Liberata oggi Samar Sbeh, giovane mamma che aveva partorito in carcere. Contro di lei, usati metodi da lager.

Gaza – Infopal

E’ finalmente libera Samar Sbeh, la giovane prigioniera palestinese incarcerata due anni dalle forze di occupazione israeliane mentre era incinta. Contro di lei sono stati usati metodi da lager.

Il ministero per gli affari dei detenuti nel governo Haniyah ha comunicato che questa mattina l’esercito di occupazione israeliano ha rilasciato la prigioniera Samar Sbeh.

Samar ha scontato una condanna a 28 mesi.

Riad al-Ashqar, il direttore dell’ufficio stampa del ministero, ha dichiarato che la donna, residente a Jabalia, nella Striscia di Gaza, era stata arrestata il 29 maggio del 2005, mentre si trovava a casa di suo marito, a Tulkarem. Era al secondo mese della sua prima gravidanza e ha partorito il piccolo Bara’a, il suo primo figlio, dietro le sbarre.

Al-Ashqar ha aggiunto che nonostante le forze di occupazione sapessero che la Sbeh era incinta, al momento dell’arresto l’hanno trattata con violenza. L’arresto è avvenuto in maniera selvaggia: dopo aver circondato l’abitazione, con i megafoni hanno imposto a tutti gli abitanti di uscire con le mani alzate e senza vestiti. I militari hanno fatto salire la donna su una jeep militare e le hanno ingiunto di spogliarsi completamente. Quando lei si è rifiutata, l’hanno minacciata di morte. Per un’ora è stata interrogata sulla pubblica piazza, poi è stata trasferita, con gli occhi bendati e le mani e i piedi legati, nella prigione “al-Maskubiyah”. Al suo arrivo, è stata denudata e perquisita dalle soldatesse dell’esercito di occupazione, ed è stata interrogata per due mesi consecutivi, durante i quali ha perso molto peso. Inizialmente, veniva interrogata da 3 a 4 ore al giorno, poi sono passati a 12 ore al giorno, con mani e piedi legati: seduta su una piccola sedia fissata per terra, veniva sottoposta a ogni forma di pressione psicologica e fisica per costringerla ad ammettere qualcosa. L’hanno minacciata di farla abortire, di bombardare la sua casa e di arrestare sua madre e suoi fratelli. Il tutto veniva accompagnato da insulti e grida.

Il giorno del parto, non hanno permesso a nessuno dei suoi familiari di assisterla. Suo marito che era agli arresti amministrativi, senza imputazioni o processo. Solo l’avvocatessa dell’Associazione Mandela, Buthainah Diqmaq, ha potuto assistere al parto.
Diqmaq ha descritto la condizione in cui Samar ha dovuto partorie, come "una violazione di tutti i dritti umani": la giovane è stata sottoposta a perquisizioni umilianti, nuda, e alla presenza di tre soldati carcerieri. E’ stata sottoposta a una visita medica mentre era incatenata. Anche durante il parto cesareo è rimasta incatenata. Ha infine partorito un maschio, che ha chiamato Bara’a.

Al-Ashqar ha detto che tutti gli inviti delle associazioni legali e umanitarie, per liberare la detenuta Sbeh sono stati sempre ignorati. Ma ora, Samar e il piccolo Bara’a sono finalmente liberi.

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