Le università israeliane discriminano gli studenti palestinesi e sono complici dell’apartheid

Aljazeera.com. Di Somdeep Sen. Impegnandosi attivamente in iniziative anti-BDS, sostenendo l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e la persecuzione dei palestinesi da parte delle forze israeliane, le università israeliane si sono rivelate più che semplici istituzioni di istruzione superiore. Sono complici degli affari dello Stato di apartheid israeliano. (Da InvictaPalestina.org).

Il 13 maggio, la testata giornalistica online con sede negli Stati Uniti Mondoweiss ha pubblicato un video su Twitter che mostrava gli studenti palestinesi che protestavano pacificamente presso l’Università Ben Gurion di Beersheba mentre venivano attaccati dalla polizia israeliana. Gli studenti stavano protestando contro l’espulsione forzata dei palestinesi dalle loro case nella Gerusalemme Est occupata. Mentre gli studenti palestinesi affrontavano attacchi simili nelle università israeliane in tutto il paese, molti di loro sono fuggiti dai campus e sono tornati a casa.

Il membro della Knesset e leader del partito Balad, Sami Abu Shehadeh, ha invitato il Consiglio dell’Istruzione Superiore e il Ministro dell’Istruzione Yoav Galant a proteggere gli studenti palestinesi nelle università israeliane. Ha detto: “La protezione dei nostri studenti è per noi una stretta e importante necessità a causa delle circostanze in corso poiché soffrono la perdita di sicurezza e protezione all’interno delle università e residenze scolastiche israeliane”.

Sarebbe facile descrivere gli attacchi ai campus universitari come un evento eccezionale, in un periodo di accresciute tensioni politiche, ma le università israeliane sono da tempo complici della persecuzione dei palestinesi da parte dell’occupazione israeliana. Nella ricerca che ho condotto tra il 2013 e il 2016 in Israele, ho scoperto che le università israeliane discriminano sistematicamente gli studenti e le comunità palestinesi, interagiscono con il Complesso Industriale Militare israeliano e supportano pienamente le politiche segregazioniste dello Stato.

Nuova Gerusalemme sulla collina.

Dopo aver visitato diverse università in Israele, ho scoperto che la storia e il campus dell’Università Ebraica sul Monte Scopus (HUJI) nella Gerusalemme occupata sono un ottimo esempio di come gli istituti di istruzione superiore siano diventati complici del progetto coloniale israeliano.

Fondata nel 1918, tre decenni prima della fondazione di Israele, l’Università è stata un’iniziativa identificativa degli attivisti sionisti in Europa. Era un luogo di rifugio per accademici e studenti ebrei provenienti dall’Europa. Ma la costruzione dell’Università era anche considerata sinonimo di rifacimento della nazionalità ebraica. Questo simbolismo è insito nella progettazione del campus.

In cima al Monte Scopus di Gerusalemme, l’Università ha una veduta libera di Haram al-Sharif o del Monte del Tempio. Infatti, durante le fasi progettuali, fu chiamato Terzo Tempio, a significare il ristabilimento del legame reciso tra il popolo ebraico e quella che percepiscono come la loro patria per diritto divino.

Esteticamente, gli edifici del campus originale sono stati ispirati dall’architettura araba per garantire l’armonia con il paesaggio circostante. Tuttavia, come mi è stato fatto notare da un architetto israeliano, le grandi cupole e gli archi ispirati all’architettura araba dovevano anche “simboleggiare la potenza del sionismo e della nazione ebraica”.

I progettisti del piano originale, Patrick Geddes e Frank Mears, hanno scelto di incorporare uno stile architettonico arabo, ma lo hanno fatto con un senso di disprezzo per la popolazione palestinese.

In una lettera, Geddes scrisse: “Qualsiasi occhio occidentale può vedere che gli arabi sono sporchi, disordinati, in molti modi degenerati, ed è fin troppo probabile che trascurino, o abbiano difficoltà a vedere, il pregio dei loro edifici”. Ha poi continuato affermando che era responsabilità dei sionisti e di HUJI costruire un campus in cima al Monte Scopus che simboleggiasse la “Nuova Gerusalemme sulla collina”.

Il campus contemporaneo è anch’esso costellato di iconografia nazionalista ebraica. Un cartello su un muro del campus dedicato dall’American Friends of Hebrew University (Amici Americani dell’Università Ebraica) dichiara l’HUJI “Università del popolo ebraico”. Un altro manifesto dice che la ricerca e l’insegnamento all’Università sono condotti “a beneficio di Israele e del popolo ebraico”.

Presumibilmente, gli studenti palestinesi si sentono alienati dal campus e da quello che considerano un tentativo di de-palestinizzare un paesaggio che è parte integrante della casa territoriale nazionale palestinese.

Un alunno palestinese mi ha detto: “L’università vuole dimostrare che questo campus è solo per gli israeliani. Parte del problema sono tutte le bandiere, i cartelli e le statue israeliane presenti nel campus. Inoltre, non è consentito organizzare alcuna azione politica o manifestazione a sostegno dei palestinesi.”

Naturalmente, l’antagonismo dell’Università nei confronti dei palestinesi è più evidente nel suo rapporto con le comunità palestinesi nelle sue vicinanze. Uno di questi quartieri, Issawiya, si trova nella valle all’estremità orientale del campus ed è diventato il simbolo della disparità che esiste tra gli spazi israeliani e palestinesi.

Inconfondibilmente, l’estetica ben tenuta e attentamente curata del campus è in netto contrasto con i vicoli congestionati e pieni di immondizia di Issawiya che sono trascurati dalla municipalità israeliana di Gerusalemme. Per più di un decennio, anche i veicoli di Issawiya non sono stati in grado di uscire dal villaggio in direzione del Monte Scopus a causa di un posto di blocco dell’esercito. Gli studenti palestinesi e i lavoratori di Issawiya assunti dall’Università vengono spesso perquisiti a questo posto di blocco prima di poter entrare nel campus.

Descrivendo la relazione tra l’HUJI e Issawiya, uno studente palestinese ha detto: “Se guardate il campus, si erge sopra di noi. Da Issawiya dobbiamo guardare in alto fino al campus sul Monte Scopus. Questo significa che noi guardiamo in alto, ma loro ci guardano dall’alto in basso. Questo è il rapporto storico che abbiamo con l’Università Ebraica. È una relazione tra il colonizzatore e noi. L’obiettivo è farci scomparire.”

Un altro studente ha detto: “Sono fortunato a studiare qui, ma siamo trattati principalmente come inferiori agli studenti israeliani. La maggior parte dei residenti di Issawiya lavorano qui come addetti alle pulizie, servono il cibo nel campus, fanno tutto il lavoro sporco. Quindi, ovviamente, loro vivono in cima alla collina e noi in fondo.”

Contributi al militarismo israeliano.

Durante gli episodi di violente recrudescenze, le università israeliane non esitano a schierarsi apertamente con l’esercito israeliano. Durante la guerra israeliana a Gaza del 2014, ad esempio, l’HUJI, insieme ad altre università israeliane, ha scelto di sostenere pubblicamente il brutale assalto. In una lettera a sostenitori e studenti, l’Università ha annunciato che si sarebbe unita allo sforzo bellico. Ha chiesto donazioni e incoraggiato i donatori a destinare i loro contributi finanziari “al fondo Protective Edge” (Margine di Protezione), riferendosi al nome che l’esercito israeliano ha dato alla sua operazione a Gaza.

Eppure, in risposta a una manifestazione pacifica del 2014 di studenti palestinesi nel campus contro la detenzione amministrativa di attivisti palestinesi, l’amministrazione universitaria ha chiamato la sicurezza del campus e la polizia.

Ma il sostegno all’esercito israeliano va oltre gli slogan e le citazioni. Infatti, le istituzioni accademiche e di ricerca israeliane svolgono un ruolo attivo nel contribuire al militarismo dello Stato israeliano. Un primo esempio di ciò è lo sviluppo della “Dottrina Dahiya”, che comporta l’uso sproporzionato della forza e la distruzione di infrastrutture ed edifici civili, presso l’Istituto di Studi sulla Sicurezza Nazionale (INSS) affiliato all’Università di Tel Aviv (TAU). Questo principio di guerra è stato applicato nelle successive campagne militari israeliane contro Gaza.

I campus universitari fungono anche da campo di addestramento per il futuro personale militare. Nel 2019, l’HUJI ha vinto una gara per ospitare il programma Havatzalot, un programma di eccellenza accademica triennale per futuri ufficiali dell’intelligence, subentrando all’Università di Haifa.

Furono i professori dell’HUJI a proporre e ideare anche il programma d’élite Talpiot all’indomani della guerra dell’ottobre 1973 al fine di sviluppare il vantaggio tecnologico delle forze armate israeliane. Il programma altamente segreto è stato ospitato presso l’HUJI dal 1979.

Esiste anche una relazione intrecciata tra il Complesso Industriale Militare e il mondo accademico israeliano. Le università sono spesso siti di ricerca e sviluppo legati alla difesa, che a loro volta hanno contribuito all’industria high-tech israeliana e al suo status di “nazione startup”.

Ad esempio, Technion, l’Istituto Israeliano di Tecnologia di Haifa, realizza la tecnologia per rilevare i tunnel, ha sviluppato il famigerato bulldozer “D9” che viene spesso utilizzato per distruggere le case palestinesi e collabora con Elbit Systems che produce tecnologie di sorveglianza utilizzate per il muro illegale dell’apartheid israeliano nella Cisgiordania occupata. Technion ha anche sviluppato un programma di tre mesi intitolato “Strategia di Difesa per i Mercati Internazionali” che si concentra sul marchio globale dell’industria della difesa israeliana.

Allo stesso modo, anche l’Università Bar-Ilan di Ramat Gan ha collaborato con le forze armate israeliane per sviluppare una tecnologia di intelligenza artificiale per veicoli da combattimento senza pilota. E l’Università Ben Gurion ospita BGN Technologies, una società di trasferimento tecnologico che sviluppa veicoli terrestri senza equipaggio e robot da arrampicata per uso militare.

Iniziative anti-BDS.

All’indomani della guerra di Israele a Gaza nell’estate del 2014, il Movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) ha guadagnato significativamente terreno a livello globale e ha trovato un diffuso riscontro.

A quel punto, il governo israeliano aveva già assegnato al Ministero degli Affari Strategici la responsabilità di coordinare le sue iniziative anti-BDS, che negli anni successivi si sono rapidamente ampliate. Nel 2015 è stata creata una unità speciale con un budget di 25 milioni di dollari (21 milioni di euro) per contrastare il BDS. Nel 2017, circa 72 milioni di dollari (60 milioni di euro) sono stati assegnati alla campagna anti-BDS.

Seguendo l’esempio del governo israeliano, anche le università israeliane sono state coinvolte in uno sforzo per contrastare la campagna BDS e rafforzare la posizione globale di Israele.

Nel gennaio 2015, i filantropi di New York Nirit Weiss Shaoul e Michael Shaoul hanno istituito il Fondo per la Famiglia Shaoul presso l’Università di Tel Aviv per studenti e borsisti in visita, con l’obiettivo specifico di estendere la “rete di scambio e collaborazione internazionale” dell’Università e contrastare la minaccia del BDS.

Parlando dell’iniziativa, Michael Shaoul ha detto, “Consideriamo questo isolamento come la seconda più grave minaccia per il Paese, dopo la sicurezza, con le università in prima linea. Ecco perché abbiamo creato questo fondo di avviamento, a cui speriamo altri contribuiscano, per aiutare ad arginare gli effetti dell’emarginazione.”

Nel febbraio 2015, l’INSS ha organizzato una conferenza intitolata “Campagna BDS Contro Israele: Perché, Come e Cosa si Può Fare?”. Tra i partecipanti c’erano Amir Ofek del Ministero degli Esteri israeliano, Ben-Dror Yemini del quotidiano Yedioth Ahronoth e Alan Johnson del Centro di Comunicazione e Ricerca Israeliano Britannico (BICOM). Nel dicembre 2015, l’Istituto Truman presso l’HUJI ha organizzato una conferenza intitolata “BDS: Perché Stanno Boicottando Israele?” che, tra le altre cose, ha riflettuto sulle strategie per rispondere al crescente richiamo del Movimento BDS.

Anche le dirigenze di varie università hanno iniziato ad affrontare esplicitamente la minaccia del boicottaggio. Nel 2015, il “Rapporto del Presidente” del Technion si rivolgeva specificamente al BDS e osservava che il professor Zvi Ziegler della Facoltà di Matematica si stava coordinando con il Comitato Direttivo delle Università di Israele nei suoi sforzi contro il BDS.

Nel 2016, l’Università di Tel Aviv ha annunciato una campagna globale da 1 miliardo di dollari (840 milioni di euro) per raccogliere fondi per l’università. Tra gli obiettivi della campagna c’era quello di “contribuire a contrastare il movimento BDS”. Nello stesso anno, il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Haifa ha condannato la campagna BDS contro le università israeliane, sostenendo che “limita il progresso della crescita scientifica e lo scambio di idee e conoscenze, minacciando i principi fondamentali della libertà accademica”. Il consiglio ha incoraggiato il direttivo universitario a continuare i suoi sforzi contro il BDS.

Nel 2016, la divisione per lo sviluppo esterno e delle risorse dell’Università di Haifa ha riferito che i membri della facoltà erano impegnati in una cooperazione strategica con l’Israel Action Network (Rete di Azione Israeliana) contro il movimento di boicottaggio.

Impegnandosi attivamente in iniziative anti-BDS, sostenendo l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e la persecuzione dei palestinesi da parte delle forze israeliane, le università israeliane si sono rivelate più che semplici istituzioni di istruzione superiore. Sono complici degli affari dello Stato di apartheid israeliano.

Mentre sempre più istituzioni accademiche e studiosi rilasciano dichiarazioni in solidarietà con la lotta palestinese di liberazione che dichiarano esplicitamente un impegno per il BDS, si sta presentando un’opportunità per ritenere le istituzioni accademiche israeliane responsabili del loro ruolo nel mantenimento del regime di apartheid.

Somdeep Sen è Professore Associato di Studi sullo Sviluppo Internazionale presso l’Università di Roskilde in Danimarca. È l’autore di Decolonizing Palestine: Hamas between the Anticolonial and the Postcolonial (Decolonizzare la Palestina: Hamas tra l’Anticoloniale e il Postcoloniale – Edizioni Università di Cornell, 2020).

Traduzione per Invictapalestina.org di Beniamino Rocchetto.

(Foto di copertina: Un uomo suona un corno mentre altri sventolano bandiere israeliane durante una manifestazione a sostegno dei soldati nell’operazione militare israeliana a Gaza, all’Università Ebraica di Gerusalemme il 15 novembre 2012. Credito: Reuters/Ammar Awad).