Le false prove della Cia per spingere gli Usa in guerra contro la Siria

RT.  Ray McGovern, analista esperto in questioni sulla Cia, ha dichiarato all’emittente televisiva russa Rt che le informazioni raccolte dall’intelligence contro la Siria sono state manipolate da elementi dello spionaggio, al fine di indurre il presidente Obama a intraprendere un’azione punitiva contro il paese di Bashar Al-Assad.

McGovern è uno dei firmatari della lettera che i professionisti esperti in questioni di intelligence hanno indirizzato a Obama, mettendolo al corrente della non responsabilità di Assad negli attacchi chimici, e sostenendo che “il direttore della Cia, John Brennan, sta tentando di compiere una frode di tipo ante-guerra all’Iraq, per ingannare i membri del Congresso, i media e il pubblico”.

RT: Lei è tra i firmatari della lettera al presidente degli Stati Uniti. Pensa che essa influenzerà Obama?

Ray McGovern: Chiaramente il problema riguarda i cosiddetti media mainstream. I media martellano per la guerra proprio come prima della guerra all’Iraq, ed essi si rifiutano di ascoltare quando si parla dell’estrema inconsistenza delle prove. Non vogliono sentirci quando persone all’interno della Cia – superiori con grande accesso a queste informazioni – assicurano noi esperti che non c’è prova definitiva che Assad abbia ordinato l’attacco chimico del 21 agosto. Si rifiutano di ascoltare. Vogliono procedere oltre, e occuparsi solo di quel che dobbiamo fare. Ma in questi casi non ci si può limitare a supposizioni, occorrono prove.

RT: Nella lettera lei cita la prova che l’Opposizione siriana e i suoi alleati hanno effettuato una provocazione con le armi chimiche. Perché ritiene che Obama e Kerry abbiano completamente ignorato tale informazione?

RM: Il motivo per cui loro non adducono una prova risiede nel fatto che essa non resisterebbe in tribunale e non reggerebbe a un’analisi dei fatti. Ci siamo già passati: è già successo con l’Iraq. Ciò che il presidente dovrebbe fare ora è rilasciare il messaggio intercettato, sul quale la maggior parte delle cose dipendono. Fatto questo potremmo renderci conto di ciò che egli ha. C’è un precedente a riguardo, Ronald Reagan nel 1986, quando i libici bombardarono una discoteca a Berlino uccidendo 2 militari statunitensi e ferendone centinaia. Egli colpì il palazzo di Gheddafi, uccidendone la figlioletta di 15 mesi e ferendo gravemente suo figlio di 3 anni. Il mondo disse: “Questo non si può fare! Che prove hai che siano stati i libici i responsabili?” E Reagan venne da noi a chiederci di rilasciare il messaggio intercettato. Noi rispondemmo di non poterlo fare, ciò avrebbe bruciato la nostra fonte. Ma lui ci ordinò di farlo comunque. Rendemmo pubblica l’intercettazione e il mondo si calmò. Non sto difendendo l’assassinio di neonati, ma perlomeno Reagan acquisì credibilità dimostrando di considerare la sicurezza dello Stato superiore alle fonti e ai metodi. Obama dovrebbe agire allo stesso modo, ma non crediamo che lo farà dal momento che ha inviato il suo Capo di Stato maggiore alla Camera a dichiarare: “Ok, non reggerebbe in tribunale, ma, insomma, l’intelligence è l’intelligence – bisogna fidarsi”. Ma questa volta, considerato anche che il capo dell’intelligence è uno spergiuro reo confesso, noi non ci fideremo”.

RT: Perché è stato così difficile per Washington vendere al mondo i suoi motivi per l’intervento? Pochissimi dei suoi alleati-chiave supportano esplicitamente un attacco militare immediato.

RM: Devo dire che se ci si chiede cui prodest, l’unico Stato, l’unico Paese a trarne dei vantaggi è Israele. Ora che Israele non teme che Sciiti e Sunniti gli si rivoltino contro, sembra che una guerra in Siria e nell’intero Medio Oriente che veda contrapposti i due principali rami dell’Islam possa continuare per 30 anni. È semplice: il segretario di Stato Usa John Kerry ha dimostrato di essere fortemente influenzato dal Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Egli ha fatto credere, nell’ultimo paio di mesi, di parlare di Palestina, quando in realtà si riferiva alla Siria; ciò era evidente dal suo comportamento e dal suo atteggiamento. Così ora ci troviamo nella situazione in cui i tizi e le tizie toste alla Casa Bianca consigliano Obama chiedendogli di intervenire, e il solo Paese ad avvantaggiarsene è Israele.

RT: Abbiamo visto che John Kerry è indietreggiato, dicendo che Obama non ha preso una decisione sulla Siria. A cosa è dovuto, dopo le minacce di attacco, questo ammorbidimento di posizioni?

RM: Venerdì 30 agosto Kerry disse in Parlamento: “Dobbiamo fare così e così. Questa non è una valutazione dei Servizi, è ciò che ritiene il Governo”. Ciò vuol dire che la Casa Bianca aveva la possibilità di revisione e rielaborazione. Non c’è stato scrutinio. E poi, cos’è accaduto? Pare che i militari siano andati dal presidente –  ed io ho delle prove a riguardo – e la cosa successiva che sappiamo è che il pomeriggio del giorno dopo Obama aveva cambiato idea. L’unico intervento di una certa forza, è stato quello di Martin Dempsey, dello Stato maggiore congiunto, che si è appellato al presidente dicendo: “È molto difficile dire perché dobbiamo farlo ora. Potremmo farlo domani, o la prossima settimana o il mese prossimo. Non dobbiamo farlo per forza adesso”. E il presidente, per giustificare il ritardo, ha ripetuto queste parole. Lindsey Graham e John McCain, il giorno dopo, si levarono contro il presidente dello Stato maggiore congiunto con modi molto personali e vendicativi, perché sapevano che i leader militari si erano rivolti al presidente Obama dicendogli: “Sappiamo che ti hanno detto che sarà un intervento facile e limitato, ma questi tizi e queste tizie non ne sanno nulla di guerra. Noi invece sì. E sappiamo che non può essere facile, perciò, se pensi di intervenire, è bene che ti trovi un ampio sostegno, o la tua presidenza è finita”.

RT: E a quale decisione porterà il voto del Congresso?

RM: Non sono un analista di politica interna, ma la mia opinione non è migliore di quella di altri. Nell’ambiente di Washington e nei programmi televisivi è un continuo “dobbiamo fare qualcosa! Dobbiamo proteggere il presidente!” La cosa strana è che questa volta i democratici hanno seguito la corrente ciecamente. Questa volta dobbiamo proteggere il presidente, che si trova in un limbo. Egli stesso ha seguito la corrente ciecamente. Ho parlato con un parlamentare per 5 minuti l’altra sera, ed era evidente che egli aveva promesso al capo della Casa dei Rappresentanti che avrebbe votato in accordo con la proposta del presidente Obama, perché “dobbiamo proteggere il presidente”.

RT: Vuole dire che il presidente mente? 

RM: Non occorre dire questo. Ciò che occorre dire è che, secondo le nostre informazioni, il presidente è stato ingannato dai Servizi, in quanto John Brennan, il capo della Cia, e James Clapper, lo spergiuro reo confesso, hanno pensato, nel loro interesse, a soddisfare i desideri della Casa Bianca, che sono molto chiari: “Questa volta vogliamo colpire la Siria”. È una situazione terribile, ora è una questione politica, e staremo a vedere come andrà a finire. Rispetto a una settimana fa ho maggiori speranze che si rinunci ad attaccare. E poi, non credo che Obama voglia violare la Costituzione e lo Statuto delle Nazioni Unite iniziando una nuova guerra.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice