L’esercito israeliano arresta il padre della ragazzina che girò il video-shock.

Ramallah – Infopal. La "giustizia" e la "democrazia" by Israel hanno colpito ancora: ieri sera è stato arrestato il padre della coraggiosa ragazzina che il 7 luglio scorso, a Nil’in, aveva ripreso il soldato di Tsahal sparare a bruciapelo contro un pacifico dimostrante palestinese.
Ieri avevamo chiesto a uno dei nostri corrispondenti in Cisgiordania di recarsi a casa della quattordicenne Islam Ameereh, e di intervistarla. Ci ha risposto che non era possibile in quanto la famiglia aveva ricevuto la visita dell’esercito israeliano e che il papà, Jamal Hussein, era stato arrestato.
Il villaggio di Nil’in, nei pressi di Ramallah, è famoso (insieme a quello di Bil’in) per la sua lotta nonviolenta contro l’occupazione israeliana e contro il Muro di Annessione.
Ieri mattina, la ragazzina era stata intervistata dalla Tv palestinese e aveva espresso il timore, poi rivelatosi fondato, che la sua famiglia potesse essere presa di mira dalle forze israeliane a causa del video da lei girato, e, attraverso B’Tselem (www., diffuso in Israele e in tutto il mondo.
Il soldato inquadrato nel documentario è stato arrestato e quasi immediatamente scarcerato da una decisione della corte militare israeliana, ed è tornato a servire nell’esercito. In compenso, il padre della ragazza è stato arrestato.
C’è da aggiungere che già ieri il video era sparito da YouTube, ma è ancora reperibile, almeno per il momento, su http://tv.repubblica.it/copertina/video-choc-gli-spara-a-freddo/22333?video
Tuttavia, l’episodio cruento avvenuto ai danni del giovane dimostrante palestinese, Ashraf Abu Rahmah, non è unico: durante le settimanali marce nonviolente organizzate sia da Nil’in sia da Bil’in, l’esercito israeliano è solito lanciare lacrimogeni e sparare contro la folla causando feriti sia tra la popolazione locale sia tra i pacifisti israeliani e stranieri.

B’Tselem, organizzazione israeliana per la difesa dei diritti umani, http://www.btselem.org/,  ha promosso una campagna dal nome "Shooting Back" che ha portato alla distribuzione ai palestinesi della Cisgiordania di 100 video-camere attraverso le quali registrare e documentare le violazioni perpetrate da soldati e coloni.

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