Di Angela Lano. Il regime di Tel Aviv imprigiona un adolescente di 17 anni perché, patriota, prende parte all’Intifada contro gli occupanti impostori. Lo tiene in carcere 11 anni, rinnovandogli la pena più volte, e lasciandolo in cella di isolamento. Ve lo immaginate, un ragazzo di 17 anni che passa anni in isolamento? Ebbene, ci sono migliaia di bambini e adolescenti palestinesi a cui è stata inflitta questa pena.
Non è un criminale. E’ un Palestinese che ama la sua terra, usurpata da colonizzatori occidentali, e la vuole libera e per la sua gente.
Pensate ai vostri figli, sequestrati, imprigionati, torturati perché hanno a cuore il proprio Paese.
Il giovane esce di prigione, cerca di riprendere in mano la propria vita, continuando a lottare per la patria, e inizia a lavorare in un ristorante.
Una sera, esce dal lavoro poco prima che un fanatico predicatore ebreo sia ferito in un attacco.
Questo fa dell’ex prigioniero il sospettato n.1, anche perché il ristorante dove lavora è frequentato dal primo ministro sionista. Tale fatto lo rende un potenziale killer del criminale di guerra Netanyahu.
Giovedì mattina è inseguito da forze speciali israeliane, a Silwan, dove abita, e crivellato di colpiti, come in una esecuzione mafiosa, o nazista, lasciato sanguinare a morte e schiacciato da una tanica di acqua, perché non bastava scaricargli addosso 23 proiettili, era necessario anche quest’ultimo, sadico, atto di crudeltà contro un uomo cui avevano già distrutto la giovinezza.
Non bastava arrestarlo o farlo licenziare dal ristorante, e verificare se davvero era il responsabile del ferimento del fanatico. Chissà, forse dovevano eliminarlo, per evitare ogni eventuale minaccia alla vita del primo ministro.
O forse è “solo” la crudeltà da Far West che contraddistingue l’entità canaglia sionista, una grande minaccia per la stabilità del Vicino e Medio Oriente, e un cancro per l’Umanità.
Riposa in pace Mutaz Hijazi, figlio nostro.