InfoPal. Di Lorenzo Poli. Influencer israeliana ridicolizza donne palestinesi.
L’influencer israeliana Noya Cohen ha realizzato un video in cui ridicolizza le donne palestinesi che affrontano i bombardamenti israeliani a Gaza con una scenetta “Get ready with me”, ovvero “Preparati con me”, sottintendendo “…a morire sotto i bombardamenti”. A darne notizia è il sito The News.
Qui il video:
Qualche giorno fa, era diventato virale un video simile di un’altra influencer israeliana, in cui i palestinesi venivano ridicolizzati per l’impossibilità di accedere all’acqua.
Questo è solo uno dei tanti video che gli influencer israeliani hanno postato, intrisi di razzismo anti-arabo e islamofobia, senza minimamente vergognarsi della macelleria che il loro governo stanno compiendo a Gaza, rigettandola nell’ennesima crisi umanitaria che si aggiunge ad un assedio economico-militare che dura dal 2007.
Ridere su una tragedia umanitaria?
Gli influencer israeliani giocano e si divertono con gli almeno 4.385 palestinesi che hanno perso la vita negli attacchi di Israele a Gaza.
Secondo i ministeri palestinesi della Salute e degli Interni, gli attacchi aerei israeliani hanno reso inutilizzabili 33 ospedali, cliniche e 23 ambulanze. I funzionari israeliani hanno anche avvertito 22 ospedali di evacuare o di rischiare di essere bombardati.
I camion che trasportavano i soccorsi hanno iniziato ad attraversare la Striscia di Gaza assediata sabato.
Un operatore umanitario e una fonte di sicurezza hanno dichiarato che le guardie di frontiera erano posizionate sul lato egiziano del valico e che i veicoli carichi di medicinali erano pronti a entrare a Gaza.
In precedenza, una dichiarazione di Hamas aveva affermato che un convoglio comprendente 20 camion di aiuti, che trasportavano cibo e forniture mediche, sarebbe dovuto arrivare nella Striscia di Gaza sabato dall’Egitto.
“Il convoglio di aiuti che dovrebbe entrare oggi comprende 20 camion che trasportano medicine, forniture mediche e una quantità limitata di cibo (prodotti in scatola)”, ha dichiarato sabato l’ufficio stampa di Hamas.
La TV egiziana ha anche mostrato camion in attesa da giorni che entravano nell’area di confine dalla penisola egiziana del Sinai.
Il problema delle donne israeliane è l’islamofobia di genere.
Forse, tutta questa disperazione fa ridere gli influencer razzisti israeliani.
Inoltre, come ci ricorda The News, circa 50.000 donne palestinesi incinte nella Striscia di Gaza assediata non hanno potuto ricevere cure prenatali dall’inizio della guerra, e più di 5.000 di loro partoriranno questo mese.
L’insensibilità della influencer israeliana Noya Cohen nei confronti di questa situazione non solo sottolinea come l’opinione pubblica, anche giovanile, israeliana sia intrisa di razzismo, islamofobia ed odio anti-arabo, ma anche di un fenomeno ancora più grave, ovvero l’islamofobia di genere, ovvero come l’islamofobia sia una forma di discriminazione che colpisce le donne musulmane in modo sproporzionato rispetto agli uomini.
Nel 2016 il rapporto dell’European Network Against Racism dal titolo “Forgotten Women: l’impatto dell’islamofobia sulle donne musulmane”, analizzava come le donne musulmane sono soggette a tre tipi di penalizzazioni in materia di occupazione: di genere, etniche e religiose. La discriminazione nel mercato del lavoro è spesso legata alla percezione della “muslimness“, e in particolare all’abbigliamento delle donne musulmane. Nella maggior parte dei paesi, le donne musulmane hanno maggiori probabilità di essere vittime di hatespeech (discorsi di odio) rispetto agli uomini della stessa religione, soprattutto se indossano il velo. Le donne musulmane sono prese di mira da minacce e incitamento all’odio, alla violenza e all’aggressione online e offline.
Il rapporto mostrava che i pregiudizi e le rappresentazioni stereotipate delle donne musulmane sono diffuse dai media e dai discorsi dei personaggi pubblici, tra cui alcuni politici. Questa attenzione negativa verso le donne musulmane nei media e nei dibattiti politici contribuisce anche a creare un terreno fertile per le pratiche discriminatorie e la violenza.
“Le donne musulmane sono obiettivi di discriminazione e violenza perché sono donne e musulmane, eppure non si fa nulla per affrontare la discriminazione multipla che devono affrontare”, ha spiegato la presidente dell’Enar Sarah Isal. “L’Unione europea non può permettersi di escludere e dimenticare le donne musulmane, se vuole battersi per l’uguaglianza di genere e la lotta contro il razzismo. Le leggi comunitarie contro la discriminazione nel mercato del lavoro e i crimini d’odio devono proteggere efficacemente”.
Se tutto questo vale per l’Europa, oggi più che mai questa discriminazione è diffusa in Israele e ciò impedisce effettivamente di definirsi una “democrazia”.