“L’epidemia del coronavirus ha aggravato la pericolosa situazione a Gerusalemme”

Gerusalemme-Quds Press. Issa Ahmad a Quds Press: “L’epidemia del coronavirus ha aggravato la pericolosa situazione a Gerusalemme” – Ahmed sottolinea la necessità di azioni umanitarie per riparare al potenziale stato di collasso generale.

Il coordinatore della campagna Jerusalem Ambulance, Issa Ahmed, ha affermato che la crisi provocata dal coronavirus ha aggravato la situazione nella Gerusalemme occupata, specialmente per le classi più povere.

Ahmed ha dichiarato in un’intervista speciale, rilasciata a Quds Press, che l’occupazione ha risposto a tutti i tentativi di porre rimedio alla situazione, dalla sterilizzazione dei luoghi santi e pubblici alla loro chiusura, con l’arresto del personale incaricato. Ha avvertito che la realtà dei numeri e degli indicatori in diversi settori “preannuncia la gravità della situazione e la necessità di azioni umanitarie per porre rimedio al potenziale stato di collasso generale”. Ha sottolineato l’operato di fondazioni come la Waqf al-‘Umma, che hanno contribuito a rafforzare la resilienza dei abitanti di Gerusalemme e a proteggere i loro luoghi sacri e la loro resistenza sui territori. Ahmed ha inoltre affermato che le istituzioni per i diritti umani a Gerusalemme hanno la missione di proteggere legalmente e sostenere moralmente le associazioni palestinesi con tutti i mezzi e in tutti i modi possibili. È probabile che l’occupazione tornerà comunque a impedire, respingere  questi progetti e a imporre ulteriori restrizioni, come fa puntualmente di fronte a iniziative positive.

Quella che segue è la trascrizione dell’intervista.

Come valuta la situazione degli abitanti di Gerusalemme alla luce dell’epidemia del coronavirus e delle pratiche di occupazione? 

Dal 1967, la città di Gerusalemme versa in condizioni disastrose: l’occupazione ha cercato di distruggere e controllare tutte le capacità religiose, economiche, sociali e culturali della città, per imporre la sua presenza sui territori, come di consuetudine.

La crisi provocata dal coronavirus ha ulteriormente aggravato la situazione, soprattutto dopo la chiusura delle moschee, in particolare della moschea di al-Aqsa, dei mercati e dei negozi della città vecchia e delle città vicine; questo ha raddoppiato l’entità della crisi, in particolare per le classi più povere, comprese le famiglie senza un reddito e quelle più bisognose che, anche in condizioni normali, non riescono a provvedere al proprio fabbisogno.

Le capacità sono scarse, mancano le risorse e molti settori e istituzioni che si trovano in queste condizioni sono preoccupati. Sono state colpite anche le categorie di lavoratori a reddito giornaliero: questi ultimi hanno perso il lavoro e i mezzi di sussistenza per tutelare le proprie condizioni di salute.

Con lo scoppio della crisi, molte istituzioni e associazioni hanno cercato di porre rimedio alla situazione sterilizzando i luoghi santi e pubblici, e servendo i poveri e i bisognosi; tuttavia, l’occupazione ha risposto loro chiudendo e arrestando i loro operatori, come ha fatto con il personale per le ambulanze, arrestandoli, espellendoli da Gerusalemme e accusandoli di aver commesso attività illegali e di interruzione della quarantena.

A causa della deliberata negligenza negli aspetti sanitari da parte dell’occupazione, una coalizione di istituzioni civili di Gerusalemme, composta da 81 società locali, ha istituto l’Assemblea di Gerusalemme per affrontare il coronavirus per alleviare gli oneri finanziari, economici e sanitari, in particolare per le classi più vulnerabili, che hanno bisogno di supporto morale e materiale in questa fase critica.

Può fornire in numeri e in statistiche la realtà economica degli abitanti di Gerusalemme e l’impatto di questa crisi su tutti gli aspetti della loro vita sociale, educativa e sanitaria? 

La città di Gerusalemme vive in condizioni disastrose in tutti settori, senza eccezioni, a causa dello stato di occupazione che non consente lo sviluppo naturale dei settori se non sotto il proprio ombrellone. Il suo sistema legale è stato appositamente progettato per indebolire, attaccare tutte le funzionalità della città – del suo sviluppo economico, sociale, religioso, educativo e sanitario, – e per imporre la realtà dei progetti come al-Asralah e di piani di graduale ebraicizzazione della città che sono stati messi in atto nei programmi di occupazione fin dal 1967.

Tuttavia, la realtà dei numeri e degli indicatori nei vari settori annuncia la gravità della situazione e la necessità di azioni umanitarie per provvedere al potenziale stato di collasso generale.

In campo economico, il tasso di povertà tra gli abitanti di Gerusalemme supera l’80%, mentre quello della disoccupazione il 31%.  Con l’alto costo della condizioni di vita in città, le attività commerciali ancora chiuse a causa delle varie tasse, fra cui la più onerosa è l’imposta di Arnona (Gerusalemme paga 21 tipi di tasse alle autorità dell’occupazione), sono molte le spese che gravano sulle spalle del singolo cittadino, il che fa sì che il 40% del suo reddito mensile si riversi nelle tesorerie dell’occupazione.

In campo sociale, i problemi sono anche più gravi a causa dei fenomeni sociali che minacciano la coesione della struttura della società, in particolare perché questa è priva di un regolamentazione legale e di un sistema indipendente: la maggior parte dei residenti soffre dello spettro delle demolizioni delle case e del conseguente smantellamento delle famiglie gerosolimitane; circa 40.000 unità abitative nei quartieri palestinesi ad est di Gerusalemme sono sotto la costante minaccia di una demolizione a causa della mancanza dei permessi, mai concessi dall’occupazione.

Dall’occupazione della città nel ‘67, sono stati demoliti oltre 5.000 stabilimenti e unità abitative, oltre 14.000 residenze degli abitanti di Gerusalemme sono state cancellate e la frequenza degli arresti è aumentata per le diverse fasce di età: in particolare sono aumentati anche le detenzioni minorili, le statistiche e i dati delle associazioni per i diritti umani indicano che circa 500-800 minorenni palestinesi vengono detenuti ogni anno.

Nel contesto della sua battaglia demografica, l’occupazione sta cercando di ridurre la popolazione di Gerusalemme con ogni mezzo. Nel grande piano per il 2020, ha deciso di ridurre il numero dei residenti di Gerusalemme al 15% e si prevede che questo dato scenderà ancora fino al 12% nel 2030, agendo sempre tramite minaccia di sfollamenti ed espulsioni. Tutte queste misure hanno influenzato negativamente la realtà delle famiglie di Gerusalemme, poiché la percentuale in cui un giovane è precocemente responsabile della gestione familiare è superiore al 15%; sono invece circa l’11% le donne palestinesi che si occupano del nucleo familiare a causa della perdita di altri redditi, delle condizioni di detenzione e della deportazione.

Queste condizioni, in generale, hanno influenzato anche la struttura educativa, che ha portato a un significativo indebolimento del processo educativo, cosa che influisce negativamente sui rendimenti e sul futuro della comunità di Gerusalemme: l’occupazione controlla il 60% delle capacità e dei componenti del processo educativo. Oltre alla fragilità delle infrastrutture educative, la maggior parte delle istituzioni e delle scuole sono costruite in edifici non adatti all’istruzione, mentre oltre il 38% degli altri viene affittato.

Il settore dell’istruzione di Gerusalemme soffre di una grave carenza di aule – ne mancano  2.548 -, che si traduce in un aumento dei tassi di abbandono delle scuole superiori che arriva al 30%. Con i salari bassi e le preoccupazioni per arresti ed espulsioni, la situazione diventa ancora più complicata per questo settore.

Anche nell’ambito dei luoghi di culto  si soffre a causa dei piani e degli schemi di ebraicizzazione, poiché l’occupazione ha cambiato più di 15.000 nomi di siti religiosi e archeologici e delle strade della città per perseguire i propri obiettivi. Va segnalata, inoltre, la minaccia quotidiana che incombe sulla moschea al-Aqsa, a causa delle perenni chiusure e invasioni quotidiane.

Tale dinamica si verifica dalla fine degli scavi archeologici che hanno avuto inizio a Gerusalemme nel 1967, quando sono stati ritrovati 104 fossili: ad oggi sono 22 gli scavi in corso (4 sotto e intorno alla moschea di al-Aqsa, 5 a Silwan, 5 nella città vecchia, 8 in altri siti), e 57 i tunnel che attraversano la moschea; inoltre, è stato assegnato un budget astronomico di 7,37 miliardi di shekel, che equivale a 2 miliardi di dollari, per l’ulteriore ebraicizzazione di Gerusalemme.

L’ambito sanitario, tenuto conto degli ingenti budget di cui ha bisogno, soffre di molti problemi: a Gerusalemme, ci sono solo 6 istituti sanitari per le esigenze di oltre 150.000 abitanti, con capacità deboli e debiti accumulati che ne minacciano la chiusura. Questo fa sì che molti gerosolimitani ricorrano all’assicurazione nazionale dell’occupazione per coprire spese e trattamenti medici, e ciò affligge molti segmenti del sistema sanitario di occupazione.

Quali possono essere le misure per aiutare gli abitanti di Gerusalemme a opporsi e incoraggiare la propria capacità di resistenza a Gerusalemme e nella moschea di al-Aqsa? 

La fondazione Waqf al-‘Umma ha lavorato duramente per servire Gerusalemme e i suoi abitanti sin dalla sua fondazione, nel 2013, e molti progetti hanno contribuito a rafforzare la resilienza dei gerosolimitani, a proteggere i loro luoghi sacri e la loro resistenza sui territori. Come ogni anno, questo progetto fornisce un pacchetto qualitativo di programmi in vari settori, nell’ambito dei luoghi di culto, nell’istruzione e nel settore sociale, economico e sanitario.

I servizi della fondazione raggiungono i vari segmenti della società nella città vecchia e al di fuori di essa attraverso i suoi partner e le sue relazioni nella comunità locale di Gerusalemme in vari paesi. La fondazione ha cercato di espandere la cerchia dei servizi umanitari forniti per includere ampi segmenti delle fasce più a rischio e le famiglie senza reddito, fornendo loro i beni di prima necessità, oltre a distribuire periodicamente cestini alimentari alle famiglie povere, servizi di riparazione della casa, sussidi per i loro figli per completare gli studi (mezzi di trasporto, costi di studio, abbigliamento e alloggio), e pagando i debiti insoluti alle famiglie più bisognose (bollette del gas, energia elettrica e acqua).

Durante le stagioni più impegnative, come il Ramadan, le vacanze, l’estate e l’inizio della scuola, il Waqf raddoppia i propri sforzi per coprire i costi dei servizi e dei progetti di ristrutturazione della moschea di al-Aqsa, fornendo servizi di trasporto e di prima colazione nella moschea, sostenendo i seminari coranici e le lezioni periodiche per andare incontro alle esigenze dei poveri durante le vacanze (come la distribuzione delle offerte per l’Eid, la fornitura di abbigliamento invernale e dei requisiti di ammissione alle scuole).

Waqf al-‘Umma ha anche contribuito a soddisfare le esigenze del settore educativo sostenendo i programmi educativi di Gerusalemme e promuovendo la capacità di recupero degli studenti per completare le carriere scolastiche, fornendo borse di studio complete e parziali per vari livelli di istruzione. Inoltre, ha contribuito a espandere e ripristinare le strutture per le attività extra-curriculari, campi estivi ed educativi invernali, e organizza visite guidate alla moschea al-Aqsa e ai monumenti storici della città.

Nel caso della moschea di Al-Aqsa, in quale modo si possono proteggere le associazioni delle donne palestinesi fisicamente e legalmente se, nell’atto di difendere la moschea,  sono soggette a deportazione e detenzione? 

Le associazioni gerosolimitane sono un modello ideale per la resilienza per la protezione dei santuari e della moschea di al-Aqsa, quindi il dovere di sostenere questi comitati e di rafforzare la loro presenza sul territorio è un obbligo sociale.

Ecco perché la comunità di Gerusalemme viene considerata dalle associazioni delle donne palestinesi come un modello sociale e un incoraggiamento morale in stabilità e persistenza. Questo si traduce nella necessità di raddoppiare gli sforzi per proteggerle legalmente e sostenerle moralmente con tutti i mezzi e in tutti i modi possibili e le associazioni per i diritti umani a Gerusalemme hanno proprio questo compito.

Inoltre, la loro esistenza giuridica non costituisce una minaccia per nessuno, né una violazione di qualsiasi legge, quindi ciò che li rende possibili vittime di arresti ed espulsioni è una forma di violazione delle libertà individuali. Difatti, il diritto di pregare e di avere un legame con la moschea è un diritto concesso a tutti.

L’occupazione ha vietato qualsiasi attività ai gerosolimitani a Gerusalemme e all’interno della moschea di al-Aqsa. In che modo si aspetta che l’occupazione risponderà quindi a questa iniziativa?

La Jerusalem Ambulance, come molte iniziative presentate dal Waqf al-‘Umma o altre associazioni comunitari nella città di Gerusalemme, è un’iniziativa umanitaria che non costituisce una minaccia, un pericolo o una violazione della legge, ed è una necessità sociale e umanitaria, soprattutto in una circostanza così difficile, in cui gli stati non sono in grado di eliminare l’epidemia, di coprire i bisogni sanitari e materiali necessari e di provvedere alle necessità della popolazione.

E la comunità di Gerusalemme non fa eccezione, ma piuttosto ha bisogno del supporto e del sostegno per poter garantire il proprio fabbisogno di medicine, cibo e forniture necessarie, specialmente con il fallimento dell’occupazione nell’adempiere al proprio dovere di tutela della salute, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite che impongono allo stato occupante di provvedere ai bisogni necessari. In questo contesto, questa iniziativa mira a migliorare e rafforzare la struttura della comunità per resistere.

Sin dall’inizio della crisi, l’occupazione ha cercato di impedire la diffusione di questo tipo di iniziative sociali: molti dei giovani e del personale sanitario che forniscono servizi di sensibilizzazione, disinfestazione dei luoghi sacri e rifornimento dei beni di prima necessità alle famiglie povere sono stati arrestati.

Ad ogni modo, la trasformazione di queste forme di assistenzialismo in sentita partecipazione popolare, quindi in agglomerato di istituzioni cittadine per affrontare insieme il coronavirus, dovrebbe far cambiare idea all’occupazione in merito alla soppressione delle iniziative educative e umanitarie per i giovani. Tuttavia, prevediamo che l’occupazione continuerà, da un lato a impedire e respingere questi progetti e, dall’altro a imporre ulteriori restrizioni, come fa puntualmente di fronte a iniziative positive.

Traduzione per InfoPal di Alice Bondì