L’ex comandande del Mossad: Israele sfrutta i disordini siriani per indebolire l’influenza dell’Iran

PressTv. L’ex comandante dell’intelligence israeliana, il Mossad, ha affermato che un cambiamento radicale in Siria potrebbe avere effetto sull’influenza iraniana nella regione e costringere Teheran ad abbandonare il proprio programma nucleare.

In una lettera aperta, scritta per il New York Times, Efrahim Halevy, comandante del Mossad tra il 1998 ed il 2002, ha affermato che l’appoggio siriano ha permesso all’Iran di perseguire una “spregiudicata” politica regionale che può essere fermata solo attraverso l’eliminazione della presenza iraniana a Damasco.

“Il dibattito in America e in Israele ultimamente si sta concentrando quasi esclusivamente sull’eventualità di un attacco militare da parte di quest’ultimo, mentre quasi nessuno considera il peso che gli eventi in Siria potrebbero avere per il governo di Teheran”.

Tagliare il collegamento che lega Damasco a Teheran, significherebbe per quest’ultima l’impossibilità di accedere direttamente alle organizzazioni di Hezbollah in Libano e Hamas in Palestina e, dunque, un ridimensionamento notevole del proprio prestigio che potrebbe obbligare l’Iran ad interrompere il proprio programma nucleare.

Halevy ha fatto notare che Israele non dovrebbe essere il solo, e nemmeno il principale paese ad impegnarsi affinché venga rovesciato il regime siriano.

“La Russia e la Cina dovrebbero rendersi conto che la caduta di Assad potrebbe tornare utile anche ai loro interessi. La Russia punta semplicemente a salvaguardare il proprio diritto d’accesso ai porti siriani sul Mediterraneo, come Tarso o Latakia… Se Washington si mostrasse disponibile a garantire tale diritto alla Russia anche in caso di un cambio di governo a Damasco, la via verso il rovesciamento di Assad sarebbe spianata”.

Halevy ha aggiunto che se la comunità internazionale non dovesse cogliere l’opportunità di ridimensionare l’influenza regionale dell’Iran, il mondo si troverebbe di fronte ad una scelta tra un attacco militare e un incremento ulteriore delle sanzioni economiche nei confronti di Teheran, che porterebbero ad un aumento vertiginoso del prezzo del petrolio.
“La situazione che si è creata in Siria ci ha fornito una terza opzione. Non possiamo concederci il lusso di ignorarla”, ha concluso.