Libia – I lager dei migranti

In Libia i migranti sono sottoposti a vessazioni e violenze

Africarivista.it. In questi ultimi mesi, i media hanno concentrato la loro attenzione sulle stragi in mare, sui morti causati dagli affondamenti dei barconi che dalla costa settentrionale dell’Africa cercano di raggiungere quella meridionale dell’Europa. Nessuno si è soffermato sulle difficilissime condizioni in cui vivono i migranti che non riescono a partire e vengono incarcerati nei centri di detenzione libici.

In questi giorni, il dramma di queste centinaia di africani è emerso nella dura denuncia, attraverso le colonne del quotidiano, «La Stampa» di Currun Singh, giovane operatore dell’Organizzazione mondiale contro la tortura che lavora a Tripoli Molti migranti vengono incarcerati prima di partire o, una volta in mare, vengono catturati dalla Guardia costiera libica.

La loro destinazione sono i 17 centri di detenzione ufficiali ai quali se ne aggiungono almeno un’altra ventina non ufficiali. Tutti gestiti dai membri di diverse milizie e non dalle forze armate o dalla polizia. Currun è riuscito a entrare in alcuni di essi. Lì ha potuto notare come i migranti vivano in condizioni drammatiche. Il cibo, quando c’è, è pessimo. Non c’è alcuna attenzione alle condizioni igieniche e, quindi, le malattie dilagano.

Donne e uomini sono costretti a vivere insieme in un ambiente promiscuo. Spesso, denuncia Currun, i prigionieri sono frustati, bastonati e picchiati. I carcerieri  spengono le sigarette sulla pelle nuda dei prigionieri. Sempre i carcerieri costringono le donne africane, soprattutto le nigeriane, a prostituirsi in città. Quando queste rimangono incinte vengono incarcerate nuovamente.

Molti migranti vengono poi venduti agli agricoltori che li utilizzano per massacranti corvée nei campi. Anche in questo caso, quando i migranti sono stremati e non riescono più a lavorare, vengono nuovamente incarcerati.

Che cosa fare per chiudere questi centri e fermare queste torture? Secondo Currun bisogna aumentare i controlli, inviare cibo e medicine e fare pressioni sul Governo islamista. Ma mancano i fondi. Currun stesso si sta attivando per cercare il sostegno delle organizzazioni internazionali. Il camino però è ancora lungo.

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