Lettera di al-‘Issawi: funerali al-Aqsa e nessuna autopsia da Israele

Al-Quds (Gerusalemme) – InfoPal. Samer al-‘Issawi ha chiesto all’Autorità palestinese (Anp) e alla leadership egiziana di impedire ad Israele di eseguire l’autopsia sul suo corpo, se dovesse morire in carcere prima di essere rilasciato.

In una lettera, al-‘Issawi, in sciopero della fame da 205 giorni consecutivi, ha scritto: “Rivolgo il mio ultimo appello all’Anp a alla leadership egiziana: se non riusciste a liberarmi da vivo, vi pregherei di impedire all’occupazione di dissezionare il mio corpo. Celebrate i miei funerali nella moschea di al-Aqsa e seppellitemi accanto a mio fratello martire, Fadi”.

Nella lettera, giunta alla sorella del detenuto, Shirin al-‘Issawi, giovedì 14 febbraio, Samer ha definito il suo sciopero “una parte della battaglia della fedeltà ai martiri”, aggiungendo che la sua “è una lotta per la sopravvivenza, per il diritto di esistere e di autoaffermazione”.

Al-‘Issawi ha spiegato che senza il popolo palestinese “che mi ha sostenuto nella battaglia contro l’occupazione che ha tentato di aggirare l’accordo di scambio tra i prigionieri”, egli non avrebbe potuto continuare il suo sciopero.

Il detenuto palestinese ha assicurato che il suo sciopero proseguirà “fino alla libertà o al martirio”, aggiungendo di non essere intenzionato a “tradire i martiri del popolo palestinese, quelli di Gaza in particolare e nello specifico, l’artefice dell’accordo di scambio, Ahmed al-Ja’abari e gli eroi dell’operazione l’illusione svanita*, che hanno sacrificato la propria vita per portare a termine l’accordo di scambio”.

Al-Issawi ha sottolineato che la sua libertà “è tutt’uno con quella del popolo palestinese”, aggiungendo che la sua non è una causa personale, bensì “è la causa di tutta la nazione”. Infine, Samer al-‘Issawi si è detto certo di essere giunto alla fine del tunnel, e di vedere la luce “della libertà o del martirio”.

*Nome dato all’operazione militare con la quale, nel 2006, la resistenza palestinese uccise due soldati israeliani a sud di Gaza (Rafah), ferendone altri cinque e catturando il caporale Gilad Shalit, liberato nel 2011 in cambio di più di 1000 detenuti palestinesi.