di Nadia Redoglia
E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze…al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso…
Che scriverebbe oggi il poeta al posto di “alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento” volendo esternare la sua sofferenza per il massacro di Gaza perpetrato dai discendenti di quei deportati sui fiumi di Babilonia di cui al biblico salmo 136? Sono loro oggi il piede straniero che schiaccia altri cuori, sono loro che lasciano sul selciato corpi dilaniati dalle bombe che risparmiano neppure i bambini innocenti e madri straziate. Al mondo basta sapere che loro non si considerano stranieri perché infusi da diritto di proprietà su quella terra in quanto promessa dal Dio di quella Bibbia che alla fine del salmo 136 recita: “Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sbatterà contro la pietra”. Terrificante…
Sembra proprio che nessuno voglia accorgersi di quelle cetre, non solo già state staccate dagli alberi, ma che da mo’ stanno intonando (solo) lugubri canti.
16 luglio 2014