Lettera di Luisa Morgantini.

LETTERA
di LUISA MORGANTINI
Vice Presidente del Parlamento Europeo

A proposito dell’articolo di Magdi Allam "Stato Palestinese addio" pubblicato dal   Corriere della Sera il 15 giugno 2007.

Roma 15 giugno,

Lo ammetto subito, considero Magdi Allam un cattivo giornalista: omissioni e manipolazione di fatti, strumentalizzazione delle proprie origini per vendersi come "esperto", ma soprattutto in un mondo in cui ci sarebbe bisogno di persone ragionevoli e capaci di mediazioni, trovo che Magdi Allam contribuisca invece a far crescere le violenze e gli odii. Mi sembra invaso da uno spirito di crociata o di fanatismo non adatti ad un giornalista e a un Vice Direttore di un giornale come il "Corriere della Sera". Ma forse mi sbaglio.
Detto questo, trovo che l’editoriale nella prima pagina del Corriere di ieri 15 giugno -Stato Palestinese addio – confermi, ovviamente a me, le mie opinioni su di lui.
La tragedia che si consuma in Palestina, ovvero nei territori occupati palestinesi della Cisgiordania e a Gaza, è qualcosa che dovrebbe parlare alle nostre coscienze e alle nostre responsabilità.
Magdi Allam non prende minimamente in considerazione i fatti, anzi reitera la "malainformazione", quando dice che l’OLP non riconosce lo Stato di Israele. Basta con queste bugie: la dichiarazione di Algeri del 15 Novembre 1988, dichiara che lo stato palestinese si basa sui confini dei territori occupati del ’67, il 22% della Palestina storica. Nella lettera firmata ad Oslo da Rabin ed Arafat vi è il riconoscimento esplicito dello Stato Israeliano, manca invece quello dello Stato di Palestina, riconoscendo in quel documento solo l’OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese. Tra le colpe che Allam distribuisce a tutte le parti (l’affermazione non è sbagliata), Israele ha quella di avere creduto che il riconoscimento dell’esistenza dello Stato d’Israele sarebbe arrivato con lo scambio dei territori. Per Allam, la legalità internazionale e la realtà dell’occupazione militare israeliana, non esistono. In realtà anche dopo gli accordi di Oslo, purtroppo, i governi israeliani che si sono succeduti hanno continuato ad ampliare le colonie in quella parte del 22% che avrebbe dovuto essere lo Stato Palestinese: colonie significa terre confiscate, strade per soli coloni, alberi sradicati, check point, mancanza di libertà di movimento per persone e merci. Anche la costruzione del muro, definito illegale dalla Corte Internazionale delle Nazioni Unite, si è rivelato non un muro per la sicurezza ma un muro di annessione di nuove terre coltivate ad Israele, creando una situazione che anche Jimmy Carter ha definito di apartheid.
Tutto questo naturalmente per Allam non esiste.
Certo vi sono responsabilità passate e presenti della leadership palestinese, tanto più di quelle arabe, per non parlare di Hamas  che non ha cambiato la sua carta anche se, sebbene oggi sia tutto in fumo, con  l’entrata nel governo di  unità nazionale accettava i territori del ’67 e gli accordi firmati dall’OLP.
Non ho dubbi che la deriva militare della seconda Intifada sia stata una tragedia per i palestinesi e per gli israeliani. La scelta da parte di Hamas di azioni criminali contro la popolazione civile israeliana, così come le scelte criminali e le punizioni collettive dell’esercito israeliano contro la popolazione civile palestinese, oltre che disumane sono contro la legalità internazionale.
Ma anche se è banale dirlo, bisogna tenere conto delle asimmetrie. Da quarant’anni la popolazione palestinese vive sotto occupazione militare e questo fa la differenza. Le follie, le violenze, i crimini che si stanno commettendo tra palestinesi in questa ultima fase e di cui chi li commette è interamente responsabile, non possono farci dimenticare il contesto nel quale sono cresciuti: mancanza di libertà, privazione dell’identità e della terra, oltre che negazione palese di ogni diritto. Tutti questi elementi, questo contesto, naturalmente non li assolvono. Ma non assolvono neanche noi, rappresentanti di una Comunità internazionale che non ha saputo rispondere ai bisogni di giustizia e di sicurezza per palestinesi ed israeliani né è stata capace di mostrare al mondo che non abbiamo due pesi e due misure e che due popoli due stati potevano essere una realtà.

PER info Luisa Morgantini 0039 348 39 21 465 o Ufficio PE Roma 0669950217

Da www.corriere.it

 

Stato palestinese addio

di

Magdi Allam

Stato palestinese addio. E’ finito nella guerra fratricida, nel sangue e nella vergogna il progetto nazionale palestinese che, stando alla Carta dell’Olp e allo Statuto di Hamas, si fonda sulla volontà di distruggere Israele, anziché soddisfare le aspettative economiche, sociali e politiche dei palestinesi.
La vittoria militare di Hamas segna una svolta storica perché mette la parola fine al sogno di «due Stati per due popoli». Assistiamo ora alla nascita di «due Stati per il solo popolo palestinese», uno integralista- islamico a Gaza e l’altro laico-nazionalista in Cisgiordania. Un epilogo che attesta come l’ideologia dell’odio, della violenza e della morte, che si alimenta dell’ostilità a Israele, alla fine si ritorce contro gli stessi carnefici palestinesi; che conferma la natura aggressiva di un terrorismo che non è affatto reazione all’occupazione israeliana, bensì strategia per il potere assoluto.
In questa tragedia nessuno è senza colpe. L’errore più grave commesso da Israele è stato di aver messo all’asta il proprio diritto all’esistenza, immaginando che esso potesse essere riconosciuto dagli arabi come approdo di un negoziato in cambio della restituzione di territori occupati nel ’67, in una guerra preventiva per impedire la propria distruzione.
Quanto all’Occidente ha sbagliato scommettendo e premiando con il Nobel per la Pace il più cinico funambolo della politica mediorientale, Yasser Arafat, che nel 2000 non ha esitato a gettare alle ortiche uno Stato palestinese sul 96% dei territori palestinesi, pur di salvaguardare un potere personale frutto di compromessi con gli estremisti dell’Olp e i terroristi di Hamas. L’Occidente ha sbagliato ancor di più quando nel 2006 ha legittimato Hamas, violando lo stesso bando vigente negli Usa e nella Ue, nell’illusione che la semplice partecipazione alla gestione del potere avrebbe trasformato i terroristi in politici, scoprendo tardivamente che Hamas mai riconoscerà Israele, rinuncerà al terrorismo e accetterà gli accordi internazionali.
Ben maggiore è la responsabilità dei Paesi arabi, i veri traditori della causa palestinese, quelli che impedirono la nascita dello Stato palestinese nel 1948 per spartirsi le sue spoglie, negando successivamente la possibilità di ricostituire lo Stato indipendente in Cisgiordania e Gaza, annessi da Giordania ed Egitto fino al 1967. Ebbene, i «fratelli-nemici» continuano a strumentalizzare la tragedia palestinese come una valvola di sfogo per le frustrazioni dei loro popoli sottomessi alla dittatura.
Mi auguro che di fronte alle drammatiche immagini di Gaza, Isr
aele non si illuda che il fallimento del progetto nazionale palestinese si traduca automaticamente in un proprio successo politico. «Hamastan » potrebbe rivelarsi ben più deleterio dello Stato palestinese, trasformandosi in una roccaforte del terrorismo islamico. Appare paradossale, ma oggi Israele potrebbe avere l’interesse a salvare la speranza in un futuro migliore per i palestinesi. Così come nel 1993 fu Israele a offrire, per la prima volta nella Storia, la prospettiva di uno Stato palestinese indipendente, oggi Israele è il solo argine al radicamento di un’entità terroristica islamica che costituirebbe una catastrofe per palestinesi, israeliani e tutti noi.
www.corriere.it/allam
15 giugno 2007

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