Sono quasi 1700 i detenuti che hanno aderito allo sciopero collettivo iniziato nelle carceri israeliane a partire dal 17 aprile per protestare contro la violazione dei loro diritti basilari.
Dal 1967 a oggi, 23 scioperi della fame di massa sono stati organizzati nelle prigioni israeliane, l’ultimo dei quali risalente al 2014 e durato ben 63 giorni, al fine di protestare contro la detenzione amministrativa, senza nessun tipo di accusa e senza un regolare processo.
Circa 7000 palestinesi, di cui 57 donne, 300 bambini, 500 detenuti amministrativi e 1800 pazienti sono oggi trattenuti nelle carceri israeliane.
Nel frattempo, 7 civili palestinesi sono entrati nel loro terzo giorno di sciopero con un sit-in in tenda organizzato nella provincia centrale di Jenin. Due di loro, Shadi al-Derbi e Salah Abu al-Jahim, sono stati trasferiti in un ospedale dopo un improvviso problema di salute.
Nei giorni scorsi, tra i vari movimenti di protesta, numerosi sit-in in tenda, manifestazioni e campagne online sono stati organizzati dagli attivisti palestinesi, sia a livello nazionale che all’estero, in segno di solidarietà nei confronti degli scioperanti.
Una manifestazione è stata recentemente organizzata a Berlino, sotto la porta di Brandeburgo, per far sentire la propria voce riguardo la causa palestinese.
Altre manifestazioni di solidarietà si sono tenute nelle città svedesi di Malmo e Landskrona, in cui una petizione scritta per sollecitare istituzioni e portatori di interesse svedesi ad agire contro le violazioni israeliane dei diritti dei detenuti ha raccolto numerose firme.
La comunità palestinese di Bruxelles, in collaborazione con la Coalizione Europea per i Diritti dei Prigionieri Palestinesi e il Comitato per il Supporto della Democrazia in Tunisia, ha organizzato un raduno in sostegno degli scioperanti palestinesi.
Eventi simili si sono tenuti anche a Madrid e Parigi, nonché il molte altre metropoli europee.
Traduzione di Lorenzo D’Orazio