Le vittime della Flotilla vogliono portare Israele in tribunale, nonostante le scuse

PressTvAttivisti filo-palestinesi hanno affermato che andranno avanti con la causa contro Israele per l’attacco fatale del 2010 alla flottiglia diretta a  Gaza, nonostante i prossimi colloqui riguardo i risarcimenti tra Ankara e Tel Aviv.

«Non discuteremo di risarcimenti e non rinunceremo alla Corte fino a quando il blocco di Gaza non sarà rimosso”, ha detto Musa Cogas, uno degli attivisti che era a bordo della Mavi Marmara.

I commenti sono in vista dei colloqui ufficiali riguardo le indennità tra la Turchia e Israele, in programma giovedi.

L’esercito israeliano ha attaccato la Freedom Flotilla in acque internazionali nel mar Mediterraneo, il 31 maggio 2010, uccidendo nove cittadini turchi a bordo del MV Mavi Marmara battente bandiera turca, e ferendo circa 50 altri attivisti che facevano parte degli equipaggi nel convoglio di sei navi.

Il 22 marzo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto di essersi scusato con la Turchia per l’attacco nel corso di una telefonata con il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan.

“Scusarsi significa che Israele confessa il suo crimine … e ha un significato diplomatico, ma non significa nulla per noi”, ha detto Ahmet Varol, editorialista del quotidiano turco Akit e un altro degli attivisti a bordo della flottiglia.

Le scuse di Israele sono state mediate dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel corso della sua visita in Israele. Netanyahu aveva espresso in precedenza solo rammarico per i morti e ha rifiutato di scusarsi pubblicamente.

Ankara e Tel Aviv hanno richiamato i loro diplomatici nel 2011 per la  questione flottiglia, ma il 23 marzo Erdogan e Netanyahu hanno deciso di riinviare gli ambasciatori.

Nel frattempo, la prossima udienza presso l’alta corte di Istanbul, dove quattro ex capi militari israeliani sono processati in contumacia per l’attentato mortale, è prevista per il 20 maggio.

Funzionari turchi hanno dichiarato in precedenza che i colloqui per i risarcimenti potrebbero comportare il ritiro della querela, ma gli attivisti insistono che continueranno fino a che “giustizia sia fatta”.

Traduzione per InfoPal a cura di Edy Meroli