplicemente perché non hanno idea di come parlare dell’ingiustizia e dell’oppressione che stanno subendo”, afferma.

Responsabilità collettiva.

In Cisgiordania, molte donne hanno subito violenze con il pretesto di “difendere l’onore”. Tra di esse  Sabreen Ayyad, 23 anni, originaria di Ramallah. Sabreen è stata pugnalata dall’ex marito all’interno della sede del tribunale della Sharia a Birzeit nel maggio 2014, dopo un litigio tra i due.

La ricercatrice Nour Sawirka afferma che “la violenza contro le donne non è più accettabile”. Molti sono complici nel perpetuare la violenza, nascondendo  i dettagli di tali casi con il pretesto di preservare la reputazione delle persone e delle famiglie in cui si verificano questi crimini.

Sawirka dichiara a Raseef22 che la maggior parte dei casi in cui le donne sono state assassinate, vengono giustificati con la scusa dell’onore, mascherando spesso i veri motivi dei crimini. “Nessuno ha il diritto di porre fine alla vita di un altro essere umano”, afferma Sawirka, osservando che in Palestina e in particolare in Cisgiordania, sono avvenuti casi di omicidio perpetuati per diversi motivi e in differenti modi, ma tutti caratterizzati dall’aver sottoposto le vittime a tortura e ad estrema crudeltà.

Ha spiegato, infine, che cambiare questa realtà  occorre una sensibilizzazione  della comunità, nonché degli organi legislativi e giudiziari. Sawirka ritiene che i social media possano svolgere un ruolo importante nel supportare queste cause e influenzare  chi prende le decisioni ,  citando come esempio il caso di Esra.

 La violenza contro le donne dovrebbe finire e il rifiuto di etichettare le uccisioni di donne come “delitti  d’onore” sarebbe  un passo importante verso la fine di questa grave ingiustizia

Molte donne palestinesi vittime di violenza sono spesso inconsapevoli dei loro diritti; è quindi urgente  creare gruppi di sostegno, campagne e iniziative che sensibilizzino sui diritti legali delle donne e che sbugiardino  i pretesti   con la scusa dei quali viene commessa la violenza contro le donne

Le Leggi per la protezione delle donne.

Nel 2014 l’Autorità Palestinese ha iniziato a modificare le leggi palestinesi sul femminicidio, in linea con la Convenzione sull’Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione nei Confronti della Donna (CEDAW), il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR) e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR).

L’articolo del codice penale che prevedeva pene minime per il reato di violenza contro le donne è stato abrogato, il che significa che i giudici non possono più usare “la difesa dell’onore” come fattore attenuante nei casi di femminicidio. Con questo deterrente legale in atto, molti speravano di assistere a un declino dei femminicidi, ma così non è stato, dal momento che The Women’s Center for Legal Aid and Counselling, nel 2016, ha identificato 23 uccisioni di donne in circostanze poco chiare, tra cui 11 nella Striscia di Gaza e 12 in Cisgiordania.

Nel 2017, ci sono stati 27 casi, di cui 10 in Cisgiordania e 17 nella Striscia di Gaza.

L’esperienza nei Territori Occupati.

Sebbene i palestinesi dei Territori Occupati vivano sotto occupazione israeliana, nella regione si verificano molti casi di uccisioni di donne per molteplici motivi, il più importante dei quali è l’onore.

La Women Against Violence Association ha riferito che tra il 1986 e il 2018 il numero di omicidi commessi contro donne nei Territori del 1948 è stato di circa 200, di cui 16 nel solo 2016.

La direttrice della Women Against Violence Association, Naela Awwad, ha scoperto che la natura del dominio israeliano nelle zone arabe incoraggia indirettamente la diffusione di questi crimini. Per quanto riguarda la polizia israeliana che si occupa di molti di questi casi, lo fa spesso con negligenza e discriminazione  e aggiunge inoltre che le autorità israeliane, le organizzazioni per i diritti umani e le organizzazioni della comunità non contribuiscono a fornire assistenza alle donne palestinesi.

Ha però rilevato che negli ultimi anni, nei  Territori Occupati si sono svolte campagne locali guidate da organizzazioni arabe e internazionali per sensibilizzare sui diritti delle donne, nonché una serie di alleanze a livello di comunità per affrontare la violenza contro di esse.

Nei Territori Occupati uno degli omicidi più famosi è stato il caso della 34enne Amna Yassin, uccisa dal marito nell’agosto 2015 con il pretesto dell “onore”. Nello stesso anno, un’altra donna della Galilea fu colpita e gravemente ferita dalla sua famiglia per ragioni simili.

In risposta, nello stesso anno, decine di donne organizzarono diverse manifestazioni con lo slogan “We Are Not Safe”, chiedendo l’intervento della polizia israeliana.

Sfide nei campi.

Questo tipo di violenza non è stata risparmiata neppure alle donne palestinesi che vivono nei campi della diaspora.

In Siria, il Working Group for Syrian Palestinians ha documentato che fino alla fine del 2018, oltre 35 donne sono state uccise sotto tortura nelle carceri del regime; e ha elencato più di 100 casi di sparizioni forzate di donne dallo scoppio della rivoluzione siriana. Altri gruppi per i diritti umani hanno documentato dozzine di casi di stupro di donne palestinesi all’interno dei campi.

Nei campi giordani, le donne palestinesi vivono nelle immediate vicinanze della società giordana, dove nelle aree remote la violenza contro le donne è molto alta. Il Ministero dello Sviluppo Sociale della Giordania ha dichiarato di aver ricevuto oltre 5.000 denunce da donne nel 2018.

Negli ultimi anni  anche nei campi di rifugiati palestinesi in Libano ci sono stati centinaia di casi di violenza contro le donne, che devono affrontare anche condizioni di vita molto difficili,  come denunciato da uno studio pubblicato dell’agenzia di stampa palestinese “Wafa”, intitolato “Donne palestinesi nella  Diaspora”.

Amal Jamal, un’attivista di 43 anni del campo di Al-Bass nel sud del Libano, ha  dichiarato che la situazione delle donne all’interno dei campi non è molto diversa da quella delle donne nei Territori Palestinesi perché gli atteggiamenti culturali nei confronti dei diritti delle donne sono simili. Le donne che si sono integrate nella società libanese, ha aggiunto in una dichiarazione a Raseef22, hanno avuto più successo nell’assicurarsi una protezione contro la violenza, dal momento che il Libano ha organizzazioni  per i diritti umani e civili che lavorano attivamente per la protezione delle donne.

(Immagine di copertina: #siamotutteEsraGhareeb).

Traduzione per InvictaPalestina di Grazia Parolari.