Le pressioni su Hamas e la partenza dalla Siria

Memo. Prima che scoppiasse il conflitto in Siria, il capo dell’ufficio politico di Hamas, Khaled Mesha’al, aveva contattato la presidenza di Damasco per informarla dell’assoluta necessità che il regime implementasse al più presto riforme politiche radicali, avvertendo che l’ondata di rivolte diffusasi nel mondo arabo non si sarebbe certo fermata al confine siriano.

Damasco però non ha accolto l’avvertimento dichiarando che “l’opposizione in Siria è di diversa tipologia” e che pertanto non sarebbe mai arrivata al punto di ribellarsi al governo. L’insurrezione del popolo siriano ha colto dunque di sorpresa il regime, stupendo il mondo intero per il suo forte senso patriottico, il suo spirito di sacrificio e di resistenza.

Per comprendere per che cosa l’opposizione siriana stia combattendo, bisogna conoscere il tipo di regime, le forme di sicurezza e settarismo che esistono nel paese mediorientale.

La loro rivoluzione è espressione dell’eroismo che affronta un regime sanguinario, sostenuto dalla quasi totalità della minoranza alawita, così come di altre, preoccupate dal futuro. Persino una limitata porzione della comunità sunnita ha deciso di schierarsi dalla parte del regime, temendo che la posizione di privilegio guadagnata negli ultimi decenni possa essere compromessa da un’eventuale caduta del governo.

Subito dopo lo scoppio della rivoluzione, il governo di Damasco ha ufficialmente chiesto ad Hamas di chiarire la propria posizione in merito a quanto stava avvenendo. Il movimento palestinese aveva risposto che l’alleanza con Assad riguardava la politica d’opposizione a Israele e non certo la repressione del popolo siriano insorto. Hamas ha poi rilasciato una dichiarazione ufficiale di neutralità, che Damasco ha considerato un tradimento.

Da quel momento, il movimento palestinese è stato sottoposto a continue pressioni finalizzate a fare in modo che Hamas cambiasse la propria posizione rispetto a quella manifestata tramite la suddetta dichiarazione. Ogni invito in tal senso è però stato rifiutato costringendo l’Iran ad intervenire direttamente nel tentativo di forzare la mano al movimento palestinese, minacciandolo di sospendere il proprio supporto economico necessario al proseguimento dell’opposizione nella Striscia di Gaza. Hamas ha però resistito alle pressioni portando l’Iran a sospendere parte del proprio supporto.

Le relazioni tra i due governi non sono più le stesse ed è improbabile che la situazione cambi nonostante la recente visita del presidente palestinese Isma’il Haniyah a Teheran, finalizzata alla pianificazione delle strategie per il supporto iraniano alla Striscia di Gaza. Quest’ultimo rappresenta infatti il sostegno principale all’opposizione palestinese, ben superiore al sostegno arabo, e ora si rende indispensabile una compensazione da parte turca e araba.

Hamas stesso si è ritrovato in una situazione difficile al momento dell’esplosione del conflitto siriano e non ha avuto altra scelta se non quella di assumere una posizione di neutralità. Non sarebbe stato possibile onorare l’alleanza con Damasco, posto che il principio fondamentale su cui si basa l’azione del movimento è quello del sostegno ai popoli che lottano per la libertà.

Hamas, peraltro, non ha fatto mancare il proprio supporto al regime siriano in molte precedenti situazioni di crisi. I siriani hanno spesso ospitato esponenti del movimento, non mancando mai di palesare il proprio attaccamento per la Palestina e il proprio schieramento in favore della resistenza del Movimento islamico palstinese. I siriani non hanno espresso alcun parere sulla resistenza di Hezbollah da posizioni settarie, prodigandosi inoltre ad ospitare nelle proprie abitazioni i rifugiati sciiti libanesi durante la guerra del luglio 2006.