L’industria tessile di al-Khalil: un settore “ucciso” dalle importazioni

Hebron-PIC. Una triste scena di una fabbrica di duemila metri quadrati piena di polvere, il suo macchinario per la lavorazione della stoffa distrutto e coperto di ruggine, mentre polvere e sporco riempiono il posto in cui gli operai hanno smesso di lavorare da più di dieci anni.

Nella zona di Beit Anoun, a est di al-Khalil, la luce è scomparsa dalla “Fabbrica di abbigliamento Al-Khalil per donne e uomini” (di proprietà di Haji Hashim Natsheh, anziano uomo d’affari ed ex direttore della Camera di commercio e Industria in città).

Accordi ingiusti.

Haj Hashem al-Natsheh ha attribuito l’interruzione del lavoro in fabbrica agli accordi economici e politici che hanno distrutto l’economia nazionale. Gli accordi economici di Parigi hanno scatenato importazioni incontrollate, mentre l’Autorità Palestinese non è riuscita a proteggere i prodotti nazionali.

In un’intervista esclusiva al PIC, Al-Natshe ha dichiarato: “Siamo stati lasciati soli ad affrontare le importazioni senza alcun supporto. Qualunque sia la nostra forza economica, non possiamo competere con i prodotti cinesi, nonostante la buona qualità dei nostri.

I commercianti in Cisgiordania, in particolare al-Khalil, sono diventati importatori, poiché i mercati si riempiono di vestiti cinesi a buon mercato. I costi di produzione di un pigiama da uomo era prima di $ 5, venendo poi rivenduto a $ 7. Oggi è importato dalla Cina a $ 2! Questo ha distrutto la nostra produzione e causato la chiusura di centinaia di fabbriche di abbigliamento”.

Assenza di protezione nazionale.

Il destino della Fabbrica di abbigliamento Al-Khalil non è stato migliore dei suoi predecessori. Circa 130 lavoratori hanno terminato il proprio lavoro e la fabbrica è stata chiusa dopo il tracollo economico. “La mancanza di un ruolo dell’Autorità Palestinese nella protezione dei prodotti nazionali ha distrutto le industrie locali.

L’Autorità Palestinese sta incoraggiando le importazioni piuttosto che le esportazioni, al fine di aumentare le tasse e vincere i diritti di un certo numero di persone influenti, a scapito delle fabbriche e dei prodotti nazionali che sono stati completamente distrutti.

“Con la chiusura della nostra fabbrica, 130 famiglie sono state private del reddito mensile in un momento di crescente disoccupazione, poiché le nostre perdite hanno superato i tre milioni di dollari, ritrovandoci così senza fondi, a causa di politiche imprudenti che non tengono conto degli interessi del nostro paese“.

Limitazioni imposte dalle istituzioni internazionali.

“Gli accordi economici hanno stritolato l’industria nazionale palestinese, mentre gli importatori sono stati protetti. Ciò ha comportato un significativo declino delle industrie nazionali e l’incapacità di proteggerle”. E’ quanto affermato da Saeed Abdullah, analista economico e direttore del dipartimento di politica economica della MAS.

Abdullah ha poi concluso che “L’Autorità Palestinese non può proteggere i prodotti nazionali imponendo tasse sui beni importati, perché viola le politiche dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e della Banca Mondiale. Le condizioni per l’adesione a queste organizzazioni richiedono la conformità con i loro protocolli firmati, il che significa rimuovere gli ostacoli e le restrizioni sul commercio internazionale e questa è la globalizzazione”.

Traduzione per InfoPal di Lorenzo D’Orazio