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Lod/Lydda-Ma’an. Martedì, le forze israeliane hanno demolito la casa di una famiglia palestinese nella città israeliana di Lod.
Le forze israeliane hanno chiuso tutti gli ingressi della proprietà e hanno allontanato con la forza la famiglia al-Naqib, prima di demolire la casa.
Centinaia di residenti palestinesi si sono riuniti per sostenere la famiglia, con decine di funzionari della sicurezza israeliana presenti alla demolizione.
La casa appartiene a Hana al-Naqib, e lei ci viveva con i suoi quattro figli.
La famiglia al-Naqib ha ricevuto un ordine di demolizione per la casa alla fine del 2014, dove si afferma che la proprietà non è stata registrata presso il ministero israeliano incaricato.
Un avvocato della famiglia, Qais Nasser, ha presentato un appello urgente al tribunale chiedendo di rinviare la demolizione, ma è stato respinto.
Uno dei membri della famiglia, Nabil al-Naqib, ha detto a Ma’an che la famiglia ha tutti i documenti richiesti che provano che la terra appartiene alla famiglia e che sono in possesso di licenza per la costruzione.
“La famiglia stava progettando un sit-in davanti alla casa per protestare contro l’ordine di demolizione, ma un’imponente forza di polizia israeliana e i bulldozer sono arrivati e hanno demolito la casa”, ha spiegato.
Un altro membro della famiglia, Maha al-Naqib, ha aggiunto che la terra appartiene alla famiglia dalla creazione dello stato di Israele, nel 1948, e che il proprietario della casa non poteva impugnare la decisione del tribunale a causa di difficoltà finanziarie.
Prima del 1948 Lod, o Lydda in arabo, era una città mista di musulmani palestinesi e cristiani.
Migliaia di Palestinesi sono stati forzatamente sfollati dalla città dalle forze israeliane durante la guerra del 1948, e decine sono stati uccisi.
1,3 milioni di cittadini palestinesi di Israele, che costituiscono circa il 20 per cento della popolazione israeliana, sono i discendenti dei 160.000 Palestinesi che sono riusciti a restare nella loro terra, quando è stato fondato lo stato di Israele nel 1948.
Traduzione di Edy Meroli