La leadership palestinese cesserà per davvero la cooperazione per la sicurezza con Israele?

israeli-soldiers-in-hebron-during-a-night-operationMemo. Uno dei ministri dell’Autorità Palestinese, Ziad Abu Ein, è morto mercoledì durante la partecipazione ad una manifestazione contro il muro di separazione in un villaggio vicino a Ramallah, in Cisgiordania. Medici palestinesi e giordani che hanno effettuato l’autopsia su Abu Ein hanno confermato che è morto per l’inalazione di gas lacrimogeni, per un colpo ricevuto con forza e a causa della mancanza di un soccorso medico tempestivo.

Il consulente per la sicurezza palestinese, Jibril Rajoub, ha dichiarato ad Al Jazeera che l’Autorità Palestinese ha deciso di sospendere tutte le operazioni per la sicurezza coordinate con Israele a seguito della morte di Abu Ein, e che egli ha definito “omicidio premeditato”.

Giovedì, Saeb Erekat, il capo palestinese per i negoziati di pace con Israele falliti di recente, ha detto che l’Autorità Palestinese produrrà un documento ufficiale sulla cessazione della cooperazione e che uscirà durante le prossime ore.

Il leader palestinese Mahmoud Abbas ha minacciato di sospendere la cooperazione per la sicurezza con Israele in numerose occasioni. Ad ottobre di quest’anno Abbas ha minacciato di rivedere la cooperazione se non fosse stata avviata, in una qualsiasi forma, la fine dell’occupazione israeliana. A novembre ha minacciato la stessa cosa se i negoziati non fossero ripresi. In risposta alla minaccia di ottobre, l’autore e attivista americano-palestinese Ali Abunimah ha twittato che la sospensione del coordinamento per la sicurezza è soltanto una “vuota minaccia”. Il giornalista palestinese Khaled Abu Toameh ha calcolato tramite Twitter che Abbas ha rivolto questa minaccia 58 volte.

La cooperazione per la sicurezza tra l’Autorità Palestinese ed Israele non è un segreto. Il Palestine Papers, il più importante divulgatore di documenti confidenziali dei decennali negoziati israelo-palestinesi, ha reso noto i contenuti di questo accordo. Secondo un documento trapelato appartenente all’ambasciata americana in Israele nel 2005, i servizi di sicurezza israeliani e palestinesi hanno concordato di incontrarsi ogni 10-14 giorni a “livello operativo”, facendoli seguire da incontri “sul campo”.

Alcuni anni dopo, Yossi Kuperwasser di Israele, direttore generale del ministero per gli Affari Strategici, ha affermato durante un caso giudiziario condotto contro l’Autorità Palestinese, “Io penso che i Palestinesi abbiano condiviso informazioni parziali, tendenziose ed incomplete con lo Shin Bet”. Shin Bet, l’agenzia per la sicurezza israeliana, come è stato riportato, stava cercando di “nascondere la propria incapacità ad utilizzare questo strumento, le Forze di Sicurezza palestinesi, non riuscendo a far loro raggiungere lo scopo per il quale erano state create: la prevenzione del terrorismo”.

Non solo qui si riconosce che l’Autorità Palestinese sta tranquillamente condividendo informazioni con la nota agenzia di intelligence, ma non vi è nessun tentativo di nascondere il fatto che l’Autorità Palestinese, come entità, sia stata creata soltanto per questo scopo, come “strumento” al servizio di Israele e da esso utilizzato.

E’ stato evidenziato anche fin dove l’Autorità Palestinese si può spingere per adempiere a questo compito. Durante uno degli incontri sulla cooperazione per la sicurezza tra Israele e l’Autorità Palestinese descritti nei documenti venuti alla luce, il capo dei negoziati palestinese Saeb Erekat ha affermato che l’Autorità Palestinese è stata costretta ad uccidere la “sua stessa gente” allo scopo di provare che stava ristabilendo la legge e l’ordine nei territori sotto il suo controllo. Assieme a questi documenti trapelati ve ne sono alcuni che dimostrano che Israele ha chiesto all’Autorità Palestinese di uccidere Hassan al-Madhoun, un comandante di Fatah allineato con le Brigate dei Martiri di al-Aqsa.

Durante la ”Operation Brother’s Keeper”, la risposta di Israele al rapimento dei tre adolescenti, l’esercito israeliano ha preso controllo di Ramallah, in Cisgiordania, per la prima volta dal 2007, utilizzando la sede della polizia dell’Autorità Palestinese come sua base. I manifestanti palestinesi che si erano scontrati con l’esercito, si sono poi diretti contro la polizia palestinese, che rispose aprendo il fuoco. Alcuni minuti più tardi l’esercito israeliano tornò, in ciò che parve un sostegno armato alle forze di polizia palestinesi.

Istituito durante gli accordi di Oslo come un corpo ad interim, l’Autorità Palestinese è stata venduta come un progetto nazionale che vorrebbe aiutare il passaggio della Palestina da territorio occupato ad uno stato internazionalmente riconosciuto. Per la Palestina le due funzioni principali preannunciate dall’Autorità Palestinese – che prevedono sia un veicolo verso l’indipendenza sia un mezzo per il rafforzamento delle istituzioni – sono probabilmente fallite. Invece di vedere l’Autorità come un mezzo verso l’indipendenza, molti Palestinesi la vedono come un’arma dell’occupazione ed un ostacolo alla resistenza.

Ciò ha provocato un declino nella popolarità di Abbas e, al contrario, ha richiamato alla terza intifada da attuare contro la stessa Autorità Palestinese. Abbas ha esplicitamente difeso questa cooperazione, dichiarando che era “nell’interesse nazionale palestinese”. In precedenza si era spinto fino al punto di chiamarla “sacra”.

Abbas ha perseguito instancabilmente i mezzi diplomatici per porre fine a decine di anni di conflitto. Egli credeva, senza dubbio, che la cooperazione per la sicurezza lo avrebbe fatto diventare un potenziale “partner di pace” per Israele, e che a lungo termine avrebbe potuto portare ad un accordo di pace tra le due parti. Questa cooperazione ha inoltre cercato di rafforzare l’immagine della Palestina agli occhi dei donatori statunitensi ed europei e tale immagine è stata fondamentale nell’assicurare i successi diplomatici come il riconoscimento dello Stato palestinese da parte di alcuni stati. Gli Stati Uniti e i paesi Europei hanno anche dato milioni di dollari come aiuti ogni anno, aiuto finanziario del quale l’Autorità Palestinese ha un bisogno disperato.

Mentre Abbas ha continuato a mantenere la cooperazione per la sicurezza con Israele anche quando Gaza veniva bombardata dai suoi militari durante l’estate, inclusa la soppressione delle proteste in Cisgiordania, Hamas è stata vista resistere contro la potente forza militare di Israele con proiettili fatti in casa. Il giornalista Jonathan Cook ha riferito che Abbas ha affrontato pesanti critiche da parte dei membri di comando del suo partito di Fatah durante una riunione del Comitato Centrale tenutasi in quel periodo e riguardante la cooperazione. Secondo i funzionari dell’Autorità Palestinese, le critiche di Fatah sono motivate dal fatto che nel partito si teme che Abbas, aumentando l’identificazione con la politica della cooperazione per la sicurezza, stia danneggiando politicamente il partito, mentre sta rafforzando allo stesso tempo Hamas.

Attraverso la cooperazione per la sicurezza, Israele ha indebolito l’Autorità Palestinese nella repressione delle proteste, per affievolire i sostenitori di Hamas e rendere lo status quo praticabile. Ad Abbas, questa cooperazione di sicurezza permette di guadagnare in termini diplomatici, fondi dei donatori e, per ultimo, lasua leadership. Si sta allontanando ulteriormente dal popolo palestinese e anche dal suo stesso partito, ma questo rapporto reciprocamente vantaggioso è improbabile che finisca davvero.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi